IL CELATI FURIOSO
IL CELATI FURIOSO IL CELATI FURIOSO 77 testamento di un Attore RECITA DELL' ATTORE VECCHIATO NEL TEATRO DI RIO SALICETO Gianni Celati Feltrinelli pp. 143 L 25.000 O RECITA DELL' ATTORE VECCHIATO NEL TEATRO DI RIO SALICETO Gianni Celati Feltrinelli pp. 143 L 25.000 IANNI Celati si è inventato un vecchio attore per fargli dire cose (moralità e giudizi) cui lui in prima persona non se la sentiva (giustamente) di dar voce. Che il vecchio attore (di nome Vecchiato) sia realmente esistito (come Celati farebbe intendere) o no non ha importanza; quello che importa è che Celati sostenga che è veramente esistito e gli attribuisce il merito di una brillante carriera di interprete shakespeariano guadagnata calcando i più prestigiosi palcoscenici del mondo - Italia esclusa. Il Paese in cui è nato lo ha trascurato e anche ora, che è vecchio e vicino a morire, gli nega ogni riconoscimento. La sua ultima (straziante) recita si svolge nel piccolo teatro di Rio Saliceto (in provincia di Reggio) alla presenza di una sola spettatrice. Il nuovo romanzo di Celati (non appare ne I narratori feltrinelliani?) è composto dal testo di quella recita, miracolosamente rinvenuto e ricostruito, preceduto da una serie di scritti (soprattutto da giornali: dallo spagnolo Pais al francese Le Monde) che testimoniano del plauso che Vecchiato riscuoteva nel mondo intero e seguilo da un gruppo di sonetti a struttura shakespeariana (tre quartini e un distico finale) composti da Vecchiato stesso durante la sua vita. Abbiamo scritto all'inizio di questo articolo che Celati si è inventato l'esistenza reale di un vecchio attore, famoso all'estero e colpevolmente ignorato in Italia, per fargli dire qualcosa che lui in prima persona non riusciva a dire. Perché non riusciva a dire? Per due ragioni: per il contenuto di quelle osservazioni e per il tono (l'uno e l'altro più congeniali a un attore di teatro e per giunta vecchio). Infatti in questa sua ultima replica Vecchiato, utilizzando la sua memoria di attore shakespeariano mischiata al diritto alla saggezza che gli veniva dall'essere vecchio, mette mano al tema classico del male dell'esistenza e si abbandona a una serie di improperi e insulti contro gli uomini suoi contemporanei divorati e cancellati in tutto ciò che hanno di umano dall'amore per il denaro (e la passione per i consumi) che li induce a essere vili, bugiardi, abietti, traditori. Il tutto accompagnato da parole di spregio per i giornali e la televisione accusati di imbrogliare, corrompere, traviare le menti e gli animi. Poteva azzardarsi Celati stesso, in prima persona, a farsi portatore di tanta e così qualunque saggezza che si fa credibile (o meglio comprensibile) soltanto se recita (e interpreta) dai grandi classici (metti Dante, Shakespeare o Leopardi) o blaterata da vecchi brontoloni cui tutto si perdona? No, non poteva: ma quei malumori Celati, in cuor suo, li condivide; ma non essendo uno scrittore con rango di classico, né un vecchio borbottone ha l'astuzia di affidarli alla voce di un attore purché munito di quattro caratteristiche: sia un attore italiano allenato sui testi di Shakespeare; sia un vec¬ chio lamentoso vicino a morire; sia realmente esistito; sia famoso all'estero e derelitto in Italia. L'essere un attore italiano rende tollerabile il linguaggio tronante e predicatorio; l'essere morente conferisce autorità e dignità di ascolto alle parole, pur scontate, che pronuncia; l'essere realmente esistito ha l'aspetto di liberare Celati, che si limita a riportare cose dette da altri, da ogni responsabilità stilistica e di contenuto; l'essere famoso costituisce una garanzia oggettiva di qualità (tanto più precisa in quanto stipulata da società di assicurazioni estere) e scoraggia ogni forma di contestazione e insofferenza. Aggiungi, lettore, che l'accorgimento di presentare un attore presunto esistito - interprete ma lui stesso autore famoso - (del quale in quanto realmente esistito non si può fare altro che prendere atto) consente a Celati di raccogliere (e pubblicare) oltre al testo dell'ultima recita anche i di lui (di Vecchiato) sonetti: cioè consente a Celati di nascondere la propria propensione (presunzione?) di porsi (fuori della occasionale finzione) come autore totale, pronto ad esercitarsi nel linguaggio della prosa, del teatro, della poesia. Infine e finalmente! non puoi trascurare, lettore, un'altra caratteristica che questo libro mette in evidenza e cioè il gusto della parafrasi, il tratto favolistico, il piacere di giuocare con linguaggi altrui, evidente soprattutto nei sonetti in cui il calco da Shakespeare è ripetuto con maliziosa maestria. E qui toma in campo il Celati di ieri (che più apprezziamo), ludico e artefice massimo. Angelo Guglielmi
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