IL SISTEMA ITALIA CERCA UNA STRATEGIA di Piero Bianucci

IL SISTEMA ITALIA CERCA UNA STRATEGIA IL SISTEMA ITALIA CERCA UNA STRATEGIA Politologi e militari a confronto ISTEMA Paese», «Sistema Italia», ecco due espressioni che ricorrono sempre più spesso. Che vogliono dire? Un Paese non è comunque un «sistema», cioè un insieme organico di relazioni politiche, economiche e giuridico-istituzionali? Formalmente, sì. Di fatto, non sempre, e non nel caso dell'Italia. Non che manchino le relazioni, ma esse non sono efficienti e non forniscono un prodotto efficace. E qual è, quale sarebbe, questo prodotto? Una politica (nel senso inglese di «policy», cioè di linea d'azione, di strategia) capace d'identificare e, nei limiti del possibile, di realizzare gli «interessi nazionali». Ma, altra questione, che cosa sono realmente gli interessi nazionali, e come si fa a determinarli con precisione? Tale questione è di sempre, ma è tornata vigorosamente alla ribalta dopo la fine della Guerra fredda, quando è cessato il vincolo ideologico dell'appartenenza all'uno e all'altro blocco, e i singoli Paesi hanno dovuto, come ora si dice, «riposizionarsi», ripensando le ragioni della loro collocazione internazionale e magari scoprendo (o credendo di scoprire) margini inediti o perduti di iniziativa «nazionale». Questa premessa semplifica, per farlo capire, il tema estremamente complesso di un li¬ bro a più voci, anzi a molte voci, che a sua volta è il frutto di un convegno del Centro Alti Studi Difesa (Casd). Alla base, una ricerca e un rapporto di Pier Paolo Portinaro, redatto per conto del Centro militare di studi strategici (CeMiSS), che è parte del Casd. Insomma, sotto le arcate di questa grossa istituzione, variamente articolata, che si avvale della prestigiosa presidenza di Carlo Jean, generale di corpo d'Armata e politologo sofisticato, molte persone autorevoli (altri politologi, e giuristi, politici, diplomatici e militari) hanno discusso il problema di quali siano «gli interessi nazionali italiani nel nuovo scenario internazionale». E ne è risultato un quadro di grande vitalità intellettuale e culturale, alla ricerca, ap¬ punto, del «Sistema Italia» (edito da Franco Angeli). Il rapporto di Portinaro (professore alla Facoltà di Scienze politiche a Torino, noto ai lettori della Stampa e di Tuttolibri) è molto lucido ed equilibrato. La fine della Guerra fredda ha riproposto il problema delle strategie nazionali, ma attenti a non sostituire una retorica con un'altra; non bisogna pensare che gli interessi nazionali siano «un dato naturale, scritto per così dire nei cromosomi di un Paese», essi vanno individuati e «costruiti» in modi complessi, e, nel nostro caso, nel contesto dell'Unione europea e della Nato; il vero problema è la modernizzazione delle strutture interne italiane, cioè il problema della politica estera è la politica interna... Molti concordano, in varia misura e in vario modo, con quest'impostazione (Merlini, Silvestri, Manzella, Dassù, il ministro Andreatta, Gerardo Bianco...), altri non vogliono perdere l'occasione, intellettuale prima che politica, dei nuovi spazi «nazionali» (Ferraris, Santoro, Incisa di Camerana...). Altri ancora, come Pacini e Quadrio Curzio, mettono la «geoeconomia» davanti alla geopolitica, la sfida del mercato mondiale senza più confini davanti alla realtà statica della contiguità geografica (benché resti anch'essa importante). Jean propende per i secondi, per i geopolitici, ma «con juicio», non dimentica certo la geoeconomia e la «porosità» strategica, in senso lato, dei confini attuali, per la rivoluzione tecnologica e informatica, e infine si domanda, pragmaticamente, se il contrasto non sia «più teorico che pratico» o comunque «minore di quanto sembri a prima vista». Questa è anche la mia impressione. In fondo sono tutti d'accordo che l'orizzonte immediato, ineludibile, dell'«interesse nazionale» è l'Europa, e che poi è fondamentale la modernizzazione interna dell'Italia, verso l'Europa e verso il mercato globale. Altro discorso è la classe politica, nel suo insieme, per cui la pressione, sia pure dialettica al suo interno, di chi studia le soluzioni deve continuare. Prossima tappa a Torino, sabato 18, nell'Aula Magna della Scuola di Applicazione, via Arsenale 22. Forse è pubblicità. Ma per il «Sistema Italia». Aido Rizzo stringa» potrebbe portarci a qualcosa di ancora più fondamentale dei quark; e l'applicazione della meccanica quantistica alla gravità darebbe un denominatore comune a tutte le forze. La stessa meccanica quantistica, rivisitata da GeliMann, perde quell'alone iniziatico e quasi metafisico che le conferirono il «principio di incertezza» di Heisenberg e ^(interpretazione di Copenaghen» di Bohr. Limitandoci ai quark, abbiamo comunque tre mattoni estremamente semplici che, combinandosi, in vario modo, generano una estrema complessità. E' questo il concetto cardine del saggio di GeliMann, e il giaguaro rappresenta appunto una vetta altissima raggiunta dalla complessità: in questo felino quark ed elettroni sono messi in modo da produrre eleganza, agilità, doti di gran cacciatore; non a caso sono stati necessari 3,8 miliardi di anni di evoluzione per mettere a punto la sua meravigliosa macchina biologica. Il giaguaro diventa così anche il simbolo di tutto ciò che la scienza riduzionista (come la fisica delle particelle) non riesce a interpretare e a dominare. Non a caso Geli-Mann a un certo punto della sua carriera ha lasciato il California Institute of Technology ed è andato a Santa Fe, nel Nuovo Messico, a fondare un istituto di ricerca tutto dedicato allo studio della complessità: caos, evoluzione biologica, fenomeni sociali, economia, demografia, meccanismi del cervello. Una sfida intellettuale. Una provocazione. Un tentativo di superare l'era della scienza riduzionista per inaugurarne un'altra. Il quark e il giaguaro propone questo slancio verso il nuovo. Non c'è da stupirsi se ci si sente smarriti. Piero Bianucci