La bugia del pentito fa 2 vittime di Massimo Numa
Savona: sono stati riconosciuti innocenti dopo aver fatto 22 mesi di carcere Savona: sono stati riconosciuti innocenti dopo aver fatto 22 mesi di carcere La bugia del pentito fa 2 vittime Muratore muore in cella, il fratello sotto choc dia cautelare. Qualche giorno dopo il primo e ultimo interrogatorio con i giudici della procura milanese. «Ho chiesto subito un confronto con il pentito - racconta Agostino Colli - ma non accadde nulla. I mesi passavano, uno dopo l'altro, nella vana attesa che qualcuno mi venisse a ripescare dalla cella... Sono finito a San Vittore, nel periodo di peggiore sovraffollamento... Un anno dopo mio fratello moriva». «L'hanno curato male accusa ora la famiglia - nonostante avessimo chiesto di intervenire subito...». Agostino resta in carcere. Viene trasferito a Genova, a Pontedecimo. Oggi quasi non riesce a rac¬ avrebbe 34 anni. Il primo è incensurato, è sposato, e ha tre figli piccoli: il secondo - in passato - ha fatto uso di droga. Fanno i muratori. I fratelli Colli, per il collaborante M. P., sono il tramite delle famiglie di mafia e 'ndrangheta Papalia-Enea-Fidanzati nella Riviera savonese. Portano cocaina da Milano alla Liguria, e poi la cedono agli spacciatori, in una zona tradizionalmente controllata dai clan '."alabresi. I Colli hanno pure un terzo fratello a Milano, pare «collegato» con le cosche. Ma il pentito punta dritto su Agostino e Vittorio. Li riconosce dalle segnaletiche: «Sono loro, i corrieri della coca». Partono gli ordini di custo¬ contare la sua storia. «Era la disperazione - dice - di aver lasciato a casa moglie e figli senza mezzi. Ero circondato da gente nella mia situazione, ho perso la fiducia. Ci si lascia anche andare... all'alba, quella mattina, buttarono giù dal letto anche i bambini. Erano diventati i figli dei "corrieri della droga". Chi mi conosceva dubbi non ne ha mai avuti. Gli altri, però... In cella pensavo a questo. Il pentito? Mai conosciuto, mai visto. Mai trafficato droga. Sembra mcredibile, chissà quanti, ancora oggi, avranno conservato dubbi su di me. Finalmente arriva il processo. Il pentito, dietro il paravento, mi guarda. E' incerto, sembra in difficoltà. Alla fine dice che non mi riconosce. Così, io sono innocente. E tomo a casa da uomo libero. Ho ripreso a lavorare, il risarcimento mi serve a rimediare un po' al danno. Non potevo fare altrimenti». 11 ricordo del fratello: «Da giovane si drogava, aveva avuto piccoli problemi. Ma negli ultimi anni si era tirato fuori, lo portavo a lavorare con me. Era un ragazzone. In carcere s'è ammalato. E' morto, hanno detto, per gli esiti di una polmonite trascurata. Spero che la mia storia ora serva a evitare ad altri quanto ho dovuto sopportare io. In carcere ne ho conosciuto tanti..». Massimo Numa Per i giudici è vessazione Sentenza della Cassazione Genova: anoressica di 30 anni
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