Il sole non è sorto a Mogadiscio di Edmondo Berselli

Tre anni fa finiva la missione internazionale «Restore Hope», il Paese è più lacerato di prima Tre anni fa finiva la missione internazionale «Restore Hope», il Paese è più lacerato di prima Il sole non è sorto a Mogadiscio La guerra continua nella città dimenticata Mogadiscio è un libro da consultare per scoprire l'Africa che verrà, dove s'impara a mettere la mano su tutto, il buono e il pessimo, il tragico e il paradossale. Sulle carte geografiche continuano, ostinati, a disegnarla di un solo colore: ci vorrebbe una tavolozza per eseguire invece il puzzle dei mini-regni creati dalle varie tribù, i nomi delle cabile e dei clan. Tutti gridano di essere somali, ma poi si straziano per un quartiere, una strada, una piantagione di banane. Il fatto è che questo brulichio oscuro e sanguinoso sta sperimentando sulla propria pelle un mondo in cui lo Stato, regalo avvelenato dell'Europa, non esisterà più e sarà sostituito dalla Babele delle centomila tribù. Per noi lo Stato è diventato così familiare che quando se ne parla si ha il senso di avere a che fare con un essere latto di carne e di sangue e dotato di ragione. Ma la colonizzazione non ha cambiato l'anima di questa gente, l'ha solo mascherata. Non appena lo Stato è apparso per quello che era, corrotto e violento, insufficiente e inutile, hanno cercato rifugio nel mondo di ieri, quello delle tribù, degli anziani, dei capi con il bastone dal pomo d'avorio. La Somalia, la Liberia, sono già Per passare il fronte che divide la capitale si deve arrivare con una scorta armata sino a un confine che non si vede e trasbordare Guerra e carestia. La guerra fra le fazioni somale esplode nel Centro-Nord con la rivolta dell'etnia Isaak. I primi scontri avvengono nel 1981, ma la crisi diventa acuta tra il luglio '88 e il marzo '89 con la morte in combattimento di oltre 5 mila persone. Gli scontri tribali portano alla dissoluzione del regime di Siad Barre e ad esodi etnici e carestie NOVE ANNI DI TRAGEDIA L'intervento americano. Sollecitato dalle Nazioni Unite, Bush decide nel dicembre del '92 di inviare 28 mila soldati americani a proteggere gli operatori internazionali che distribuiscono cibo alla popolazione somala affamata. Arrivano anche contingenti di altri Paesi, fra cui l'Italia, che presto si trovano coinvolti in combattimenti con le varie fazioni La morte di Aidid. Il capotribù Ali Mahdi ben visto dagli occidentali - si autoproclama presidente della Repubblica somala ma diversi leader di fazioni etniche fra cui Mohammed Farah Aidid non lo riconoscono e continuano la lotta. Neanche la morte di quest'ultimo (cui succede il 2 agosto del '96 il figlio Hussein Aidid) ferma i combattimenti Le Nazioni Unite si ritirano. Gli americani puntano all'inizio sull'alleanza col signore della guerra Aidid, che però si rivela infido (al pari, del resto, delle altre fazioni intente solo a trarre vantaggio dalla presenza occidentale). I militari dell'Onu vengono coinvolti sempre più spesso in combattimenti e tra gennaio e marzo del '94 abbandonano il Paese logia americana e canadese, soldi e fantasia somala: così sulle rovine corrono le voci, gli affari, i pettegolezzi. «Noi non guardiamo clan, tribù e famiglie, abbiamo iniziato un anno fa, ci sono già un migliaio di abbonati nelle due parti della città e facciamo già profitti. A fine settimana ogni abbonato riceve la bolletta computerizzata con le telefonate calcolate al centesimo. Abbiamo venduto quote della società ai somali che vivono all'estero, loro investono i soldi, in cambio ricevono un certificato, un pezzo di carta. Bilanci? A che servono? Ma non sa che gli affari si fanno sulla fiducia? Permessi, tasse? Sta scherzando. Siamo apolitici, ma non siamo stupidi. Abbiamo trecento miliziani e se qualcuno ci dà fastidio, rispondiamo». In Somalia solo per l'operazione «Restituire la speranza» sono rimasti almeno 400 milioni di dollari. In teoria 400 dollari per ogni somalo; e invece sono il tesoro che manovrano questi capitalisti di frontiera. La terza Mogadiscio, quella della Sharia, è nascosta dietro le mura discrete delle decine di scuole coraniche che si moltiplicano in città. Migliaia di bambini, in un Paese dove nessuno dal '91 