L'inflazionefredda riscalda Piazza Affari di Valeria Sacchi
L'inflazionefredda riscalda Piazza Affari L'inflazionefredda riscalda Piazza Affari SEMPRE azzardato estrapolare dalla cronaca indicazioni di respiro storico, ma occorre, appunto, azzardare se si vuole comprendere ciò che sta accadendo sui mercati finanziari. Noi vediamo il nostro rialzo impetuoso, prorompente, inusitato, quindi meritevole comunque dell'attenzione che ad esso è stata rivolta. Ma alla condizione di non trascurare che è la versione nazionale di una tendenza mondiale la quale, sia pure con specifiche peculiarità e diverse gradualità, ha investito quasi tutte le Borse del mondo. La riprova di.tale asserzione sta nel fatto che un incidente come quello nel quale il governo è incappato con il decreto sulla Stet, e che ha messo in discussione l'esistenza di una maggioranza parlamentare, non ha scalfito la tendenza fortemente rialzista del mercato azionario e dei titoli di Stato. In altri tempi, per molto meno, si sarebbero levate grida sull'instabilità politica e sulla presunta e conseguente irrecuperabilità di questo Paese che avrebbe aizzato a vendere precipitosamente azioni, titoli, lire. Con pochissime eccezioni, tra le quali solo la Borsa di Tokyo è rilevante, il fenomeno è, dunque, mondiale. Anzi, si potrebbe dire che è il primo rialzo globale che investe i mercati azionari guidato, stimolato e confortato dalla Borsa di New York la quale, col sicuro passo del fondista, macina record nel crescente stupore di analisti e veggenti. E globali sono, ovviamente, le cause che questo rialzo stanno producendo. La principale, perché tutte le riassume, è la riduzione dell'inflazione ed il suo consolidamento strutturale su livelli bassi. Anche qui, noi vediamo la pur portentosa versione italiana di un fenomeno che, però, è in primo luogo mondiale. L'inflazione elevata, quella a due o più cifre, è ormai circoscritta a pochi Paesi del tutto marginali sotto il profilo economico. Gli standard di prezzo, che si vanno affermando con il crescente ruolo svolto nel commercio internazionale dai Paesi asiatici, hanno imposto un rallentamento della dinamica dei prezzi industriali anche nei Paesi di più consolidato sviluppo ed hanno concorso a stabilizzare su livelli contenuti i prezzi delle materie prime e dell'energia. Tra i tre fondamentali fattori della produzione, questo processo ha dunque investito prima le risorse e il lavoro, e solo da ultimo anche il capitale. Il prezzo del capitale ha resistito più a lungo per motivi meta-economici (ad esempio la difficoltà di mettere a punto metodi e strumenti per un efficace governo delle crisi finanziarie internazionali del tipo di quella messicana), o più schiettamente politici (come le tensioni regionali quali quella israelo-palestinese o quella jugoslava), o ancora per le incertezze sui grandi processi di integrazione (quello monetario europeo soprattutto). Ora questi motivi si sono almeno sbiaditi, la loro carica di angoscia si è ridotI ta; la finanza internazionale è I meno tesa e meno scossa da tur- bolenze speculative. Il premio contro i diversi rischi impliciti negli impieghi a medio e lungo termine si è ridotto, e questo, unitamente al generale raffreddamento dell'inflazione, ha concorso a ridurre i tassi di interesse o, comunque, le attese sul loro andamento futuro. Di conseguenza, a parità di ogni altra condizione, il valore delle imprese quotate nelle Borse aumenta poiché si riduce il rendimento che il capitale finanziario può ragionevolmente pretendere. Se proprio si vuole cercare un motivo economico che possa sostenere questo rialzo lo si potrebbe individuare nei fatti coreani; nel fatto, cioè, che la più aggressiva delle «tigri» del Sud-Est asiatico sembra giunta a quella svolta, tanto attesa nell'intero Occidente, che impone alla competitività industriale e commerciale di fare i conti con le prime istanze di reale sindacalizzazione e con le conseguenti richieste di protezione sociale. La cronaca è ancora troppo calda per autorizzare conclusioni, ma forse siamo in presenza di un principio di riequilibrio, a favore dell'Occidente industrializzato, delle condizioni di competitività che hanno profondamente spostato l'asse dello sviluppo economico del mondo. Per l'Italia, Paese marginale nei grandi circuiti finanziari internazionali, l'aggiustamento ha assunto forme virulente per l'inerzia su una situazione di torpore nella quale il mercato azionario da tempo ristagnava. Un torpore così profondo che ancora una volta il processo di adeguamento, a quel che dicono gli stessi operatori, è stato innescato da investitori istituzionali stranieri, e si è tanto vistosamente amplificato proprio per la corsa precipitosa a correggere, compensare o aprire, nella direzione conseguente, le posizioni speculative. Senza nulla togliere alla sostanza del rialzo, è conveniente ribadire la sua natura essenzialmente finanziaria, essendo fin troppo evidente che poco o nulla sta cambiando nella realtà delle aziende quotate, nel contesto di politica economica nel quale devono operare e nella loro strategia ancora troppo sbilanciata sulla competitività di prezzo. In queste condizioni, ben venga un riproporzionamento dei valori delle aziende italiane su quelli che le altre Borse attribuiscono alle aziende di altri Paesi, ma di qui ad una partecipazione convinta e stabile del risparmio ce ne corre: occorrono opportunità, strumenti di intermediazione e cultura che non si inventano né in poche settimane, né in pochi mesi, e neppure in pochi anni. esi Bri | Alfredo Recanatesi Bri sidenza retta per due mandati da Ernesto Paohllo. Sabato sarà di scena il governatore Antonio Fazio. Domenica, dopo gli interventi del presidente dell'Istituto monetario europeo Alexandre Lamfalussy, del viceministro delle Finanze giapponese Talcatoshi Kato e di Peter Kenen, economista americano, sarà invece l'ex governatore Ciampi a chiudere i lavori. Oggi è il giorno del D Day Olivetti. L'amministratore delegato Roberto Colaninno e la Centenary annunceranno l'accordo per il passaggio di proprietà della divisione personal. Ed è anche il giorno di un «ritorno», quello di Giulio Andreotti che presenterà al Circolo della Stampa di Milano il suo libro «De (Prima) Re Publica». Ne discuteranno assieme Roberto Formigoni, Gianfranco Miglio e Angelo Panebianco. Antonio Fazio sembrano sordissimi. Lui però ha altri motivi di consolazione. Oltre ad avere visto crescere il valore dell'investimento, è diventato un mito. Risparmiatori grandi e piccini lo tempestano chiedendo consiglio. Per telefono, se riescono a trovare il numero, altrimenti per lettera. Non male per un signore che ha fatto la sua fortuna con l'autotrasporto, cominciando dal nulla. Fine settimana al massimo livello per Milano, dove con un convegno di alto profilo il Forex italiano celebrerà il 40° anniversario dalla fondazione e darà l'addio alla pre- Valeria Sacchi
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