Disgelo fra governo e Bertinotti

Via libera al decreto di fine anno e agli incentivi per l'auto. Ma Dini resta perplesso Via libera al decreto di fine anno e agli incentivi per l'auto. Ma Dini resta perplesso Disgelo fra governo e Bertinotti Summit con Prodi e Veltroni, domani vede D'Alema ROMA. Archiviate le «maggioranze variabili», il centro sinistra serra le file. Tradotto in parole povere, significa che si avvia il chiarimento con Rifondazione: ieri Prodi e Veltroni hanno incontrato Bertinotti e domani mattina il segretario del prc vedrà D'Alema, su richiesta di cfiiest'ultimo. Il colloquio a Palazzo Chigi tra il leader dei «neocomunisti» e il presidente del Consiglio e il suo vice è durato circa un'ora. I «nodi» del decreto fiscale di fine d'anno c degli incentivi per le auto sono stati sciolti: Rifondazione voterà a favore di entrambi i provvedimenti. E le privatizzazioni? «Il dissenso ò ancora profondo», ha tagliato corto Bertinotti, che ha aggiunto: «Un chiarimento politico ufficiale, con tutti gli altri, sulle questioni principali che sono sul tappeto lo faremo più in là, perché ora siamo ancora ai preliminari». Una frase significativa, quest'ultima, perché vuol dire che Bertinotti è disposto a concordare con l'Ulivo ima sorta di agenda programmatica, seppur limitata. Non sarà la verifica, ma poco ci manca. E infatti sia Prodi che Veltroni hanno commentato positivamente l'esito dell'incontro. «E' andata molto bene», ha detto il primo. «C'è stato qualche passo avanti, la situazione si sta scongelando», ha confermato il secondo. Il rasserenamento tra Rifondazione e governo è frutto del lavorìo diplomatico di Veltroni che ha cercato di ricucire in ogni modo i rapporti. «Non possiamo rompere: ti rendi conto di quale scenario politico si aprirebbe dopo ima spacca¬ tura? Sarebbe un disastro. Per noi come per voi la maggioranza è solo quella del 21 aprile», è stata infatti la frase che Bertinotti si è sentito ripetere più spesso dal vice presidente del Consiglio durante l'incontro. E Prodi? Il leader dell'Ulivo si è mostrato preoccupato. «Se non chiariamo alcuni punti fondamentali, come le privatizzazioni - ha detto al segretario del prc - il governo rischia di inciampare». Bertinotti ha convenuto su questa analisi, però ha mosso alcune obiezioni ai suoi interlocutori: «Dopo la compattezza che si è registrata durante l'esame della finanziaria - ha spiegato voi avete prestato orecchio solo alle esigenze delle imprese e a una politica moderata. Eppure sapevate come la pensiamo sulle privatizzazioni. E su questo occorre un chiarimento. Dobbiamo trovare delle soluzioni altrimenti la maggioranza rischia sul serio l'incidente». Quindi, di fatto, il chiarimento è avviato. E a questo incontro tra Prodi e Bertinotti ne seguiranno di nuovi. Ma sul tappeto c'è anche un'altra questione che rappresenta un passaggio determinante per il governo: la manovra economica che dovrà essere accompagnata (così chiedono a Bruxelles) da un programma in cui si delinea la futura riforma delle pensioni. Pure di questi problemi, oltre che della Bicamerale e delle privatizzazioni, parleranno domani D'Alema e il segretario del prc. Il leader della Quercia, infatti, ha chiesto questo incontro per capire quali siano gli effettivi limiti della disponibilità di Bertinotti al compromesso. Dunque tutti cercano il segretario del prc, ma all'interno della maggio¬ Francesco Cossiga A destra: Mario Segni Rifondazione avverte: «Sulle privatizzazioni il dissenso resta profondo. Per ora siamo ai preliminari, è prematuro un chiarimento politico ufficiale» ranza c'è anche chi dà l'altolà a Rifondazione. Si tratta di Lamberto Dini. Il ministro degli Esteri si sta muovendo molto al centro dello schieramento. Ha in programma per la settimana prossima incontri con Maccanico e Marini. Ed è proprio la linea di rafforzamento dell'area moderata della coalizione, che Dini sta perseguendo, che ieri lo ha portato a lanciare questo avvertimento: «Ci sono - ha detto il ministro degli Esteri - dei punti fermi per il governo - privatizzazione della Stet ed altro - sui quali l'esecutivo deve rispettare gli impegni presi e il parere di Rifondazione non può essere determinante». Maria Teresa Meli nofrio. Ed è con queste premesse, che il duo Segni-Còssiga è arrivato alla conferenza stampa di ieri nella sede del Patto Segni. Per primo parla il padrone di casa: «Nella Bicamerale si prepara un largo inciucio. Berlusconi e D'Alema sono come due pugili stanchi che hanno deciso insieme di fare un break». Ma poi è la volta di Cossiga, un fiume che tracima battute. D'Alema? «Si è riformisti quando non si è al potere e quando ci si va, ci si chiede: perché riformare?». Berlusconi? «Lui il potere non ce l'ha più» e «sono buono se dico che non capisco perché voglia la Bicamerale». L'elezione diretta del premier? «Cosa farebbe il presidente della Repubblica? D'Alema lo ha voluto mettere a capo della magistratura...». E Cossiga cita: «"La giustizia promana dal Re ed è in suo nome esercitata da giudici da lui nominati"... cose da grande monarchia francese, Luigi tredici, Luigi quindici, anche se poi si arriva a Luigi sedici...». Il re che fu ghigliottinato. Fabio Martini so alla trasformazione del proprio Stato, i «professionisti» sono tornati nella stanza dei bottoni e sono decisi a restarvi. La Bicamerale, quindi, è il successo di una strategia conservatrice e restauratrice. Ripeto: non tutti quelli che ne faranno parte sono conservatori e restauratori. Sono personalmente convinto, ad esempio, che Massimo D'Alema abbia per sé e per il proprio partito un disegno politico strettamente collegato alla prospettiva di una grande riforma costituzionale. Il suo discorso ieri alla Camera è stato abile e convincente. Ma il fatto che le riforme si facciano in Parlamento tra «uomini di bottega» preannuncia mia sorta di «conflitto d'interessi» fra la politica delle istituzioni e la politica dei partiti. Il rischio, come molti hanno osservato, è quello di un continuo baratto fra le istanze nobili del rinnovamento costituzionale e le ambizioni meno nobili delle forze politiche o dei singoli leader. E' difficile immaginare che i dibattiti della Commissione bicamerale avranno la tensione morale e intellettuale di quelli dell'Assemblea costituente fra il 1946 e il 1947. Il terzo atto, tuttavia, resta da scrivere. Trattenuti fuori della porta dagli addetti ai lavori, i cittadini italiani possono ancora

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