«Ma guai al gallo che canta da solo» di Renato Rizzo

«Ma guai al gallo che canta da solo» «Ma guai al gallo che canta da solo» volta, alla «coscienza» come motore in grado di «far muovere voci liberamente diverse in un mondo democratico, far muovere responsabilità doverosamente diverse nel mondo parlamentare, politico, nelle varie gerarchie dello Stato». Un impegno forte per «il bene di questo Paese» che, qui ed ora, in Sicilia, assume colorazioni drammatiche, stretto dall'assedio della mafia. «Lo Stato deve essere ovunque, senza eccezioni, senza abbassamenti di sguardi. E se lavorare insieme è indispensabile nella comunità nazionale, rasenta il reato se manca in questa terra», intima il Presidente agganciandosi al ricordo del giudice Borsellino. Poi, sull'onda dell'emozione, si lascia afferrare da una vena intimista: «Non ho mai dimenticato che la mia responsabilità di Capo di Stato ha le radici in queste pesanti sofferenze. E' una ricchezza di cui dovrò rispondere davanti a Dio e al Paese» dice a voce più bassa rammentando che fu eletto proprio sulla spinta di quella terribile campagna di stragi iniziata con il sacrificio di Giovanni Falcone. Scalfaro riceve in prefettura il sindaco di Partinico Gigia Cannizzo, che gli racconta l'ultimo sussulto della mafia avvenuto nel suo comune: l'uccisione, quindici giorni fa, di un pensionato, Giuseppe La Franca, cugino del sostituto procuratore dell'antimafia Ignazio De Francisci, stretto collaboratore di Falcone e Borsellino. Un omicidio per im pugno di terra: quella che l'uomo si era rifiutato di concedere, come pascolo, ad adepti di Cosa Nostra. In questo «clima generale di paure e di insicurezza», evocato dal presidente della Provincia Pietro Puccio, Scalfaro si scaglia contro l'intollerabile violenza di chi osa dire: «Nelle tue terre tu non ci vai ed io, mafia, vi faccio ciò che voglio». «No - tuona - non ci può essere una spanna di terra dove lo Stato non comandi: a qualsiasi costo non ci può essere» e gli fa eco il ministro Flick: «La lotta a Cosa Nostra è una priorità del governo, ma Dio ci guardi da una prospettiva di normalizzazione». Molta strada è stata compiuta nella lotta alla Piovra, ammette il Presidente, ma sarebbe colpevole errore «abbassare la guardia». E dà una lettura allarmata di questi momenti ancora insanguinati: «A volte la cattura del numero uno può accentuare l'aggressività dei numeri due e tre. Non sta a me, certo, dare ordini in questo settore, ma io sono garante della Costituzione e devo vigilare che sia applicata in ogni angolo della patria». Un ruolo difficile, quello che Scalfaro consuma nelle dorate stan- LA VEDOVA NON INVITATA SPALERMO ONO offesa dai turchi». Tina Montinaro, la vedova del caposcorta del giudice Falcone, scivola in una vecchia espressione napoletana per raccontare il suo stato d'animo di queste ore. Il Capo dello Stato è venuto in visita a Palermo, ha incontrato i familiari di alcune vittime della mafia, ha parlato con amministratori, colloquiato con detenuti e sacerdoti, raccontato aneddoti a pii giovani impegnati in esercizi di spiritualità e conversato con il cardinale Pappalardo... Per «Lo Stato deve essere «Solo la coscienza presente ovunque può far muovere senza eccezioni voci liberamente senza abbassamenti» diverse in democrazia» rebbe essere scherzosa, confida ai giovani detenuti nel carcere minorile «Malaspina»: «Non è che io sia molto più libero di voi: se devo andare di lì bisogna che sia scortato, se devo andare di là bisogna che sia autorizzato. Come vedete siamo un po' parenti». ze del Quirinale. Così pesante che ai ragazzi impegnati negli esercizi spirituali con il cardinale Pappalardo, dice con tono ispirato: «In ogni momento ci vuole l'appoggio della Madonna. Vi auguro quello che a me piace sentirmi dire: un anno in compagnia della Madonna, che è sempre una bella compagnia». E, in serata, con una forzatura che vor¬ Renato Rizzo

Luoghi citati: Falcone, Palermo, Partinico, Sicilia