«Spodestiamo Berlusconi»

«Spodestiamo Berlusconi» «Spodestiamo Berlusconi» Cossiga e Segni preparano un partito CAMERA ROMA A gigione qual è, Francesco Cossiga la prende da lontano e avvolge i suoi nemici con ironia sulfurea: «Qualche tempri fa il presidenzialismo all'americana sembrava essere la bandiera di Berlusconi e Fini... Ho visto che poi si è passati al semi-presidenzialismo alla francese.., poi si e parlato di elezione del capo dell'esecutivo... e poi di designazione. A questo punto, io proporrei il sussurro, si, il primo ministro sussurrato!». Qualche risata in sala e Cossiga riprende: «... anche se in queste ultime ore mi è stata suggerita una soluzione che potrebbe mettere d'accordo tutti: le candidature vengono presentate con la formula "qui lo dico e qui lo nego"!». E nella saletta del Patto Segni si consuma una scena inconsueta per una conferenza stampa: si mettono tutti a ridere, cameramen, simpatizzanti, qualche giornalista, persino il serioso Mariotto Segni. E' una delle giornate di grazia del ciclotimico Francesco Cossiga e cosi trascorre un quarto d'ora prima che l'ex Capo dello Stato faccia l'annuncio: «In Italia non esiste una vera area liberal-democratica e quest'area va organizzata». Parole che diventano un evento se sovrapposte a quelle pronunciate qualche minuto prima da Segni: «Dalla battaglia per le istituzio: ni può nascere un nuovo movimento politico». Dunque, il dado e tratto. Dopo tante false partenze, Cossiga e Segni hanno deciso di rimettersi in politica e puntano esplicitamente all'obiettivo di spodestare Silvio Berlusconi dalla leadership del Polo. E per raggiungere un obiettivo cosi difficile, non escludono affatto di trasformare in partito la struttura dei comitati per la Costituente. Non è ancora «il partito di Cossiga», ma qualcosa che ci si avvicina molto. In realtà, quello del «movimento liberaldemocratico» è un progetto al quale Segni sta lavorando dietro le quinte da tre settimane: ne ha parlato con Gianfranco Fini (col quale ha stretto un rapporto intenso), con Pierferdinando Casini ed ha anche avviato un giro di «consultazioni» con personaggi dell'impresa. A Milano Segni si è visto con i vertici della potente Assolombarda, Ennio Presutti e Gianmarco Moratti; a Roma ha incontrato i vertici della Confcommercio e della Confedilizia. E Cossiga, da parte sua, non trascura vecchie amicizie: «Sento porto che Segni e Cossiga hanno stretto con Fini. Racconta Maurizio Gasparri, «numero tre» di An: «E' vero, con Segni il rapporto è buono, dovrebbe persino partecipare ad una riunione con tutti i presidenti di circolo di An che stanno raccogliendo firme per la Costituente». E l'obiettivo finale è ambizioso: «Puntiamo a raccogliere centinaia di migliaia di firme - dice Gasparri - e di arrivare ad un milione, forse anche a due...». E poi c'è una trama di rapporti con molti dei battitori liberi del centro-destra: oltre all'outsider Di Pietro, Segni ha coinvolto nel suo progetto personaggi di tradizione liberale come Antonio Martino, l'ex presidente del Senato Carlo Scognamiglio (ieri a fianco di Segni e Cossiga nella conferenza stampa) e Raffaele Costa, che ha fatto capolino nella sede del Patto Segni. Un altro rivolo porta a personaggi di cultura radicale (il senatore di Forza Italia Pietro Milio, Giovanni Negri, entrambi seduti in prima fila) e al drappello dei cossighiani a vita, a cominciare dal presidente dei senatori del ecd Francesco D'O¬ I CITTADINI FUORI DELLA PORTA la caduta del governo Berlusconi, tra la fine del 1994 e l'inizio del 1995. Il conflitto d'interessi, gli errori del suo governo, la «variabile indipendente» delle indagini giudiziarie e le spericolate acrobazie politiche della Lega hanno aperto un vuoto politico che è stato progressivamente occupato, nei mesi seguenti, dai migliori esponenti della vecchia classe politica e da alcuni abili «uomini per tutte le stagioni». Il secondo atto si è recitato all'insegna della restaurazione. Non intendo dire, con questo, che l'esigenza del rinnovamento costituzionale sia stata definitivamente accantonata. Vi sono, nei due campi, molti uomini politici consapevoli della necessità di riscrivere, alla luce delle esperienze fatte negli ultimi cinquant'anni, alcune parti fondamentali della carta costituzionale. Ma i restauratori sono riusciti a impedire che il processo sfuggisse al controllo degli addetti ai lavori e finisse nelle mani dei cittadini. Dopo una breve fase nel corso della quale parve che il popolo «dilettante» avrebbe concor¬

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