Nei forzieri neri di Zurigo

Nei forzieri neri di Zurigo Nei forzieri neri di Zurigo La «tempesta nazista» sulle banche chiedono, a non pagare pedaggio quando si è difesi solo dalla Croce Rossa e dai forzieri delle banche? «Chiudendo entrambi gli occhi», provoca Ziegler, il ginevrino. Peggio ancora, come da giorni tuona il senatore Usa Alphonse D'Amato: «Diventando i banchieri dei nazisti», riciclando cioè l'oro rubato alle vittime dell'Olocausto dalle SS e incamerando senza restituirli agli eredi (con la scusa che mancano documenti certi) i depositi degli ebrei poi morti nei campi di concentramento. Macigni. «Falsità», risponde seccato il fronte oltranzista che, dice chi sa, può contare su una nutrita pattuglia di parlamentari a Berna, un paio di banchieri a Zurigo e Basilea, qualche noto giornalista a Ginevra. Il fronte è uscito allo scoperto in tv spiegando così la campagna di D'Amato: «E' una congiura, hanno paura delle nostre banche». Banche, va detto subito, che ormai potentissime in patria da un po' di tempo si sono date l'obbiettivo di sfondare all'estero per accaparrarsi i business finanziari del futuro, gestire i grandi flussi finanziari internazionali, fondi pensione, fondi d'investimento, capitali di rischio che si spostano da una piazza all'altra alla ricerca del maggior profitto. Sono usciti dalla piccola Svizzera gli gnomi dell'Ubs, del Credito, della Sbs: sono sbarcati in forze a Londra, hanno conquistato Phillips & Drew, First Boston, stelle di prima grandezza, la prossima meta potrebbe essere New York. Ecco perché, insiste l'oltranzismo, si è mossa la potente lobby ebraica che ha in mano Wall Street: «Sono loro che stanno dietro a D'Amato». E dalle parole qualcuno è passato ai fatti riscoprendo tutto l'armamentario antisemita, lettere, ingiurie, minacce, inviti agli ebrei a non rompere le scatole. Brutta, bruttissima storia. Che lacera le coscienze, divide gli animi, fa riesplodere l'odio razziale, minaccia l'immagine stessa del sistema. Non è vero: l'affidabilità della Svizzera sta nella sua centenaria stabilità economica, politica e monetaria, tutto il resto non conta, si sforzano di spiegare gli analisti dell'Sbs. Sarà, ma quale sistema II senatore Usa D'Amato, l'accusatore co decise di restituire il denaro ai legittimi eredi e chiese la lista alle autorità bancarie svizzere. Dalla lista però mancherebbero altri sedici nomi, per altrettanti conti dell'ammontare di 16.000 franchi svizzeri. Nella lista resa pubblica figurano nomi di famiglie facoltose di cittadinanza polacca fra le due guerre come Bruno Blumenfeld di Leopoli, Levin Bluementhal di Varsavia, Use Friedlaender di Danzica, Isaac Weitzman di Krolewiec oggi Kaliningrad. [Agi-Ansa] può passare indenne, chiede e si chiede il deputato Verena Grandelmeir, «dall'accusa d'aver perpetrato il più grande furto nella storia dell'umanità»? Interrogativo terribile. Che ridimensiona, se possibile, gli imbarazzi dell'establishment verso gli scandali di un tempo, Pizza connection, Lebanon connection... Dimenticati? Poco male. Per tutti il copione era lo stesso: indagini che partivano lontane, negli Stati Uniti o in Italia, e che alla fine grazie a un particolare, una confessione, una soffiata arrivavano prima o poi al crocevia dell'oro, ai caveau di Zurigo, Basilea, Lugano, Ginevra, ai conti cifrati di evasori, tangentisti e piduisti, ai narcodollari dei trafficanti colombiani, ai miliardi della mafia e dei venditori d'armi arabi. Di tutto, di più, secondo un rituale del riciclaggio cambiato, sostiene Carla Del Ponte, procuratore generale della Confe¬