«In Francia sarei libero» di Enrico Benedetto

« « In Francia sarei libero » Parla Pietrostefani: mi costituirò a giorni DE MITA PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Gli amici mi dicevano: "Ma perché vuoi tornare e farti chiudere in carcere? A Parigi il reato è prescritto: non ti possono estradare". E invece torno in Italia. L'onore e l'etica prima di tutto. Lo dico come uomo, ma ancor più come padre: le mie due figlie sapranno capirmi se lascio la Francia e un lavoro che era la mia vita, ricostruita da zero dopo essermela fatta distruggere in patria. Sarò in carcere al più presto: entro la fine della prossima settimana, forse anche prima. Sì, ho fretta». Giorgio Pietrostefani, cinquantaquattrenne, trattiene a fatica le lacrime. La voce è incrinata, ma la determinazione intatta. «Non chiederò la grazia perché lo fanno i colpevoli. E noi siamo innocenti» spiega ai microfoni della Rai. «Ci dovrebbero casomai chiedere scusa. Ma non lo faranno». Per concludere, intervistato dall'«Ansa»: «Lo Stato italiano risparmi pure i soldi dei contribuenti: non c'è nessun bisogno d'avviare una pratica di estradizione. Il problema è un altro: affrontare la prigione con la maggior serenità possibile. Non e una prospettiva piacevole, il carcere». Gli chiedono se lo condanna, il delitto Calabresi. «Malgrado i fanatismi ideologici di quegli anni, non posso ammettere si tolga la vita a qualcuno». E ora, Pietrostefani? Consegnandosi alla giustizia italiana dopo una sentenza a 22 anni per omicidio volontario che giudica iniqua, come non sperare che il gesto propizi una revisione in tempi non troppo lunghi? «Nessun calcolo», risponde. «Ne sono stati fatti fin troppi. Credo, semplicemente, non ci si possa sottrarre al proprio destino. Chiedo una sola cosa: stare insieme ad Adriano (Sofri) e Ovidio (Bompressi). Siamo amici da troppi anni per separarci proprio ora». E poi un augurio: «Vorrei che tutto finisse il più presto possibile». Non l'incubo giudiziario ma l'addio a Parigi, preludio all'ingresso in cella. La tentazione sarebbe partire subito. «Ma ho bisogno di qualche giorno, il minimo. Dopo cinque anni in Francia e con la prospettiva di non tornarci più, sono tante le cose da sistemare. Mi preoccupa il mio centro per il recupero dei tossicomani. Che ne sarà?». Giorgio Pietrostefani In alto: Adriano Sofri mentre lascia la sua abitazione insieme a due agenti della Digos In basso: il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro sua è una scelta diversa da quella dei Negri, degli Scalzone e dei quasi 500 loro connazionali che negli anni di piombo trovarono protezione a Parigi; Arrangiandosi come potevano. 0 rimessi in cattedra alla Toni Negri. Gruppo esteso quanto sfarinato dalle rivalità interne. Se ne occupò, fra gli altri, la Lega per i Diritti dell'Uomo. Ma il caso giuridico rimane un eni¬ gma. La Francia targata all'epoca ps non voleva apparire liberticida. Accreditando in tal modo l'ipotesi che Roma lo fosse. Solo negli ultimi tempi il dispositivo si era incrinato. E solo per casi in definitiva minori. Salvo Tangentopoli. Ma tra Mach di Palmstein e Pietrostefani, ne corre. Enrico Benedetto

Luoghi citati: Francia, Italia, Parigi, Roma