«Dalla Chiesa spiava Andreotti»
In aula l'ex comandante del carcere di Cuneo: nel 79 mi contattò pure Pecorelli In aula l'ex comandante del carcere di Cuneo: nel 79 mi contattò pure Pecorelli «Polla Chiesa spiava Andreotti» Ex maresciallo: il generale creò prove false PALERMO. Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nel 1981 avrebbe fatto circolare prove false a carico di Giulio Andreotti, utilizzando il circuite carcerario di Cuneo. Lo ha affermato, testimoniando al processo contro l'ex presidente del Consiglio in corso a Palermo, l'ex maresciallo maggiore della poli/.ia penitenziaria, oggi in pensione, Angelo Incandela, che sulla vicenda ha scritto anche un libro. Per coinvolgerlo noll'operazione Dalla Chiesa gli avrebbe detto, in diverse occasioni, che «per servire la patria bisogna commettere anche azioni illegali». Incandela, nx ì collaboratore del Sisde, ha spiegato che durante la lotta al terrorismo registrò collocp.ii di detenuti nelle carceri speciali con registratori fornitigli dal Sisde e da Dalla Chiesa «Il Sisde - ha aggiunto - non sapeva che lavoravo per Dalla Chiesa e viceversa. Mi dissero che alcune bobine erano state ascoltate da Cossiga e Andreotti. I registratori funzionavano solo con cuffie speciali». Incandela ha detto che àgli inizi del '79 incontrò Dalla Chiesa e Mino Pecorelli vicino a Cuneo: «Il generale mi disse che nel carcere speciale, dove prestavo servizio, erano entrati documenti riguardanti il sequestro Moro, indirizzati a Francis Turatello, e mi diede incarico di recuperarli. Pecorelli mi spiegò che i documenti erano entrati dalla zona in cui transitavano i familiari dei detenuti». Incandela ha sostenuto che tre giorni dopo quell'incontro Dalla Chiesa Io convocò dicendogli che doveva trovare anche scritti che riguardavano Andreotti. Poi il maresciallo ha aggiunto di aver ritrovato in un pozzetto del carcere un involucro che sarebbe stato il fascicolo indicato da Pecorelli. Lo consegnò a Dalla Chiesa: «Rimase deluso, mi disse che non avevo terminato il lavoro e mi ripetè che dovevo trovare carte su Andreotti». Incandela ha poi ricordalo che nel marzo '79 rivelò al generale di aver saputo da un detenuto che c'era un piano per ammazzalo. Dalla Chiesa rispose: (A qualcuno, a Roma, farebbe piacere che mi accoppassero». Fu poi riconvocato da Dalla Chiesa a Milano, nell'ai, quando il generale comandava la divisone Pastrengo. Eravamo nella sua stanza - ha detto Incandela aveva sulla scrivania 50-60 fogli dattiloscritti. Mi disse che riguardavano il nostro amico. Non fece il nome, ma dedussi che faceva riferimento ad Andreotti. Mi ordinò di nascondere i fogli dietro lo sciacquone del refettorio del carcere. Mi spiegò che avrei dovuto fingere di rinvenirli e inviarli a lui con un rapporto scritto. Gli spiegai che non potevo farlo perché quando mi muovevo in carcere ero seguito da diversi agenti. Diventò una bestia. Aveva tm cliiodo fisso: trovare notizie su Andreotti». Incandela ha rivelato di aver ricevuto minacce di morte ancora venti giorni fa. Andreotti è rimasto perplesso sulla testimonianza di Incandela. «Ho sentito cose allucinanti, paradossali - ha detto il senatore - il fatto che Dalla Chiesa volesse convincere a fare mettere carte per poi l'arie trovare... mi pare un giallo». Ha ricordato che proprio lui, nel Bergamo: sette morti in settembre '78, mise Dalla Chiesa a capo del Nucleo speciale per combattere la criminalità organizzata. «Non mi sono accorto che avesse riserve nei miei confronti - ha sottolineato Andreotti -, anzi ritenevo che avesse una certa gratitudine». E ieri in serata è giunta la reazione della famiglia del generale. Rita, Simona e Nando Dalla Chiesa, i figli, hanno chiesto ai giudici di essere ascoltati «come testimoni, certo più informati di altri testi già escussi. Da tempo - scrivono - si è scatenata ima campagna contro nostro padre, a volte orchestrata a volte solo forte di superficialità e cinismo diffusi, tendente a trasformarlo in servitore infedele dello Stato, ricattatore, complottatore ambiguo. Esprimiamo il nostro sconcerto per lo spazio dato a sedicenti stretti collaboratori da noi mai sentiti nominare e che non sono in grado di dimostrare nulla di ciò che raccontano». [a. r.] 15 anni, Ritti investiti ROMA. Sta per essere scoperto «l'ultimo» odore: quello della morte. Sembra una ricerca ai limiti della fantascienza, invece è proprio ciò che sta facendo un gruppo di ricercatori romani. E' questo infatti l'obiettivo finale di un progetto scientifico che vede riuniti il dipartimento di Ingegneria dell'università di Roma Tor Vergata e la divisione di Otorinolaringoiatria dell'ospedale Fatebenefratelli. Grazie a un (maso artificiale», in pratica un sensore elettronico in grado di captare gli odori del corpo, cioè le molecole volatili emesse dalla pelle, i ricercatori studieranno prima alcune condizioni patologiche gravi in modo da stabilire alcu¬ Il senatore Andreotti in una delle udienze del processo L'ateneo di Tor Vergata stu tudia un naso artificiale
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