Fiat, te richieste dell'accusa di Alberto Gaino
Conclusa la requisitoria dei quattro procuratori. La replica di Chiusano Conclusa la requisitoria dei quattro procuratori. La replica di Chiusano Fiat, te richieste dell'accusa Ipm: 20 mesi per Romiti, 8 per Mattioli INCHIESTA PDS A MODENA BHH MROMA IRACOLO all'Ergile. Perciò al Consiglio generale del Movimento dei Club Pannella, si scopre che i radicali sono davvero ricchi grazie a quella tradizionale povertà che gli ha fatto scoprire la tecnopolitica. Nell'albergone politico della capitale Marco Palmella è apparso come minimo tonificato dall'«inciucio» che gli restituisce un molo certo. Una volta in sala, curiosamente arredata secondo un complesse sistema di tavoli a spirale, ha preso visione del prodigio finanziario da un mucchietto di fogli da cui risulta che in appena sei mesi i suoi hanno rastrellato circa tre miliardi e mezzo di lire. Oltre due miliardi rispondono alla voce «telefonate»: il resto ha che fare con le altre campagne del partito, della Usta e dei vari movimenti satelliti. A questi tre miliardi e mezzo, dunque, se ne possono aggiungere altrettanti che sono quelli del finanziamento pubblico 1996 che Pannella, inizialmente, aveva addirittura pensato di bruciare (e che con qualche simbolica rilevanza, invece, finiranno probabilmente a sostenere una seconda scarica di referendum). E comunque fanno già sei e rotti, anzi quasi sette Ai quali va addizionala la quota di un miliardo e ottocento milioni che Berlusconi s'è impegnato a pagare per cinque anni. «E guai se ritarda puntualizza Pannella - perche oltre agli interessi gli mettiamo sul conto anche i danni». In tutto, insomma sono nove miliardi. Ma siccome, ogni tanto, anche per i radicali esiste una qualche fortuna, o Provvidenza, buona stella, virtù, o che altro, ecco, proprio in questi giorni s'è saputo che i pannelliani del gruppo «Non c'è pace senza giustizia», che da anni si battono per la costituzione del Tribunale contro i crimini di guerra, sono riusciti ad agganciare il miliardario George Soros. Il quale, «liberal in limousine», miscela umana di relazioni e filosofia, speculazioni e filantropia, s'è impegnato a finanziare per il 40 per cento la convezio ne costitutiva del Tribunale, appunto, che con 110 delegaziom si terrà in Italia nel 1998. Emma Bonino l'ha già meontrato. Pannella si riserva (facendo un po' il superiore). I «pannellolorà» più o meno accreditati si chiedono cosa potrà venir fuori da un incontro ravvicinato del terzo tipo tra il leader radicale e l'uomo che in pochi istanti, nel 1992, giocando sulla sterlina, riuscì a guadagnare un miliardo TORINO. E' l'avvocato Vittorio Chiusano, difensore di Cesare Romiti e Francesco Paolo Mattioli, a portare fuori dell'aula la notizia che la Procura di Torino, nel processo a porte chiuse, ha appena chiesto la condanna del presidenteFiat a un anno e otto mesi e del direttore centrale a otto mesi. «Rispetto alla pesantezza delia requisitoria possono apparire pene eque, ma non sono certo miti» commenta il legale 1 reati contestati, falso in bilancio, finanziamento illecito dei partiti e, per Romiti, anche frode fiscale. E' toccato al procuratore aggiunto Mario Griffey concludere una requisitoria di dieci ore, distribuita fra due pomeriggi e sostenuta da quattro magistrati. Hanno cominciato affrontando la parte tecnica del processo: l'applicabilità a un bilancio consolidato (come quello di Fiat spai dell'articolo 2621 del codice civile (false comunicazioni sociali). «La nostra tesi ha spiegato il pm Gian Giacomo Sandrelli - è che il bilancio consolidato fotografa e assorbe quelli delle singole società di un gruppo, e in ogni caso c'è falsa comunicazione sociale quando un amministratore riferisce agli azionisti dati incompleti». Quali dati? «I! fatto storico è pacifico - ha aggiunto il magistrato -: l'omessa indicazione nei bilanci del gruppo Fiat delle società Sacisa. Fidina e Saint Peter e dei relativi conti esteri». «In alcune aziende della holding - ha proseguito - si indicavano a bi- lancio, sotto la voce "fondo rischi", debiti costituiti fìttiziainente con società estere del gruppo Fiat, e questo al fine di consentire erogazioni illecite. E' stato il caso di Iveco e Geotech. Fiat Ferroviaria, invece, ha utilizzato per spese che non risultano il "Fondo Reno", consistente in 3 miliardi di lire, ereditato da ima disciolta società argentina'). Contestazioni quantitativamente irrilevanti, ha sempre replicato la difesa nel corso dell'inchiesta. «Noi sappiamo che a un certo punto su un conto Sacisa erano affluiti 110 miliardi, ma cifre esatte non siamo in grado di farne perché, negli anni presi in considerazione dalla nostra inchiesta (1989-92, n.d.r.l, abbiamo individuato alcuni fondi e altri no. Telefono una volta al mese a una genti¬ lla Fiat Cesare Romiti «pagamenti estero su estero» e di esserne stato messo a conoscenza direttamente dall'attuale presidente Fiat. «E' credibile - ha detto Maddalena - e riscontri vengono da dichiarazioni degli stessi Romiti e Mattioli, nonché da quelle di due protagonisti dell'inchiesta romana sulla metropolitana, Umberto Belliazzi e Crescenzio Bernardini. E poi perché dall'altra parte c'è stato un gioco di squadra costruito anche con inquinamenti probatori». L'avvocato Chiusano ha aggiunto: «Sull'interpretazione della nonna giuridica e sulla valutazione dell'attendibilità delle dichiarazioni dei testimoni a nostra volta parleremo a lungo». Alberto Gaino
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