«Via dall'asilo il figlio del pm»

Raccolta di firme per il trasferimento del giudice di piazza Fontana: «Abbiamo paura» Raccolta di firme per il trasferimento del giudice di piazza Fontana: «Abbiamo paura» «Via dall'asilo il figlio del pm» Gruppo di genitori contro la Pradella In sei anni si sono tenuti sei processi La Cassazione decide sull'omicidio Calabresi Se conferma la sentenza d'appello Sofri e compagni vanno in carcere MILANO. Non è difficile immaginarsi cosa sia l'Associazione genitori Basiglio-Milano 3: per lo più mamme, benestanti, impegnate a organizzare la recita di fine anno piuttosto che la vendita benefica di centrini e vasetti o la mostra dei disegni dei loro pargoli. Insomma l'attività dei genitori di allievi delle pubbliche ed efficienti scuole di un quartiere residenziale. Ma ecco che improvvisamente queste mamme passano dalle festicciole ai proclami e alla raccolta di firme. E tutto per cacciare una giovane donna, Grazia Pradella, mamma pure lei di un bambino dell'asilo, che vive vicino alle scuole e che ha l'insopportabile «difetto» di fare il magistrato. Per di più occupandosi di un'inchiesta difficile e rischiosa come quella per la strage di piazza Fontana. Dunque - ragionano le «brave mamme» di Milano 3 - mettendo in pericolo i nostri bambini. A fine novembre l'Associazione stila un volantino rivolto «A tutti i genitori, a tutti gli insegnanti» in cui annuncia di «farsi promotrice di una raccolta di firme per richiedere il trasferimento di alloggio del magistrato abitante in...» (e qui - incurante di un minimo rispetto della sicurezza - l'Associazione scrive a chiare lettere l'indirizzo di Grazia Pradella). Il volantino prosegue informando di come e quando «verranno allestiti banchi di raccolta firme all'uscita delle scuole» (elementari, materne e nido) e spiega il «senso» dell'iniziativa. Testualmente: «Dal momento che qualsiasi tentativo dell'amministrazione per risolvere l'insostenibile situazione si è purtroppo dimostrato vano, invitiamo genitori, insegnanti e chiunque fosse interessato alla questione a sottoscrivere questa petizione in modo da avere il maggior peso possibile ed ottenere una soluzione radicale e definitiva». (Qui si potrebbe osservare che a una «soluzione radicale e definitiva del problema» pensava anche chi, una sera della scorsa estate, ha puntato un fucile contro il poggiolo di Pradella. Ma certo le «brave mamme» di Milano 3 non avevano in mente questa cosa: basta che il magistrato vada via da lì, magari facendo pure cambiare scuola al bambino). Sopra cotanta prosa dell'Associa¬ zione genitori sconcerta la presenza dello «stellone» della Repubblica italiana, lo stesso stellone che Pradella serve con coraggio: il volantino infatti era stato timbrato dalla «direzione didattica statale Basiglio (Mi)» e distribuito nelle classi. Fino ad arrivare anche in mano al bimbo Pradella, che se lo è tranquillamente portato a casa. Un'iniziativa contro un funzionario dello Stato con l'avallo di un pubblico ufficio? Il dottor Albanese, dirigente vicario delle scuole di Milano 3, minimizza. «Un incidente - dice - un equivoco. Ho messo il timbro senza leggere bene il volantino. Appena l'ho letto attentamente l'ho fatto ritirare e ho vietato la raccolta di firme davanti a scuola». E' vero: i banchetti non sono stati allestiti. Ma nel frattempo c'è stato anche un intervento della Digos che ha «aiutato» i responsabili delle scuole di Milano 3 a «meglio valutare» quanto avevano permesso fosse distribuito. E Grazia Pradella? Da brava mamma (sul serio) non ha voluto pubblicizzare l'episodio e si dimostra stupita. Ma non nasconde che quel volantino «mi ha amareggiato più di una minaccia. Quella una se l'aspetta, è fisiologica direi. Ma un'azione simile mi sembra quantomeno discutibile sul piano civico: un magistrato pensa di rappresentare lo Stato». E certo non si aspetta che in una scuola statale ci si dia da fare per cacciarlo. Ci possono certo essere problemi legati alla presenza della scorta... «Le misure di sicurezza che mi riguardano - spiega Pradella - non sono state chieste da me, ma sono purtroppo necessarie per tutelare la