Assegno d'ignoto e c/c

Assegno d'ignoto e c/c Assegno d'ignoto e c/c •TI N pensionato che non è tiI tolare di rapporti presso alcuna banca e che, come ! molti pensionati, preferi\[ 1 sce tenere i soldi in casa, riceve dall'Ufficio Postale le sue spettanze in assegni circolari. Li deve, ovviamente, trasformare in banconote, e dunque si reca presso una banca, la stessa banca emittente (degli assegni), la quale non li cambia, adducendo il motivo di non poterlo fare perché non è correntista. Il pensionato che, ripeto, come molti altri ha paura della parola «conto corrente» e ha soggezione di entrare in banca, è costretto a ricorrere a un amico compiacente o a un negoziante, per il cambio. Che ne dice? Non ha il diritto di far intervenire la forza pubblica? l'assegno) A CURA DI GLAUCO MAGGI Chi desidera risposte in tema di risparmio e investimenti, banca, casa, fìsco, pensioni e previdenza scriva a: Tuttosoldi via Marenco 32 I0I26 Torino c) a questo punto, il presentatore può incassare l'assegno. Il più delle volte, proprio perché ha potuto constatare che lo sportello al quale si è rivolto ha dimostrato efficienza, cortesia e professionalità, se non apre subito un rapporto, è ben disposto a farlo in un immediato futuro. Farà, comunque, sempre «pubblicità» positiva alla banca ognicrualvolta dovesse parlare con qualcuno. E non è poco. Felice Campodonico - Imperia Una lezione di corretto comportamento verso la clientela che registriamo volentieri. E che ci auguriamo venga assunta come esempio da seguire. na sconosciuta? Nessuno. A livello rischio, infatti, che differenza ci sarebbe tra pagare l'assegno senza apertura di c/c e aprire il conto pagandone il 90%? Nessuna. Anzi, il funzionario, nel caso si trattasse di una truffa, oltre a dover risarcire l'istituto per aver operato con leggerezza e superficialità, dovrebbe anche pagare le spese di chiusura del c/c. Mettiamo invece il caso che il lettore dica la verità circa la risposta del funzionario: che convenienza avrebbe ad aprire un conto e chiuderlo qualche mese dopo? (e poi, perché aspettare qualche mese a chiuderlo e non solo il tempo necessario all'incasso?). Le spese di tenuta conto e di chiusura chi le pagherebbe? Il funzionario, visto che ogni persona che entra in banca e chiede un servizio è un potenziale cliente, avrebbe dovuto: a) far presente con cortesia e professionalità al presentatore dell'assegno il motivo per il quale, pur in presenza di un documento d'identità, non era possibile pagare l'assegno, ma che avrebbe fatto l'impossibile per contattare il traente b) telefonare a quest'ultimo al fine di metterlo al corrente dell'assegno e, possibilmente, accertare tramite lo stesso che il presentatore sia proprio il beneficiario del titolo di credito (a me personalmente è successo più volte di far parlare al telefono il traente con il beneficiario del¬ sione, e questa è una dimostrazione macroscopica della nostra scarsa «cultura» in materia, se teniamo conto che, come reddito per abitante, non tutti questi Paesi ci superano. Quanto alla seconda parte della risposta, non posso che confermare quanto scritto su «Tuttosoldi» il 25 novembre, e ripetuto il 2 dicembre nella risposta, sullo stesso argomento, a un altro lettore. I due diritti, della banca di non cambiare un assegno a chi non è conosciuto, e del cliente di chiedere l'intervento dell'autorità. Più il consiglio: aprire un c/c, che è più pratico, e più sicuro, certamente, dei soldi nel cassetto, i quali, tra l'altro, non rendono neppure quel poco che pagano le banche ai correntisti. Venti milioni di Bp e 20 anni di rendimento F. Gallarotti - Novara Vorrei dividere la mia risposta in due parti: una relativa alla «paura del c/c», l'altra al «problema» del cambio dell'assegno in banca. In Italia, a fine '95, esistevano 44,5 c/c ogni 100 abitanti, dai quali sono stati emessi in media 15,3 assegni ciascuno. Abbastanza curioso il fatto che, mentre il numero dei c/c è assai cresciuto negli ultimi nove anni (da 34,2 che erano, sempre ogni 100 abitanti, nell'87), è sceso il numero degli assegni emessi da ciascuno (erano stati 20,8 nell'89). Questo «fenomeno» non si può addebitare alla «paura», che chi possiede un c/c non può avere, ma oltre alla diffusione delle carte di credito, a quel ristagno di consumi (e, in parte, di disponibilità di reddito) generale in tutta Italia. Si può invece riconoscere all'eventuale «paura», cioè diffidenza, in pratica, per il c/c, il fatto che anche nel '95 il loro numero è quasi incredibilmente più basso che all'estero: contro il nostro, già citato 44,5%, il numero medio era, nel '94, di 145,4% in un gruppo di Paesi che comprende Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svezia. Più di tre volte la nostra diffu- Un esempio di professionalità Leggo sempre con estremo interesse e attenzione la rubrica «Le lettere» in Tuttosoldi c i consigli che dà ai lettori. Dell'articolo «l'assegno di ignoti» apparso lunedì 25 novembre mi ha colpito sia la risposta data dal funzionario della banca (il pagamento dell'assegno si sarebbe potuto ottenere facendosi accompagnare dal traente oppure aprendo un c/c) che il vostro consiglio al lettore (apertura di un c/c, incasso del 90% dell'importo, chiusura del c/c qualche mese dopo). Visto che di professione faccio il bancario e sono un funzionario, non me ne vogliate: ma quale collega aprirebbe un c/c e pagherebbe immediatamente il 90% a perso- La telefonata arriva qui al tuo numero, riparte e arriva dove vuoi tu. r Mi interessano i buoni postali fruttiferi della nuova serie R, istituita il 1° novembre '95. Ma alla mia richiesta d'acquisto, all'ufficio postale mi sono sentita rispondere che nessun buono a termine dura più di 12 anni, quando triplica, ma negli anni seguenti non maturano più interessi. Evidentemente ho frainteso la risposta data a un lettore su «Tuttosoldi» del 4 dicembre scorso. Può spiegarmi più chiaramente il tutto? T. Romualdi - Milano La risposta che le hanno dato all'ufficio postale è esatta. Nella risposta del 4 dicembre si parlava della serie R, ma dei buoni fruttiferi, non a termine. E si calcolava che, dopo vent'anni (non dopo 16, come risultò in quella risposta), il capitale maturato dovrebbe raggiungere la somma di 109 milioni 288.400 lire, e cioè i 20 milioni investiti più 89 milioni 288.400 lire della capitalizzazione. In definitiva, 98 milioni 130 mila lire circa al netto della ritenuta fiscale del 12,50% sull'interesse.

Persone citate: Felice Campodonico, Gallarotti, Romualdi

Luoghi citati: Belgio, Francia, Germania, Italia, Novara, Paesi Bassi, Svezia, Torino