Appello all'Eni: non soffocato il Giorno di Sergio Romano

I redattori continuano a lavorare: il ministro del Tesoro renda pubbliche le due offerte I redattori continuano a lavorare: il ministro del Tesoro renda pubbliche le due offerte Appello all'Eni: non soffocato il Giorno «In edicola regolarmente» BIAGI CATANIA. «Qualcuno dice che è molto triste quando si spengono delle voci. E io sono d'accordo». Così Enzo Biagi ha commentato la decisione dell'Eni di porre in liquidazione «Il Giorno», a margine di un convegno che si è svolto ad Adrano, nel Catanese. «In questa società - ha precisato Enzo Biagi - le leggi dell'economia sono decisive. E un giornale che perde decine di miliardi di lire e non ha un gran numero di lettori deve fare i conti con una contabilità da rispettare. In Italia quando si riorganizza un'azienda si caccia via un po' di gente che, di solito, è quella che non ha colpe». «"Il Giorno" - ha concluso Biagi - è stato un giornale storico nell'editoria italiana e mi spiace tanto per quelli che ci lavorano». [Ansa] ia: mo Vitta Zelman e Umberto Sereni, l'opportunità di rilanciare. Intanto, attraverso la Sogedit -la società editrice del quotidiano l'Eni nomina liquidatore Giacomo Ranghieri, presidente della stessa Sogedit e della Nuova Same, la società proprietaria della tipografia. Cosicché la prossima mossa del comitato di redazione de II Giorno sarà quella di chiedere un incontro con 0 liquidatore. Mentre i comitati di redazione delle maggiori testate italiane esprimono solidarietà ai colleghi del quotidiano milanese, il segretario della Federazione nazionale della stampa, Paolo Serventi Longhi, dopo aver dichiarato «assurda» la decisione di liquidare la società editrice de II Giorno, preannuncia una «risposta fermissima del mondo dell'informazione, anche nei confronti della timidezza del governo». Serventi Longhi aggiunge che si terrà oggi una riunione della giunta della Fnsi, per valutare «le forme di mobilitazione di tutti i giornalisti italiani, che si dovesse rendere necessaria». E conclude: «Ciò che accade al Giorno è gravissimo, ma è altrettanto grave che finora non si sia posto mano con decisione a soluzioni credibili per la gravissima crisi del settore editoriale, specie di quello in mano pubblica». Valeria Sacchi A sinistra: Sergio Cofferati Qui accanto: l'assemblea dei giornalisti nella sede del «Giorno» LE CREPE DEL SISTEMA elezioni, non avrebbero nessun motivo per preferire Rifondazione comunista al pds. Non c'è «verifica», mediazione o compromesso che possa modificare questa realtà. Per ottenere che Rifondazione sottoscriva la politica economicofinanziaria del governo occorre dare a Bertinotti e a Cossutta qualcosa di cui possano vantarsi con il loro elettorato. E se è cosa di cui possono vantarsi sarà certamente in contraddizione con la politica risanatrice del governo. La vicenda del contratto dei metalmeccanici è un esempio delle difficoltà in cui si trova il governo quando deve scegliere fra il buon senso e Bertinotti. Prodi e Ciampi sanno che il contratto potrebbe essere inflazionistico e che il rilancio dell'inflazione indurrebbe il governatore della Banca d'Italia a non abbassare i tassi d'interesse, vale a dire a non fare l'unica cosa che dia una speranza alla politica finanziaria del governo. Lo sanno probabilmente anche Massimo D'Alema e i leader sindacali. Ma Bertinotti appoggia le rivendicazioni dei metalmeccanici, Cofferati non può' permettersi d'ignorare Bertinotti, D'Alema non può' permettersi d'ignorare Cofferati, Prodi non può' permettersi d'ignorare D'Alema. Torniamo alle crepe della maggioranza che sostiene il governo Prodi. Le crepe si propagano come un fremito attraverso tutto lo schieramento politico. Se Bertinotti, come è accaduto negli scorsi mesi, pesa troppo sul piatto di sinistra della bilancia del governo, Dini comincia a preoccuparsi per i propri elettori, cerca di consolidare la propria posizione e lancia segnali verso il centro del centro-destra. Se il centro del centro-destra raccoglie i segnali di Dini e se Berlusconi si mette al lavoro per creare un «cartello dei centri», Fini teme di non essere più il «peso determinante» del Polo e mette i bastoni fra le ruote dei progetti (come la Bicamerale) in cui il suo consenso è decisivo. Con una sorta di corto circuito le difficoltà della maggioranza si scaricano sull'opposizione e creano un fenomeno di generale turbolenza. Il sistema è fatto così. E' stato concepito per impedire che la maggioranza governi e che l'opposizione adotti una linea politica diversa, ma coerente. Dopo l'esperienza del 1994 e quella attuale il nuovo sistema politico italiano è ormai collaudato. Tra le disavventure di Berlusconi e quelle di Prodi non vi è nessuna sostanziale differenza. Non vi è nessuna differenza, purtroppo, neppure nel modo in cui i due presidenti del Consiglio hanno reagito alle loro disavventure. Anche Prodi parla e si comporta come se le difficoltà fossero incidenti di percorso e nascondessero la cattiva volontà di qualche avversario. Non è vero. Sono, ripeto, le necessarie conseguenze di un sistema che assegna a ogni forza politica un potere d'interdizione tanto più grande quanto più il giocatore è piccolo. E' un sistema che garantisce l'ingovernabilità del Paese e, incidentalmente, non gli permetterà mai di tenere il passo dell'Unione economico-monetaria, se mai riuscirà a entrarvi. La modifica di questo sistema è nelle mani della Commissione bicamerale. La Commissione può, se lo vuole, conferire al capo dell'esecutivo un mandato forte e autonomo che gli permetta di sottrarsi ai ricatti della propria coalizione. Resta da vedere se i commissari dei partiti a cui è stato dato un tale potere d'interdizione siano disposti a collaborare con chi vorrebbe eliminarlo. Aspettiamo una risposta a questo dubbio soprattutto da coloro che hanno voluto la Bicamerale e hanno assunto così una responsabilità verso il Paese: Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi. Sergio Romano

Luoghi citati: Adrano, Catania, Italia