Ricerca, va un po' meglio
Ricerca, va un po' meglio Ricerca, va un po' meglio I N Italia ci sono tante cose ■ che non vanno. Tuttavia, a I costo di sembrare un inguaribile ottimista, devo dire che almeno la qualità della ricerca scientifica in campo biomedico sta rapidamente migliorando. I convegni dei ricercatori italiani sono ormai copie di quelli europei, e non così diversi da quelli americani. Sono abbastanza vecchio per ricordare i convegni di trent'anni fa. Nulla di paragonabile come impegno, qualità e quantità. E' chiaro che negli ultimi anni deve essere successo qualcosa che ha migliorato il livello qualitativo della ricerca nel nostro Paese. Mi sono fatto su questo un'idea precisa. E' intervenuta finalmente la selezione. Oggi chi finanzia i progetti di ricerca lo fa in base al merito: si scovano i progetti migliori e i migliori ricercatori e tra questi si dividono i finanziamenti (che sono pur sempre pochi rispetto ad altri Paesi). Ha cominciato l'Aire per il cancro alcuni fa, è seguito il progetto Aids e ora Telethon ha stabilito uno standard al quale tutti dovranno uniformarsi. In particolare il Cnr dovrebbe cambiare il modo di distribuire i magri fondi e adottare gli stessi rigidi criteri meritocratici delle agenzie private come Aire e Telethon. Non che il Cnr qualche sforzo non l'abbia fatto per migliorare rispetto al passato che alcuni progetti di ricerca sono stati gestiti correttamente. Quello che occorre è darsi regole che valgano per tutti, basate sul merito. Il privato deve insegnare al pubblico come si gestisce il denaro pubblico in maniera semplice ed efficiente. Soprattutto, il Cnr deve rendere agile la sua costosissima burocrazia. II mio improvviso entusiasmo per il miglioramento qualitativo della ricerca viene dal recente convegno di Telethon che si è tenuto a Napoli nella fortezza di Castel dell'Ovo. Telethon, come è noto, finanzia la ricerca nel campo della genetica delle malattie neurologiche e non. Con il denaro raccolto ogni anno nella manovra televisiva Telethon ha compiuto il miracolo di organizzare un paio di centri di ricerca avanzati, catalizzare l'attivazione di servizi comuni e finanziare più di cento ricercatori che comunicano attivamente. Un forte incitamento è stato dato nel 1996 agli sviluppi della terapia genetica, forse troppo. E' giusto puntare su questa svolta della medicina del 2000 che risolverà il problema di molti mali ora incurabili sostituendo il Dna alterato. L'applicazione al malato è ancora lontana ed è bene lavorare sodo per renderla una realtà il prima possibile. Non bisogna dimenticare tuttavia che della maggioranza dei geni noi non conosciamo ancora il reale funzionamento. Investiamo quindi anche nella ricerca di base e saremo sicuri che da questa anche la terapia genetica trarrà grande impulso. Pier Carlo Marchisio Dibit, Milano
Persone citate: Pier Carlo Marchisio Dibit
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