«Non dico più nulla»

«Non dico più nulla» «Non dico più nulla» LATINA. Il giudice Alfonso Malinconico è sprofondato nel più classico dei «no comment». Il magistrato, membro da cinque anni del collegio giudicante (la quinta sezione penale della Cassazione) che ha confermato le condanne della corte d'assise d'appello di Milano a 22 anni per Sofri, Bompressi e Pietrostefani, non vuole più parlare, travolto dal clamore delle sue stesse dichiarazioni. «Chiedo un po' di rispetto per la decisione presa dalla camera di consiglio - ha dichiarato il magistrato -. Io non ho parlato della nostra decisione, ma di tutt'altro. E non intendo più ritornare su questo argomento». .Silenzio assoluto, dunque, dal giudice che due giorni fa si era pronunciato a favore di una «revisione sociale e storica» del processo Calabresi, «in una visione che prescinda dalle valutazioni dei giudici». Ora si giustifica: «Non pensavo che le mie dichiarazioni avrebbero avuto tutta questa risonanza». [c. p.] stizia voglia aprire un'inchiesta sul comportamento di Alfonso Malinconico, il magistrato membro del collegio giudicante che s'è espresso per «una revisione sociale e storica del processo Calabresi». Nel fiume di messaggi che giungono al carcere pisano indirizzati al detenuto Adriano Sofri, anche una lettera aperta di Maddalena Rostagno, figlia di quel Mauro che fu dirigente di Lotta Continua; la giovane ricordando il padre ucciso in Sicilia, lamenta che «la morte l'abbia privato della possibilità di difendere un amico, mia fetta deDa sua vita». Maddalena Rostagno riferisce le parole che il padre pronunciò in televisione nell'88, mi mese prima di morire. Aveva appena ricevuto una comunicazione giudiziaria e commentava: «Ho voli. E questo non lo vogliono. «Onestamente non so dar torto a Sofri: se chiedi la grazia ammetti la colpa. La sua mi sembra una posizione molto coerente e molto dignitosa. Quanto non è comprensibile la posizione di Malinconico, tanto è chiara quella di Sofri. Se ti sei sempre dichiarato innocente, vai fino in fondo». Onorevole, lei condivide l'obiezione di chi sostiene che non si può condannare a 25 SE IL POLO CORTEGGIA LA LEGA gioranza di consensi all'epoca schiacciante. L'impopolarità di Formentini a Milano oggi è seconda solo a quella dei suoi predecessori tangentisti, ma non di molto. Eppure è proprio su Formentini che Bossi gioca oggi tutte le sue carte. Perché? Perché la Lega con Milano è diversissima dalla Lega senza Milano. Tenere Palazzo Marino significa conservare un avamposto di grande rilievo negli equilibri politici nazionali, mantenersi partito dell'intero Nord Italia, fornire una parvenza di credibilità all'idea che l'indipendentismo padano sia maggioritario tra le popolazioni settentrionali. Viceversa la perdita di Palazzo Marino non pregiudicherebbe certo la sopravvivenza della Lega, ma la ridimensionerebbe ufficialmente a fenomeno pedemontano, periferico rispetto ai centri nevralgici della stessa società padana. La anche il diritto di venirne fuori con totale restituzione del mio onore e anche dell'onore di Lotta Continua, vicenda seppur lontana e passata, ma fetta di vita a cui non intendo rinunciare». «Spero soltanto - continuava che non mi tocchi il destino toccato al mio amico Adriano Sofri: quello, cioè, di stare in galera e di dover leggere sui giornali, come ho letto io, che il giudice dice e scrive sulla sentenza che no, non deve uscire di galera, che prove a suo carico non ce ne sono. Non solo: non ce ne potranno essere». Maddalena Rostagno nella sua lettera aperta guarda indietro negli anni: «Dall'88 ad oggi, da quando hanno assassinato mio padre e da quando hanno arrestato Adriano, Ovidio e Giorgio, s'è anche parlato di un coin¬

Luoghi citati: Italia, Latina, Milano, Sicilia