«Noi, le vittime degli 007 del fisco»
«Noi, le vittime degli 007 del fisco» «Noi, le vittime degli 007 del fisco» «Elemosina per far contenti 'sti morti di fame» «Oggi all'estero ci considerano dei corruttori» MILANO. «Ma sì, facciamola l'elemosina; facciamo contenti 'sti morti di fame». Santo Versace, fratello del più noto Gianni, mette in queste parole tutto il suo disprezzo per quegli ispettori fiscali che ricevettero dalla sua azienda una tangente di 300 milioni. L'«elemosina» appunto. Mentre i «morti di fame» altri non sarebbero che i funzionari del Secit incaricati di una verifica nel 1990. «Erano una decina - racconta Versace - pensai che in 3-4 giorni avrebbero finito tutto. Invece si capiva benissimo che non avevano nessuna intenzione di sbrigarsi. Forse anche perché c'erano tante belle ragazze... Io chiesi a Piero Cicero, un amico fiscalista che faceva da tramite, quando avrebbero tolto le tende. La risposta fu che la nostra era un'azienda ricca, mentre loro erano poveri; con un miliardo sarebbero andati via subito, altrimenti lì avrebbero mangiato il panettone». Natale, insomma, mentre l'azienda «con la verifica perdeva cento milioni al giorno». Da qui la convinzione che era meglio pagare, anche se non il miliardo inizialmente richiesto. Dietro il pagamento ci sarebbe quindi una concussione: «Io mi ritengo un cittadino vessato, una parte lesa», sostiene Versace. Che però dice queste cose da una posizione ben diversa: imputato di corruzione al processo per le tangenti pagate dagli stilisti. Assieme a Mariuccia Mandelli', in arte Krizia. Gli unici due rimasti dopo che altri blasonati colleghi avevano patteggiato la pena. Loro no: ribadiscono «Krizia» e Santo Versace OROLOGI IN gare. Io risposi che non ci pensavo proprio, che era tutto in regola». di essere «vittime». Lo fa Santo Versace, spiegando anche di aver deciso da solo di pagare, come responsabile commerciale dell'azienda, senza dir nulla a Gianni e alla sorella Donatella: «Sono due artisti, capaci di raccontar tutto al primo giornalista che incontravano». «Vittima» anche Krizia. Che conclude il suo interrogatorio quasi con un'invocazione: «Io voglio uscire pulita; voglio che sia chiaro che non sono una corruttrice». Lei, al contrario di Santo Versace, non si era mai occu- W^9^ - .r Regola o non regola, a Krizia vien fatto presente che gli ispettori contestano alcune spese, come gli aerei in prima classe o gli omaggi floreali alle croniste di moda: «Figurarsi sbotta Krizia - se non posso viaggiare come voglio o mandare i fiori alle giornaliste». Contestazioni tutte scritte a matita, quindi cancellabili se... «Se si pagava, ma io non volevo. Anzi, volevo denunciare tutto. Ma Guido e mio marito mi dissero che non potevo far la Giovanna d'Arco e cambiare il sistema». Si va avanti così fino a fine giugno, quando l'azienda deve eseguire le consegne. Spiega Krizia: «Ci avevano fatto capire che potevano estendere l'ispezione anche alle fabbriche, bloccando la produzione. C'erano in ballo ordini per 15-18 miliardi e in America, anche per un solo giorno di ritardo, possono annullarti l'intero contratto». Così si convince di pagare. E quando «finalmente arriva Mani pulite» e la chiamano a testimoniare lei racconta tutto: «Alla fine Antonio Di Pietro mi ha stretto la mano dicendo: "Ma signora, è un chiaro caso di concussione"; invece mi son trovata imputata e all'estero, quando mi intervistano, mi chiedono sempre: "Come va i] suo processo per corruzione?". Ma io non ho corrotto nessuno».
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