L'ALTALENA DI SCHUBERT

L'ALTALENA DI SCHUBERT L'ALTALENA DI SCHUBERT Vita e musica tra gioia e dolore ETTERE, poesie, piccole prose morali o fantastiche: raccolti in un volumetto, gli scritti di Franz Schubert non sono più di una settantina, produzione Limitata ma sufficiente per gettare uno sguardo profondo nel mondo interiore del musicista, di cui il prossimo 31 gennaio ricorre 0 bicentenario della nascita. Sui dati esterni queste pagine trascorrono veloci, senza permettere grandi ricostruzioni biografiche. Ma chi le leggerà, ora, nella traduzione italiana di Luigi della Croce pubblicata dalla Akademos & Lim con il titolo di un celebre Lied, Notte e sogni, avrà almeno l'immagine di una giovinezza felice: armonia in famiglia, amore per i fratelli Ignaz, Ferdinand e Karl, clima di concordia in cui affiorano i primi pensieri profondi. Già nel maggio 1813, infatti, a soli sedici anni, Schubert scrive una poesia in cui considera la bellezza che svanisce, l'esistenza del tempo che, come un compagno fedele, non ci abbandona mai e discende con noi nella tomba. Ma non sono che squarci dolorosi in anni sostanzialmente lieti. Due sentimenti, che spirano gioia e salute, dominano infatti le lettere, sino al 1822: l'amore per gli amici e quello per la natura. L'ambiente in cui avvenivano le famose «schubertiadi» era depositario di un valore squisitamente umanistico che il compositore considerava innato solo in alcune persone: l'affabilità sociale nelle parole e nel linguaggio. Essa nasceva dalla sincerità, esatta antitesi della «cortesia piccolo-borghese», accendeva la fiammella dell'umorismo, era veicolo di affetto e di buonumore. «Caro Schober, caro Spaun, caro Mayrhofer, caro Semi, caro Streinsberg, caro Wayss, caro Weidlich scriveva l'8 settembre 1818 -. Non posso dirvi che infinito piacere mi abbiano fatto tutte le vostre lettere! Stavo assistendo ad un'asta bovina quando mi hanno recapitato il malloppo. L'ho subito aperto e, appena ho visto il nome di Schober, mi sono messo, non esagero, a urlare di gioia. Ho continuato a ridere, e a ridere come un bambino mentre la leggevo in un locale appartato. Mi pareva di avere davanti a me i miei cari amici, di poterli toccare con la mano». Procedendo nella lettura di questo breve epistolario appare chiaramente l'oscillazione continua tra sorriso e affanno, gioia e dolore, libertà e costrizione che caratterizza, nel gioco di violente antitesi, il mondo interiore di Schubert e che trova diretto riscontro nella sua musica. Alcune lettere nascono da una immediatezza comunicativa solare, incondizionata. Sono scoppi di vitalità e di umoristica gioia di vivere. Ma, improvvisamente, cala sulla coscienza la cortina della solitudine, addirittura il peso dell'incomunicabilità esistenziale: «Nessuno comprende il dolore altrui e nessuno comprende la gioia altrui! Crediamo sempre di andare l'uno incontro all'altro, e invece si procede sempre solo fianco a fianco. Che tormento per clù ne è consapevole!». Nulla di più tragico per un artista che sulla fiducia nella comunicazione interpersonale aveva fondato la poesia di ima musica intimista, volta all'esplicitazione di segreti e sussurri, di estasi dolcissime e di urti tragici da racchiudersi nella cornice privata del Lied, oppure nel circuito fidente e amicale della musica da camera. Come esce Schubert da questo dissidio? Con la fede nell'arte che non ci tradisce mai. Ricordiamo la meravigliosa melodia del Lied «Ah die Musik» su testo di Schober, composto nel 1817. Le parole dicono: «O arte sublime, in quante ore grigie, quando mi soffocavano le tristi vicende della vita, m'hai acceso il cuore di caldo amore,vmi hai rapito hi un mondo migliore!...». Troviamo lo stesso stato d'animo nelle lettere, specie quelle degli ultimi anni, quando la malattia aveva gettato Schubert nella solitudine e nella disperazione. Solo nell'esercizio della fantasia egli trovava ancora la forza di sorridere: «Si crede che la felicità sia attaccata al luogo dove si è stati un tempo felici, mentre essa risiede in noi stessi». Ma l'arte non è evasione. Al contrario, è il luogo della verità, la sede del dominio e dell'azione, il campo della vittoria sulle forze avverse che Schubert ottiene in modo ben differente dall'ottimismo beethoveniano, dove tutto si risolve nella potenza costruttiva della forma. Spesso in Schubert la forma non risolve nulla, le antitesi di bellezza e distruzione, bene e male, felicità e dolore restano flagranti. Eppure dalla sua musica spira sempre un senso di classico, sovrano dominio. Come mai? Ce lo rivela esplicitamente la lettera del 25 luglio 1825 scritta dal Salzkammerrut: «Se solo [il fratello Ferdinand] potesse con¬ NOTTE E SOGNI Franz Schubert a cura di Luigi Della Croce Akademos & Lim pp. 179 L. 18.000 Luciano Berio Ricorre il bicentenario della nascita, escono nuore lettere ad amici e familiari VISTO DA SCIIl UYNN E DIKK'ITO DA ABBAI X) E CI LI JNI OTTE e sogni» colma una delle tante lacune della nostra | editoria, sempre distratta nei riguardi di Schubert. Se nel 1970 venne tradotto il libro di Alfred Einstein, si aspettano ancora l'edizione italiana della biografia documentaria di Otto Deutsch (disponibile anche in versione inglese) e del saggio di Brigitte Massin. Ricordi e Libreria Musicale Italiana hanno pubblicato integralmente gli Scritti critici di Schumann, densi di riferimenti schubertiani, e dopo l'agile e corretta biografia di Danilo Prefumo (Mursia), ancora Ricordi e Lim propongono il volume di Harry Goldschrnidt, molto informato, attento ai risvolti politici, ma anche ideologici, della vita del musicista. Vastissima la scelta discografica, dalle classiche raccolte liederistiche con FischerDieskau e Peter Schreier (ma il giovane Wolfgang Holzmair promette assai) alle intrepretazioni di Radu Lupu e Andras Schiff, tra i più accreditati pianisti schubertiani di oggi, dopo Richter. I Quartetti Juillard, Melos e Alban Berg restano i capisaldi della musica da camera, mentre il Trio op. 100 va ascoltato da Istomin-Rose-Stern. Abbado governa uno splendido Fierrabras, Giulini consegna una sofferta Messa D 950. Per gli ascoltatori di Radio Rai, l'appuntamento è quotidiano: Mattino Tre distilla ogni giorno le sue Schubertiadi. [s. e] templare una volta queste montagne e questi luoghi divini, il cui spettacolo sembra quasi schiacciarci o inghiottirci, non si sentirebbe più tanto attaccato a questa vita meschina al punto di non considerare una grande fortuna affidarsi di nuovo all'imperscrutabile forza della terra in vista di mia nuova vita». Era questa goethiana percezione della Natura come vita universale, pulsazione dell'Unotutto in perenne trasformazione, che permetteva al romanticismo sostanzialmente positivo di Schubert di fissare negli occhi le verità più terribili con una fermezza ancora intonsa dai tentennamenti e dalle vertigini che assaliranno le generazioni successive. Paolo Gallarati