E L'OPERA CAMBIO' COLORE di Sandro Cappelletto

E L'OPERA CAMBIO' COLORE E L'OPERA CAMBIO' COLORE COME è lungimirante l'ostinazione di un artista, quanto è lenta la storia del gusto. Che bisogno aveva Dmitrij Shostakovic, nel 1939, di rimettere mano al «Boris»? Dicci anni prima, era stata pubblicata in Russia l'edizione critica, curata da Paul Lamm, della partitura originale di Modest Musorgskij ed iniziava il ripiegamento, che il tempo renderà più marcato, della versione curata da Rimskij-Korsakov. La prima, infedele ma decisiva per conciliare le novità dell'opera con le attese del pubblico russo di fine Ottocento, di quello europeo di inizio secolo, a cominciare dall'allestimento firmato da Diaghilev, con Fedor Saljapin protagonista, a Parigi nel 1908. Rimskij aveva garantito lunga vita al lamento dell'innocente: «Lacrime, spargi lacrime, mia povera patria». Le lacrime di Shostakovic. 1936: «Caos anziché musica», titola un articolo, efferato quanto efficace, di Zdanov sulla Pravda. L'uomo politico punta il dito contro «Lady Macbeth del distretto di Mcensk», definita «opera antipopolare e formalista». Non piaceva alle autorità quella folle, sanguinaria figura shakespeariana trasferita in Unione Sovietica, destinata a morire annegata, mentre i suoi compagni di disgrazia marciano verso i gulag, in un grottesco festino di morte. A Shostakovic non restava che emendare se stesso, definendo la sua «Quinta Sinfonia» (prima esecuzione: Leningrado, 1937) «la risposta di un compositore a delle giuste critiche. Ci sono stati dei fallimenti nei miei lavori precedenti, non tutto è dello stesso valore. Qui invece il pubblico sovietico riconoscerà nella mia musica uno sforzo in direzione della comprensibilità e della semplicità». L'eversore, come era stato giudicato, doveva occultarsi. E l'occasione per essere di nuovo se stesso, ma irriconoscibile come un ghostwriter, la offrì la direzione del Teatro Bolshoi, incaricandolo di rivedere la partitura del «Boris», «dramma musicale popolare", come lo aveva chiamato Musorgskij. Accettò, senza intervenire sui parametri compositivi, concentrandosi invece sulle lacune dell'orchestrazione originaria. Rispettò le arditezze che Rimskij aveva spuntato, restituì alla musica il livore e il furore che Paul Lamm, più revisore che artista, non aveva colto. Riconosciamo il suo ghigno che incute terrore - si diceva che il sorriso di Stalin fosse agghiacciante. Gogol che prende la mano a Puskin. E l'opera cambiò colore: «la lucentezza, lo scoppiettio timbrico voluti da Rimskij che con il senso intimo di Musorgskij non hanno troppo a che fare» (Fedele d'Amico), cedono il passo ad una tinta drammatica, scialbata da contrasti repentini, congrua ad una scrittura di cui ora - 7() anni dopo la stesura iniziale - si poteva apprezzare la capacità anticipatrice. Valua la scena dell'inconorazione: in Rimskij il voluto disordine, l'ebbrezza non risolta delle successive e aspre entrate del coro viene risolta nell'ordine canonico di una fuga. Ma Musorgskij. e con lui Shostakovic. non intendono qui rappresentare una conciliazione tra il popolo ed il potere, semmai esasperarne il desiderio e l'assenza. Valga il duetto d'amore tra Marina e Dmitrij, di cui Rimskij non coglie l'ipocrisia. E l'ultima scena deve restare il lamento dell'Innocente, sudario di disperazione sull'intera vicenda, che non può chiudersi sulla morte di Boris, effetto più teatrale che poetico. La diversità tra ì due revisori appare netta, come la fedeltà a se stessi: «Adoro "Boris" e nello stesso tempo lo odio. Lo adoro per la sua originalità. l'arditezza, la bellezza; lo odio per la sua grossolanità, le durezze armoniche e le assurdità musicali» scriveva Rimskij-Korsakov. Limiti che Shostakovic trasformò in valori, sentendoli propri. E i russi di oggi, quale preferiscono'tra le tre possibili soluzioni? Non ebbe dubbi Valerij Gergiev, quando nel 1990 riprese al Kirov di Pietroburgo lo spettacolo creato a Londra da Abbado e Tarkovskij: scelse Shostakovic. Sandro Cappelletto

Luoghi citati: Leningrado, Londra, Parigi, Pietroburgo, Russia, Unione Sovietica