collettività. E poi io a Basiglio non sto tutto il giorno e cerco di fare, e di far fare a mio figlio, la vita più normale possibile: solo in due occasioni l'ho accompagnato a scuola con la scorta e solo perché era davvero necessario». Discrezione, cautela. Non basta: per le «brave mamme» di Milano 3 la mammamagistrato deve andar via. MILANO. Oggi la Cassazione dovrebbe dire la parola definitiva sul processo per l'omicidio Calabresi. Ma la lunga catena di avventure giudiziarie che ha accompagnato il processo a Adriano Sofri, Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani ha riservato così tante sorprese e ribaltoni che ogni certezza sembra azzardata. In sei anni si sono già tenuti ben sei processi sull'omicidio del commissario di polizia che risale al 1972. L'ultima sentenza risale al '95 quando la corte d'Appello di Milano, sulla base delle accuse rivolte nel 1988 da Leonardo Marino, prese questa decisione: condanna a 22 anni per Sofri, Bompressi e Pietrostefani, prescrizione del reato per Marino, che si era autoaccusato del delitto. Oggi la corte di Cassazione dovrà pronunciarsi sul dispositivo della sentenza, valutando la coerenza interna della sentenza. Il problema è che non potrà tener conto del procedimento avviato a Brescia nei confronti del giudice Giangiacomo Della Torre - il presidente della giuria che ha pronunciato il verdetto di colpevolezza verso gli imputati nel novembre '95 - accusato da Adriano Sofri per aver condotto «con pregiudizio» il processo che si è tenuto nella Terza Corte d'Assise milanese. Nel caso che la Corte di Cassazione confermi il verdetto milanese, potrebbe accadere che i tre imputati siano condannati in maniera definitiva sulla base di una sentenza che un altro tribunale potrebbe giudicare pilotata e quindi illegale. Degno epilogo di una vicenda che ha ormai assunto caratteristiche incredibili: la Corte d'Assise d'Appello di Milano si è trovata a condannare una prima volta gli imputati, poi ad assolverli, infine ancora a condannare. La Corte di Cassazione, a sua volta, una volta ha annullato le condanne, un'altra ha annullato le assoluzioni. Adriano Sofri Il magistrato Grazia Pradella si occupa dell'inchiesta per la strage di piazza Fontana e ha un bambino che frequenta l'asilo a Milano 3 Susanna Marzolla Lunga audizione Inchiesta a Napoli Appalto Calcestruzzi Il viaggio più atteso Fin dall'inizio della vicenda processuale, dopo le clamorose accuse di Leonardo Marino, la partita si è giocata sul terreno della credibilità delle accuse del teste Marino. La Corte d'Assise, in data 2 maggio 1990, mostrò di credere alle accuse del teste pentito che, a distanza di 16 anni, rivelò le presunte circostanze di quel delitto. Anche il secondo atto della vertenza processuale fu a vantaggio dell'accusa: la corte d'Appello confermò, il 12 luglio del '91, le conclusioni del primo processo. Poi, il primo ribaltone. La Corte di Cassazione, a sezioni unite, annullò il 23 ottobre del '92 le sentenze di condanna e ordinò il rinvio a un nuovo processo d'appello. La corte d'appello di Milano, chiamata di nuovo in causa, stavolta decise per l'assoluzione. Si era arrivati, intanto, al 21 dicembre del '93: cinque anni dopo le denunce di Marino, 21 anni dopo l'omicidio del commissario già nell'occhio del ciclone per le indagini su piazza Fontana e la fine dell'anarchico Pinelli. Tutto finito? Assolutamente no. Ci fu un secondo appello in Cassazione e anche in quell'occasione la Corte si pronunciò per l'annullamento della sentenza. E, ovviamente, esplosero le polemiche anche perché la sentenza annullata poggiava su motivazioni cosi inconsistenti da sembra votata al suicidio. Di qui l'annullamento del 27 ottobre del '94 e l'ultimo (per ora) atto: la condanna dell'11 novembre. Oggi, in Cassazione, si replica per la settima, forse ultima volta. Al centro dell'esame dei giudici ci sarà la coerenza interna del percorso che ha portato alla sentenza. Ma, sullo sfondo, ci saranno le contestazioni di Sofri a Della Torre. Su questo capitolo deciderà Brescia. Non sono in molti a credere che quella di oggi, in Cassazione, sarà l'ultima parola sul caso Calabresi. [r.m.]