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F F Allargamento Nato un incubo a Mosca OSSERVATORIO INGOIARE coincidenza: nello stesso giorno in cui s'inaugura solennemente (e festosamente) a Washington la seconda presidenza Clinton, a Mosca si apre la fase decisiva di un severo confronto politico e diplomatico, il cui tema è l'allargamento della Nato a Est, e dunque il rapporto che s'instaurerà tra Occidente e Russia negli anni e anche nei decenni futuri. Non so se la coincidenza sia casuale o voluta. Certo non è la sola. Mentre un Clinton trionfante dà inizio al suo secondo mandato alla Casa Bianca, la sua controparte al Cremlino, il presidente Eltsin, è ancora in un letto d'ospedale, con prospettive personali e politiche notevolmente incerte. In compenso, fra gli invitati (sia pure «non ufficiali») alla grande cerimonia americana, c'è o dovrebbe esserci il possibile, o potenziale, successore di Eltsin, l'ex generale Lebed, del quale, peraltro, non si conoscono con precisione le vedute politico-strategiche. E insomma, nonostante Washington sia impegnata nei festeggiamenti, è scattata una corsa contro il tempo, per cercare di capire se e a quali condizioni sia possibile un'intesa con Mosca (e con chi a Mosca), prima del vertice Nato di luglio, durante il quale si deciderà comunque sull'«allargamento». I protagonisti del confronto diplomatico odierno (almeno cinque ore, in un luogo appartato) sono il segretario generale dell'Alleanza Atlantica, Javier Solana, e il ministro degli Esteri russo, Evgenij Primakov. Secondo informazioni del «Washington Post», in cambio dell'accettazione, o della non opposizione, russa all'ingresso nella Nato di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, Solana farà a Primakov le seguenti offerte: disponibilità americana a un nuovo accordo nucleare («Start-3»), che perfezioni l'equilibrio strategico, eliminando i timori russi di una superiorità degli Usa nei sistemi di lancio sottomarini (concessio ne, se confermata, non da po co, come sanno gli esperti di strategia); intenzione di non dislocare testate atomiche nei Paesi neo-atlantici; maggiori aiuti economici; e soprattutto un ruolo per la Russia di «partner speciale» dei sedici mem I bri della Nato, con obbligo di I consultazione e discussione su ogni arg' -ento di reciproco interesse. Con questo limite, però, che non potrà mai esserci un diritto di veto russo sulle questioni cruciali della «sicurezza». E qui sta il nodo vero, o, se si preferisce, il rospo che i russi dovrebbero ingoiare. Tuttavia si sa che i rospi s'ingoiano non per piacere, ma per necessità, cioè per evitare guai peggiori o per procurarsi dei meriti. Quanto ai guai peggiori, il riaccendersi di un contrasto grave è un pericolo per l'America e per l'Europa, ma lo è ancora di più per la Russia, chiunque sia a dirigerla, perché vorrebbe dire la fine di una difficile, ma vitale, cooperazione economica con l'Occidente, e non parliamo della prospettiva di una nuova gara strategica, della quale nessuno a Mosca, di destra o di sinistra, può permettersi i costi (l'alternativa di un'alleanza anti-occidentale con la Cina è puramente tattica, non ha significati concreti). Quanto ai meriti, una Russia che accettasse un realistico e più che dignitoso accordo con l'Occidente, dopo la fine della tragica utopia comunista, avrebbe il compenso di un inserimento stabile in in sistema politico-strategico-economico, che appare tuttora quello vincente, nonostante le sue molte difficoltà. Che scelta farà la Russia? E chi per essa? Tra gli ospedali e le torri del Cremlino, ma anche tra i grattacieli del nuovo potere finanziario e le vecchie stanze dell'ideologia slavista, imperial-contadina. Il problema, per l'Occidente, è che non è detto che a Mosca, che resta la seconda capitale del mondo nucleare, a parte il suo immenso peso geopolitico, prevalga la razionalità. E tuttavia l'Occidente non può rinunciare più che tanto alla vittoria nella Guerra fredda. L'ombra di un dilemma, forse epocale, sulle feste di Washington J

Persone citate: Clinton, Eltsin, Evgenij Primakov, Javier Solana, Lebed, Primakov, Solana, Start