può studiare niente, in arabo apprendono le aspre leggi del Corano invece che quelle del clan. I maestri arrivano dall'Egitto; i fondi dai capaci forzieri degli emiri e del Sudan, patrono di tutti i fondamentalismi. I migliori di ogni classe ricevono una borsa di studio e vanno a perfezionarsi in fondamentalismo in Afghanistan e in Iran. Torneranno predicando la Guerra Santa e la Sharia in un Paese che sta cominciando a trasalire di impazienza per questa infinita desolazione. E' un itinerario verso il potere lento, prudente e sinuoso. Ma l'incendio all'Algeria è stato appiccato così. dei banditori, scuotendo con i loro bastoni le porte delle botteghe, urla il listino. Nella Somalia desolata, scopri decine di persone che hanno patrimoni di milioni di dollari. Sono loro che pagano la guerra e ne decidono le vere strategie. Abdulaman Ali Osman, un omone con l'aria astuta, si dichiara con compiaciuta modestia «manager» della Baraakat, una delle due compagnie che ha introdotto Mogadiscio fantasma nel concreto paradiso del cellulare. Tecno- «insufficiente, ingiusta, e insopportabile», ma regole da rispettare e multe, per gli allevatori, da pagare. Basta spostare invece il punto di vista per accorgersi che «latte bollente» rappresenta per la prima volta, e dunque con una evidente forza simbolica, un conflitto fra settori produttivi nazionali e Unione europea. Ceti che finora erano stati protetti si trovano all'improvviso senza protezione, neanche quella assicurata malamente dalle furbizie; e nello stesso tempo viene messa allo scoperto anche la fragilità della costruzione europea, dato che affiora l'implausibilità di pagare multe in danaro sonante a una sovranità remota e impalpabile come quella di Bruxelles. Ci sono altri settori produttivi che stanno già scontando l'esposizione alla concorrenza determinata dall'integrazione sempre più stretta del mercato europeo. Ed è probabile anzi che nei prossimi anni la principale questione italiana sarà il conflitto strisciante fra chi ha perso la protezione, e deve competere con le sue forze, e chi invece continuerà a potersi annidare in contesti protetti. GLI ORFANI DELLA DC generosità risarcitoria; scompare la possibilità per l'esecutivo di correggere le distorsioni provocate dagli errori storici spostando a carico della collettività il pagamento delle multe per la sovrapproduzione. L'imbroglio oltre che maledetto è anche dannatamente complicato, perché riguarda solo una parte minoritaria dei produttori (meno del 15 per cento del totale), cosicché ogni tentativo di soluzione potrebbe assumere tratti di iniquità rispetto alla maggioranza che si è attenuta alla regola. Ma se si esce dall'aspetto contingente della protesta che ha bloccato Milano, la guerra del latte assume caratteristiche assai più insidiose di quelle di una semplice protesta corporativa contro regole non rispettate e contro le sanzioni relative. Su questo piano, infatti, è arduo dire qualcosa in più rispetto a quanto ha dichiarato il ministro Pinto: quota produttiva Domenico Quirico Dalle rovine nasce una tribù estranea a quelle tradizionali: i miliardari La guerra del latte unisce a questa dimensione un elemento ulteriore, cioè la concentrazione territoriale nel Nord, che ha reso possibile alla Lega, Bossi in testa, di cavalcare la protesta degli allevatori come se fosse cosa sua. In sé la protesta di Linate costituisce una spinta effettivamente scessionista, solo che la secessione è diretta sia contro Roma sia contro l'Europa. E' la rivolta di un pezzo di società che ha visto disgregarsi il proprio referente politico, la grande madre democristiana, e che ora viene usata: dalla Lega, che cerca di farne l'avanguardia del disagio del Nord; e anche da Alleanza nazionale, che al momento buono non fa mancare la propria voce nazional-protezionista contro le inique sanzioni. Sono queste due forze politiche che possono trarre qualche vantaggio dalla protesta dei produttori ma non bisognerebbe dimenticare che in questi casi alla vittoria o al guadagno degli strumentalizzatoli corrisponde in genere la sconfitta, e la perdita, degli strumentalizzati. Edmondo Berselli

Persone citate: Aidid, Ali Mahdi, Bush, Domenico Quirico, Hussein Aidid, Isaak, Mohammed Farah, Siad Barre