«Eltsin se ci sei fatti vedere»

Nessuno crede che il Presidente sia al lavoro Nessuno crede che il Presidente sia al lavoro «Eltsin, se ci sei fotti vedere» MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La confusione sale al vertice russo, mentre si palesano segnali sempre più vistosi di un rush finale per la successione a Eltsin. Ieri, nonostante le sdegnate proteste di Viktor Cernomyrdin, il quale ha assicurato tutti in tv di avere davvero incontrato al Cremlino il Presidente, nessuno o quasi ha creduto alla favola di Eltsin trasportato per due orette scarse al suo tavolo di lavoro. Qualche giornale, anche vicino al potere, ha fatto pesanti ironie sull'assenza totale di immagini tv e sulla «velina» che ha fatto mettere al loro posto su tutti i canali le due foto abbinate di presidente e premier. E i deputati comunisti, Ziuganov in testa, gridano: «Eltsin si faccia vedere». Ieri poi il Consiglio della federazione, la Camera alta, ha votato una mozione molto dura all'indirizzo dell'astro nascente del Cremlino, quel Boris Berezovskij amico di Tatjana e di Ciubais, salito al vertice del Consiglio di Sicurezza. Berezovskij è reo di aver promesso ai cosacchi del Caucaso armi e aiuti governativi. Ovviamente in funzione anti-cecena. Creando le condizioni - dice il Senato russo - per «una pericolosa e ulteriore escalation di guerra nel Caucaso». Il senso della votazione era già politicamente molto chiaro. Su di esso si è innestato un giallo. Qualcuno ha infatti fatto circolare il testo iniziale della risoluzione, dove si chiedeva a Eltsin di «licenziare immediatamente» Berezovskij, definendo il suo operato come «appello provocatorio al riarmo dei cosacclù». E' dovuto intervenire lo stesso presidente del Consiglio della Federazione, Egor Stroev, per smentire che il nome di Bere¬ ANKARA zovskij fosse stato esplicitato nella mozione. Ma lo stesso Stroev, uomo prudente, appare in questi giorni in prima fila tra quelli che parlano apertamente di «necessarie modifiche costituzionali» per fare fronte alla paralisi della malattia di Eltsin. E non è un caso che le «Izvestija» (sempre più critiche verso il Cremlino) abbiano rivelato che qualcuno, lassù nell'en¬ tourage di Eltsin, starebbe elaborando un progetto di «transizione» che assegnerebbe poteri crescenti al Consiglio di Sicurezza (cioè a Berezovskij e, s'intende, a Ciubais). E' chiaro che lo strapotere politico dei banchieri non va a genio ai potenti governatori delle regioni russe. Lo dice la schiacciante votazione della mozione di ieri: 103 voti a favore, tre soli voti contrari. Tutti insieme hanno sostenuto Eltsin nella campagna elettorale, ma adesso quell'alleanza tattica si sta sciogliendo di fronte all'urgenza di interessi divergenti. Un conto è avere i conti in banca a Ginevra e a New York, altra faccenda è dover affrontare i lavoratori a Ufa e a Ivanovo, a Kursk e Krasnojarsk. Qualcuno ha avanzato l'ipotesi UN RAMADAN ROSSO DI SANGUE te e corpo». Ebbene la propaganda ufficiale ricorda alla gente che codesta «blasfema promessa» è stata mantenuta. Col risultato di accrescere la atroce credibilità del Già, conferendogli un prestigio sinistro finché si vuole ma tale da colpire, in ogni caso, l'immaginazione popolare. Ora i casi sono due: o il governo algerino è in crisi ovvero sta sperimentando un'abile, sofisticata operazione politica. Poiché si dà por scontato che la società civile ancorché lo volesse (il che non è credibile) non farebbe mai la scelta che il Già pretende, non si schiererebbe mai con il Già, dovremmo concludere che il governo enfatizza l'orrore sparso a piene mani dagli islamisti con uno scopo ben preciso: rendere superflua ogni campagna elettorale, e comunque sia soffocarla sul nascere o, quanto meno, condizionarla affinché le prossime elezioni legislative, promesse solennemente dal risorto ticket Fin-esercito (il partilo unico e i generali) si trasformino in un plebiscito per la leadership di Zeroual. Il 16 di novembre del 1995 il popolo algerino, sfidando le minacce apocalittiche degli islamisti, legittimò il generale Zeroual, nella speranza ch'egli cogliesse il senso autentico d'un voto quasi plebiscitario. E cioè che gli algerini avevano votato per la pace o, più concretamente, per la fine di una guerra civile che, in fatto, è una guerra contro i civili. Contro la società civile che lavora, porta i figli a scuola, produce e che subisce parimenti il terrore integralista e la furia dei reparti speciali. Zeroual, purtroppo, interpretò quel voto «per la pace» alla stregua di un voto ad personam. Sicché s'è preso tutti i poteri cucendosi addosso una Costituzione nuova, e una volta ancora ha promosso la paco. Ma la pace non si conquista con le armi, gli ultimi due anni terribili lo hanno dimostrato. Col napalm e l'aviazione una sola pace viene ga¬ che potrebbe essere il Consiglio della Federazione la sede dove si eleggerà il prossimo presidente russo. Non più eletto da tutto il popolo, ma da un collegio di grandi elettori. In tal modo il generale Lebed verrebbe tagliato ! fuori senza colpo ferire e il Paese eviterebbe una difficile, drammatica consultazione elettorale. L'ipotesi è astuta perché consentirebbe anche di sottrarre alla Duma tutte le possibilità di influire sulla materia. Il che significherebbe tagliare fuori i comunisti di Ziuganov. Ma l'ùnpresa appare difficile. L'attuale Costituzione prevede una procedura di modifica assolutamente impervia, in cui la Duma ha comunque voce in capitolo. Sempre dando per scontato - il che non è - che Eltsin accetti di farsi spodestare dai due rami del Parlamento. Alcuni dei radical-democratici più accesi hanno ieri ventilato forse proprio per questo - che Eltsin dovrebbe cogliere la palla ni balzo e sciogliere la Duma. La tesi non è peregrina. A esporla è stato il rappresentante di Eltsin presso la Duma, Aleksandr Kotenkov. Il quale, dopo aver accusato i deputati di avere «usurpato» il potere e «attentato alla Costituzione» approvando una mozione che clùedeva le dimissioni del Presidente per ragioni di salute (cioè dopo aver affermato che l'attuale Costituzione non potrà mai più essere emendata da nessuno che non sia lo stesso Presidente), ha detto che «per evitare conseguenze gravi al Paese», lo stesso capo dello Stato «potrebbe essere costretto a prendere decisioni che non sono previste dall'attuale Costituzione». Giuliette» Chiesa Igor Man

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