Il pds nella nuova Internazionale

Il pds nella nuova Internazionale Il pds nella nuova Internazionale D'Alema-Veltroni, uniti a metà Polemica tra Martelli e la lotti ROMA. Col suo passo lento e il suo sguardo dolente, Shimon Peres entra nel salone dell'hotel Sheraton, avanza a piccoli passi, offre la mano ai tanti che gliela tendono, pian piano sale alla presidenza e saluta Massimo D'Alema. Una stretta di mano che sfugge a molti fotografi e uno di loro urla: «Segreta' un altro scatto!». E D'Alema: «Abbiamo già fatto...». Ma il leader del pds non resiste alla tentazione e capitola in un batter di ciglia: tende la mano, Peres ricambia, i fotografi sono felici e D'Alema si risiede con un sorriso che gli resta impresso sulle labbra per qualche secondo. Trascorre un'ora e al consiglio generale dell'Internazionale socialista sbarca per la prima volta Yasser Arafat: anche lui col passo lento sale alla presidenza, dà la mano al presidente Pierre Mauroy, appena vede D'Alema lo abbraccia e qualche attimo dopo allarga le braccia attorno alle spalle di Shimon Peres. Due «istantanee» che raccontano il personale successo di Massimo D'Alema, ma che al tempo stesso offrono uno spaccato sulle ambizioni della «nuova» Internazionale socialista: una organizzazione capace di far abbracciare i due vecchi nemici del Medio Oriente, annoverare personaggi come Nelson Mandela, nella speranza di poter aspirare a quel ruolo «universale» che il vecchio club dei partiti socialdemocratici non è mai riuscito ad assolvere. E questa mattina sarà l'ex premier spagnolo Felipe Gonzàlez ad illustrare a porte chiuse (ma lui preme per aprirle) alcune proposte per arrivare «ad una piattaforma di valori del socialismo per il ventunesimo secolo». A questa Carta della «nuova» Internazionale lavorerà per due anni una commissione di 14 membri guidata da Gonzàlez e della quale faranno parte soltanto due esponenti dell'Europa occidentale, la «culla» spodestata della socialdemocrazia. Affiancherà la commissione un «Senato del mondo», un consiglio consultivo di personaggi e intellettuali. Ed è in questa «nuova» Inter- Massimo D'Alem ale, i drammi sono altri» a nazionale che D'Alema si ritaglia un piedistallo e cerca di collocare in posizione di primo piano il suo partito. Una «nuova» Internazionale, ma pur sempre con una denominazione socialista e non genericamente democratica. E infatti nel saluto che ha aperto i lavori, D'Alema ha parlato del pds come di una «sinistra democratica di ispirazione socialista», una aggettivazione che invece è più stemperata nel saluto portato più tardi da Walter Veltroni, che ha sottolineato come «la sinistra italiana non si sia chiusa, ma abbia sentito il bisogno di un terreno comune con altre culture». D'Alema e Veltroni si sono ben guardati dal proporre un plateale teatrino - Quercia contro Ulivo ma hanno fatto capire, con sfumature diverse, quel che, forse, li distinguerà al congresso del pds. D'Alema, da vice-presidente, tutto dentro il progetto della Internazionale socialista, una forza che abbia 1'«ambizione di essere la regolatrice della modernizzazione», in una «prospettiva mondiale» e dunque con una organizzazione non più «eurocentrica», «che non si chiuda nel proprio passato, per quanto glorioso». Un discorso molto ambizioso quello di D'Alema, che punta a diventare uno dei capofila dei movimenti di recente ingresso nell'Internazionale, ma anche un discorso con una piccola, singolare omissione. D'Alema nel suo saluto si dimentica di citare i socialisti italiani e il psdi e più tardi costringe il presidente Mauroy a «ringraziare i compagni Boselli e Schietroma». Ben più plateale la polemica innescata da Claudio Martelli contro Nilde lotti («Colpisce vedere qui la vedova di Togliatti: vuol dire che la storia non finisce») e su D'Alema («Vuole entrare nell'ortodossia della socialdemocrazia»). Replica D'Alema: «Quisquilie...». E Umberto Ranieri: «Martelli ha detto una sciocchezza». E la lotti mentre lascia lo Sheraton: «Martelli ha da ridire? Ma io qui ci sto proprio bene, glielo dica a Martelli...». ma Fabio Martini NUDI AL DUEMILA vergenza d'intenzioni tra Stato e fornitori può non essere casuale. Ma non è la scuola che è persa, in fondo, la vita è persa; l'unione degli imbecilli di tutto il mondo ha perso la vita, ne brucia una fetta ogni giorno, la scortica, la murila... Tutta questa «preparazione al Lavoro», dico la verità, mi sembra un cerimoniale di morte. Chi sa: ci sarà qualche insegnante che si ribellerà, che dica no l'informatica in classe non ce la faccio entrare, materie cretine mi rifiuto d'insegnarle, raschierò insieme con questi poveri ragazzi il fondo della pentola della poesia, impareranno l'etologia e a tener pulite le strade, a diffidare delle parole e delle immagini, e le costellazioni, i buchi neri, il tarocco, l'automedicazione - e ad attendere il Messia che non verrà ma sta venendo...

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