«finalmente la verità» di F. Poi.

« « finalmente la verità » La vedova del commissario «Ora soffrono altre famiglie» O sempre cercato la verità, finalmente è arrivata», tira il fiato che è quasi mezzanotte Gemma Capra, la vedova del commissario di polizia Luigi Calabresi, ammazzato il 17 maggio del '72 e adesso - 25 anni dopo - una sentenza della Corte di Cassazione dice anche da chi. «Questi processi sono sempre molto dolorosi, non si può parlare di soddisfazione. Non si può, quando altre famiglie soffrono», spiega lei. E non nomina mai quelli che la Suprema corte definisce gli assassini di suo marito condannati adesso - a 22 anni di carcere. E' questo, forse, il primo momento in cui Gemma Capra pensa a loro, ad Adriano Sofri, a Ovidio Bompressi, a Giorgio Pietrostefani, un tempo che sembra preistoria dentro Lotta continua, gli ultimi sette anni dentro un'aula di tribunale. A difendersi. «Non ho assolutamente nulla da dire a questi imputati», aveva detto più volte Gemma Capra, presente al processo, presenza discreta dietro al banco dove sedevano i suoi avvocati che adesso ringrazia «perché mi sono stati vicini». «Non ho assolutamente nulla da dire anche se li ho visti parecchie volte in aula», ripeteva la donna ai giornalisti che respiravano l'aria tesa lungo quei tre metri: di qui MILANO Gemma Calabresi vedova del commissario ucciso nel '72 Leonardo Marino, il grande accusatore, di là gli imputati. Dietro, lei. Spesso con i figli, anche con il più piccolo, che si chiama Luigi e che è nato quando suo papà non c'era già più. Anche quando infuriava la polemica, Gemma Capra era stata zitta. O quasi, se non fosse per quelle parole dure come pietre: «I processi si fanno nelle aule di giustizia, non mi interessano quelli sui giornali, fatti di commenti e prese di posizione». Adesso che la parte civile ha avuto ragione, non ci sono più parole. Non c'è più nulla da dire dopo che i magistrati giù a Roma hanno messo termine a quel balletto fatto di sei processi, condanne e assoluzioni una dietro l'altra, ogni volta a smentire la decisione precedente. «Non voglio dire altro, non ora», spiega al telefono Gemma Calabresi. E quasi si scusa: «Sono ancora emozionata per questa sentenza». [f. poi.]

Luoghi citati: Milano, Roma