«Non siamo una fabbrica di mostri»
« « Non siamo una fabbrica di mostr 77 vescovo e il sindaco: la città vera è un 'alt Giulietta Furlan non lo sa, quel che ha detto il magistrato. Non ne può più, passa da un malore all'altro, piange i suoi quattro figli in galera e affida all'avvocato Massimo Bianchi un appello per i suoi ragazzi in cella: «Chiedo ai miei figli di dire la verità, tutta la verità. Se sono stati loro, è giusto che paghino». Poi si riprende subito, e aggiunge: «Ma io lo so, lo sento, che sono innocenti». Fuori, i ragazzi, guardano le auto dei carabinieri e pensano «adesso chissà chi vanno a prendere», «adesso magari tocca a me, vengono qui e mi portano via». Alessandro Burato, 19 anni, spiega: «Io il mio nome e cognome lo dico, perché ho un alibi di ferro. Quella sera dei sassi ero al mare. Ma gli altri, tutti quelli che dicono che sono amici dei Furlan, li prendono i carabinieri e li martellano per ore. Io posso parlare, posso stare tranquillo. Ma gli altri no: qui non si capisce più niente, uno sospetta l'altro, uno accusa un fratello, l'altro un amico. E' un casino, finirà che ci accuse- Vito vola a casa Furlan a farsi vedere da Sergio, e Tortona fibrilla di nuovo: «E' il padre di Vito che cercano, Luigi Stallone, è amico di Siringo». Vito precisa: «I miei sono separati da tanti anni, di lui io e mia madre non sappiamo nulla». Poco dopo, la notizia è smentita: Luigi Stallone non è ricercato. Al caffè Teatro riprendono i giochini elettronici. Christian e Paolo difendono Sergio Furlan: «Una cazzata così, non è capace di farla». Quelli che si erano improvvisati detective, sono delusi. Volevano dimostrare l'innocenza dei loro amici, e adesso accusano Loredana Vezzaro, quella che ha confessato: «Quando è tornato a casa Sergio, c'era anche lei: che scena che ha fatto. Ha preparato lei la cena, diceva alla madre "usciranno tutti, vedrai, stai tranquilla". E invece c'entrava fino al collo. Che delusione». Ma uno aggiunge: «I Furlan sì, che sono duri. In carcere da sei giorni, e non han detto nemmeno una parola. Altro che Loredana». Anche Pa¬ ranno tutti». Per capire che aria tira, basta raccontare la storia di Vito Stallone. In un baleno, corre la voce che i carabinieri lo cercano. E' un amico di Sergio Furlan, tutta Tortona dopo un'ora parla di lui, lo fa passare per ricercato, poi per fermato. Lui rientra dal lavoro tranquillo, e spiega ai giornalisti che no, non è vero niente, lui è libero come un fringuello. «Sono qui, le pare che sarei a casa se mi cercassero?». Gli amici del caffè Teatro, intanto, sono in pena per lui: «Povero Vito, ma com'è possibile? Lui, che non farebbe male a una mosca, che ha pianto quando hanno arrestato Sergio, il più tranqriillo di tutti noi». Paolo corre a portare la cattiva notizia a casa di Sergio Furlan. E alla fine, a Vito tocca andare in centro, a farsi vedere da tutti: «Sono qui, guardatemi tutti, non è vero che mi cercavano, è tutta una balla». Quando arriva al caffè Teatro, è un trionfo: pacche sulle spalle, sorrisi, «lo sapevamo che tu non c'entravi, non potevamo crederci». mela Ibba è un'amica dei Furlan: «Se sono loro, sono da tirare giù dal cavalcavia». Fuori, c'è r«altra» Tortona. Quella che non conosce i protagonisti, quella che si indigna. I ragazzi che dicono: «Nel giro dei Furlan, c'è la feccia, il peggio di noi ragazzi».
Luoghi citati: Vito, Vito Stallone
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