La notte brava di William II di Paolo Guzzanti

La notte brava di William II La notte brava di William II Da un party all'altro, conteso da tutti Bill ha suonato la batteria nella grande festa per la gente dell'Arkansas A fianco il presidente Clinton balla con la moglie Hillary Sopra, la coppia brinda col «nemico» repubblicano Gingrich rendere. Ma l'elemento umano era accolto nella perfetta organizzazione, sotto una regia fantasmagorica ed eccessiva. Né l'ufficialità, né il grande ballo hanno mai dovuto sopportare simboli falsi, lugubri. Trionfava il basso e amichevole profilo del circo equestre che ha occupato Washin- me. Ed è questo che li commuove. Li commuove, e lo dicono, il fatto che questo Paese diviso in Stati, lingue, razze e ormai anche in lingue diverse, si ritrova spontaneamente unito come un paesino alla festa del santo patrono. La gioia poi finisce nelle grandi balere, ma ieri le piste da ballo erano templi laici di una nazione che si sente unita, sola, enorme, protesa verso il futuro: cioè si sente così come l'ha descritta l'uomo che hanno eletto ed è con lui che vogliono ballare la Macarena. Probabilmente il discorso di Clinton sarebbe stato impronunciabile in Italia, diretto com'era a una comunità abituata a una comunicazione forte ed elementare come un servizio pubblico. E la forza elementare accumulata durante la giornata ufficiale dei discorsi, calata la notte si è scatenata nelle gelide strade di Washington, diventando un rito orfico e al tempo stesso un evento senti- tl!ÌÌÌSi 8lon- tl!ÌÌÌS Il contenuto del tendone immaginario che contiene questa festa sparsa nella capitale è proprio quella fisicità umana di cui dicevamo. Si tratta di una fisicità nazionale, ma non ha nulla a che vedere con elementi ideologici, è soltanto un modo di sentire collettivo che è comune ai Paesi di frontiera. La chiave per capirli credo che sia questa: sentono di sentire insie¬ polo, darsi fisicamente al popolo dei cittadini per un giorno. All'aperto fa un freddo secco e astioso, ma non da assideramento. E al freddo si oppone un calore umano, fin troppo umano in certi casi, che le immagini della televisione non possono minimamente in attesa dell'epifania regale. Poi, quando la giornata dei discorsi ufficiali è finita, tutti sono corsi a prepararsi per il grande ballo, suddiviso in molti luoghi in ciascuno dei quali era attesa l'epifania della coppia regale con figlia, convocata per compiacere il po¬ Catturato da due passanti, la piccola è grave. Furiose polemiche nel Paese assa tutte le top model mentale e innocuo. Nulla di simile alle adunate convocate dalle dittature ideologiche. Nessuna uniforme, libera uscita di cittadini variopinti, spesso ridicolmente travestiti: ieri sera l'unica uniforme era la cravatta nera per chi aveva comperato il biglietto delle feste nelle quali si è fatta vedere, per undici minuti precisi, la famiglia presidenziale, come garantito nel prezzo al botteghino. La decisione di ridurre le comparate alle feste a soli undici minuti è stata presa all'ultimo momento, quando i Clinton si sono resi conto che non ce l'avrebbero fatta ad arrivare alle quattro del mattino, come da programma. E infatti hanno raggiunto i loro letti alle due e mezzo. Bill Clinton ha anche suonato la batteria per un minuto nella sala in cui ero andato (quella della gente dell'Arkansas e New Hampshire) deludendo chi lo voleva al sassofono: ma al presidente hanno consigliato di lasciar perdere lo strumento a fiato, perché è legato alla sua vecchia immagine un po' troppo sconsiderata e contestatrice, mentre a dare due colpetti ai bongos non ci si rimette nulla. Hillary ha ballato con il cognato Roger Clinton (The First Brother) il quale ha voluto poi per forza cantare «Walkin'the Dog», provocando la polemica uscita di qualche cantante convocato e che non ha potuto esibirsi. Tutto quel che ho visto è durato undici minuti, ma hanno appagato la gente. Che ballava, era felice e commossa. Era felice perché il re della Repubblica era venuto a rendere omaggio ai cittadini: questo è ciò che i cittadini acquirenti si aspettavano da lui. Qui il cittadino che paga (le tasse, un biglietto, l'assicurazione...) si aspetta sempre di essere servito all'istante e con la massima cortesia. E il suo presidente è venuto a confermare che, almeno a parole, la politica è servizio. La gente che è affluita a Washington per l'in¬ RUSSIA Creatore della celebre coronazione e vestita e spesso travestita nei modi più stravaganti. La festa stessa e difficilmente classificabile: un po' carnevale, un po' Natale, un po' è Buckingham Palace, un po' è il clima delle convention. Insieme ai buoni sentimenti c'è stato il gusto della parodia, della festa dei bambini e della parata in pompa magna. Sicché il pianto, la commozione silenziosa e semplice, quel brivido da cartone animato triste clie ti corre nella schiena, è il risultato che producono le corde dell'unità popolare: è qui forse che è possibile constatare come gli Stati Uniti d'America siano una nazione stranamente unita, persino politicamente, visto che repubblicani e democratici trincano insieme la stessa birra. E' un'umanità nazionale curiosa: in frantumi come un caleidoscopio, perché mai l'America si è mostrata come ieri, la campionatura più vasta e unita dell'umanità con le sue facce cinesi, messicane, vietnamite, nere, russe, pakistane, caraibiche, latine, arabe. Il comune sentire era palpabile, concreto. E si è visto anche come sia impetuosa e trionfale l'ascesa dell'America Nera (vera regina visibile di questa festa) raccolta sotto l'imponente nome di Martin Luther King. E anche l'America di destra qui è in festa: i repubblicani dell'apparato hanno dato banchetti con la scusa di festeggiare il lutto. Quando gli sono stato vicino, mentre saliva sul palco, Clinton è apparso stanco, febee ma anche turbato dalla stessa commozione collettiva di cui era in un certo senso la causa. Era commosso perché crede sinceramente nel lancio di questo satellite solitario che è l'America verso l'iperspazio del futuro, con tutta la sua energia, la carica rivoluzionaria travolgente del più grande ceto medio di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Paolo Guzzanti «Stolichnaja Kristall»