Fuga dal ghiacciaio della paura

Fuga dal ghiacciaio della paura Fuga dal ghiacciaio della paura Courmayeur, evacuata la zona a rischio dove viene in vacanza il re Juan Carlos di Spagna. L'ultima volta, appena non troppo tempo fa, a novembre, quand'era arrivato per la stagione della caccia al camoscio. Ha chiuso anche l'altro albergo, di Planpincieux, della Alda Seguili. Poi i due ristoranti, e i quattro noleggi di sci. Uno è quello di Marco Albarello, campione di fondo. Sono 30 le persone che hanno dovuto sloggiare. L'anno scorso, che non era un inverno come questo, per tre mesi visse qui Jean Alesi, l'ex pilota della Ferrari. Ora, è tutto fermo, tutto evacuato. Tutto così strano. E per qualche giorno, fino a quando il seracco non si sarà staccato, questo pianoro resterà così, un po' irreale, nel suo silenzio e nel suo deserto, come un paesaggio lunare. Si sente solo il fischio del vento. Nient'altro che qualche gatto randagio. E' come un paesaggio da film. Albarello agli amici rac- casa, i larici e i pini laggiù. Duo e cinque anni fa, quando c'erano stati otto morti, e lei potrebbe ricordare quel fracasso enorme, quel tornado che scendeva dalla montagna, potrebbe rivedere tutto come se fosse oggi. Oscar Tajola, il presidente del Soccorso alpino di Courmayeur, dice che «quelle volte erano venuti giù di notte, i seracchi, sempre prima delle cinque». Se facciamo i bravi, non succederà niente, dice. Allora, D'Antoni è andato dalla Alda e l'ha convinta: «Vedrai, due giorni e poi è tutto risolto». E' sceso anche Massimo Domaine, il titolare del ristorante Le Clotz, che quando gliel'avevano dotto era andato su tutto le furie, e aveva giurato che lui non si sarebbe spostato, che non aveva paura: «Guardi, io dormo senza chiudere le imposte e continuo a farlo pure adesso che dovrebbe venir giù la valanga. Perché se viene a noi non fa nien- L'ultima a lasciare la sua casa è stata un'anziana che da 40 anni non si muoveva Il capo del soccorso alpino: «Le ultime nevicate potrebbero alimentare la valanga» DAL NOSTRO INVIATO E' questo il quartior generalo, questo capannone sommerso dalla neve, con l'elicottero giallo e verde della Finanza fermo ai bordi dello spiazzo, gli spalatori che posano la vanga e si scaldano le mani, il brigadiere Viglione che chiama por radio i piloti, il signor Luigi D'Antoni che vuole sapere quando potrà tornare a casa. E' tutto qui attorno, la valanga che è venuta e quella che verrà, e gli uomini che aspettano di sentirla, con il suo rumore di vento, di tornado che spazza ogni cosa, con il suo soffio che si rovescia sulle disceso. Se ti volti a monte, dietro quella cortina di fumo che scende dal cielo, puoi immaginare le Grandes Jorasses, le sue muraglie di ghiaccio che incombono sulla valle. E' lì che si deve staccare il seracco, lassù, a più di quattromila metri. Davanti, c'è questa montagna nuova, imbiancata dalla neve, che è il fronte della valanga scesa l'altro giorno dalla Brenva rimasto in faccia a noi come un mare senza respiro: e là sopra, sulla destra, dietro la cima, c'è il traforo del Bianco. Se continuava a nevicare, erano pronti a chiuderlo, a sgomberare tutto, anche l'hangar e la funivia di Entrèves, 20 metri più in basso, come dice Delfino Viglione. Adesso il ciclo è una cappa grigia, una bruma fumosa che scende sullo coste, ma che non lascia pivi nove da questa mattina. Por fortuna. Ora, a La Palud hanno già chiuso la Val Ferret: c'è una sbarra che ne impedisce l'accesso. Hanno liberato caso o alberghi, hanno portato via la gente, e alle sei della sera Luigi D'Antoni e sceso alla Commissione Valanghe a dire che orano venuti gin tutti. E l'ultima che e venuta via da lì, è l'Alda Seguili, che ha 70 anni e da 40 non si muoveva dalla sua casa di pietra rasa con il tetto in ardesia, sempre a guardare il mondo da queste finestre aporto sulla valle e sul pianoro. Lei ricorda di aver visto altre valanghe, di aver vissuto altre paure, sempre dentro questa te». Però, alla fine ha preso la sua roba ed è partito. E poi, è partito Lodovico Colombari, che scendendo giù da lì è andato pure a infognarsi con la macchina nella neve. Dopo le sei di sera, è rimasta solo quella sbarra abbassata, vicino alla funivia del Monte Bianco. Ci sono due chilometri e mezzo di strada che passano nei boschi di pini e abeti, per arrivare a Planpincieux. Qui, ha dovuto chiudere l'albergo Miravalle, che è quello conta sempre che queste sono le più belle piste da fondo del mondo. Una, la più piccola, va giù nel bosco. Ma oggi non ci sono nemmeno più i binari, nemmeno le tracce. C'è solo il silenzio. L'attesa. Il fatto è, come dice Ferdinando Derriard, il sindaco di Courmayeur, che «dalla posizione assunta e dall'inclinazione, la massa di ghiaccio dovrebbe infilarsi in un colatoio naturale che gira proprio verso l'Alta Val Ferret». Era una precauzione da prendere,

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