CIORAN: LA ROULETTE RUSSA DEL PESSIMISMO COSMICO di Anacleto Verrecchia

CIORAN: LA ROULETTE RUSSA DEL PESSIMISMO COSMICO CIORAN: LA ROULETTE RUSSA DEL PESSIMISMO COSMICO SOMMARIO DI DECOMPOSIZIONE E. M. Cioran Adelphi pp. 229 L 25.000 I sono libri che fanno venire in mente i temporali a secco: tuoni e fulmmi in quantità, ma nessuna goccia di pioggia feconda. Uno di questi è, sia pure in parte, il Sommario di decomposizione del romeno E. M. Cioran. Scritto in francese e pubblicato per la prima volta nel 1949, ci viene ora presentato dall'Adelphi nella eccellente traduzione di Mario Andrea Rigoni e Tea Turolla. Cioran civetta più del necessario con il suo pessimismo cosmico e radicale, fino a maledire il momento che lo vide nascere. «Che sia maledetta per sempre la stella sotto la quale sono nato! [...] E l'istante proditorio che mi precipitò fra le creature sia per sempre depennato dalle liste del Tempo!». Va bene. Però c'è anche la polvere da sparo, che costa poco e può subito porre riparo all'ingiustizia degli istanti proditori. Invece siamo di nuovo alla coquetterie, perché se da un lato Cioran fa l'apologia del suicidio, dall'altro si guarda bene dall'abbassare i cani della pistola. Preferisce vedere come si ammazzano gli altri: «Ancora oggi stimo di più un portinaio che si ùnpicca di un poeta vivo». L'autore ha molte cose in comune con Nietzsche, altro grande coquet. L'uno e l'altro vogliono far tabula rasa della filosofia, minandola alla base con i loro candelotti lessicali. La sola differenza è che Nietzsche, pur trascinando l'anima con i denti, dice di sì alla vita, mentre Cioran le attacca il segno negativo e le dice di no. Il pri¬ di g gmo predica la transvalutazione di tutti i valori, il secondo la svalutazione di tutte le cose. Ma tutti e due entrano con la roncola nel campo del pensiero e non risparmiano mente. Perfino nella forma Cioran strizza l'occhio a Nietzsche. Infatti il libro è costituito da piccoli brani, che si possono senz'altro definire aforismi, ognuno dei quali reca un titolo. L'autore fa prodigi di stile, con le sue frasi ben tornite e sonanti; ma a volte, proprio come Nietzsche, si dimentica cu' metterci dentro anche il senso. Esempio: «Perseveriamo nella vita proprio perché essa non si regge su nulla, perché non ha neanche l'ombra di un argomento». Altolà: che significa? Vada per l'argomento, visto che nessuno mai è riuscito a sciogliere l'enigma dell'esistenza; ma dire che la vita non si regge su nulla è una castroneria. Se ciò fosse vero, penso che tutti, ap¬ pena venuti al mondo, farebbero immediatamente dietrofront. Invece rimaniamo attaccati alla vita come le cozze alla roccia. Perché? Perché l'uomo vuole e deve vivere, perché così è scritto nelle stelle che stanno tanto a cuore a Cioran. E non mi riferisco ai valori morali di cui parlano i chierici, ma alle leggi metafisiche che determinano il nostro destino. Nessuno ha chiesto di venire al mondo, così come nessuno vi rimarrebbe attaccato con le mani e con le unghie, se a ciò non fosse costretto da una forza metafisica che trascende il suo stesso individuo. E ciò non vale solo per l'uomo, ma per tutti gli esseri viventi, fenomeni diversi di un'unica sostanza universale. Cioran si compiace spesso di espressioni arcane o in chiave cabalistica, dinanzi alle quali bisogna fare come nei picnic: l'autore ci mette le parole e il lettore il senso. Del resto, nessuno merita di essere capito più di quello che egli stesso dimostri di voler essere capito. A chi dunque fa il civettuolo letterario, cospargendo di flosculi e di astruserie lessicali la propria scrittura, bisogna dire così: messere, tu non ti vuoi far capire e io non ti voglio capire. Ma non mi si fraintenda: questo è pur sempre un grande libro, non una delle tante flatulenze intellettuali che oggi, specie in campo filosofico, vengono impudentemente spacciate per ambrosia. Cioran non è un filosofo, anzi si definisce lui stesso «antifilosofo». E ne dà la prova, perché è più asseverativo che dimostrativo, coglie l'effetto e non la causa. E di nuovo salta agli occhi la parentela con Nietzsche, anche lui più critico della cultura che pensatore nel vero senso della parola. Tuttavia nel libro ci sono passi di grande efficacia. Il primo capitoletto o primo aforisma, che ha per titolo Genealogia del fanatismo, meriterebbe di essere riprodotto e affisso dappertutto, specialmente nelle sedi dei partiti politici, ma anche sulle porte delle chiese: «Non si uccide se non in nome di un dio o delle sue contraffazioni: gli eccessi suscitati dalla dea Ragione, dall'idea di nazione, di classe o di razza sono affini a quelli dell'Inquisizione o della Riforma [...] I veri criminali sono coloro che instaurano un'ortodossia sul piano religioso o politico, che distinguono tra il fedele e lo scismatico». Al fanatismo «si sottraggono solo gli scettici (o i fannulloni e gli esteti), perché non propongono nulla, perché - veri benefattori dell'umanità - ne distruggono i partiti presi e ne analizzano il delirio. Io mi sento più al sicuro accanto a un Pirrone che a un San Paolo». Ci sono anche altri passi ugualmente belli o CONFRONTI Beppe Severgnini Kzzoli pp 121 L. 22.000 Civetterie antifilosofiche per il suo «Sommario di decomposizione» efficaci. Insomma questo libro è un po' come la roulette russa: se molti colpi vanno a vuoto, prima o poi arriva quello buono e micidiale. Un colpo che centra pienamente il bersaglio, per esempio, è questo: «Hegel è il grande responsabile dell'ottimismo moderno». Già solo per questa definizione il libro va acquistato e letto. E non si dimentichi che Hegel è responsabile anche delle ideologie e delle fumisterie filosofiche. Egli vede la ragione dappertutto, anche dove la pazzia e la malvagità vanno palesemente a braccetto. Sarebbe ora di metterlo alla porta, anziché continuare a portarlo in processione: voghamo riacquistare il sentimento tragico della vita. E' questo che corrobora lo spirito, non le giaculatorie ottimistiche di Hegel e dei suoi epigoni. Anacleto Verrecchia

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