«Escono, dovete impiccarli»

«Escono, dovete impiccarli» «Escono, dovete impiccarli» La folla assedia l'auto dei carabinieri UN'ATTESA D'IRA TORTONA DAL NOSTRO INVIATO «Escono, escono». E poi: «Impiccateli, impiccateli». Piegato in due, le ginocchia molli, uno dei tre fratelli Furlan esce dalla porta della procura, un giubbotto di pelle nera tirato sulla testa. Ficcato a forza dentro la macchina dei carabinieri. Dieci della sera, e qui c'é gente che aspetta dalle dieci del mattino loro «i killer, questi bastardi, quelli che hanno ammazzato Letizia e ora non meritano più pietà». Spinto a forza nella macchina, il ragazzo del giubotto si nasconde sotto il sedile, non vuole guardare la gente che batte sulla macchina, ma sente la voce forte di quelli che vogliono impiccarlo sul cavalcavia, lo stesso dal quale avrebbe lanciato il sasso. Le dieci della sera, «E da troppe ore che aspetto di vederlo in faccia, ma non ho avuto la soddisfazione. Gli auguro di crepare, però». Lo dice un signore che ha la faccia viola dai freddo patito, il cappello in testa, le mani nelle tasche del cappotto, «ma non mi importa, io ora sono qui che In cinquecento davanti alla Procura Sputi e spintoni accompagnano il viaggio verso il carcere Il procuratore di Tortona, Aldo Cuva. Ha condotto gli interrogatori dei giovani sospettati dico ci vuole la pena di morte». «Ucciderli, bisogna». Una piccola piazza, 500 persone in tensione dalle dieci del mattino, che esplodono dodici ore più tardi. Le mani che battono sull'auto dei carabinieri, uno sputo che vola, gli uomini in divisa che spingono, una donna che urla «Assassini, dateli a me». Questo l'epilogo di una giornata cominciata quando le dieci erano passate da pochi minuti. Gente venuta qui per tempo, per vedere accendersi i riflettori delle televisioni, puntati sulla facciata del Palazzo di Giustizia, in una piazza piccola, piena di cinquecento persone. In tempo per vedere i carabinieri impettiti sulla scalinata, le facce della gente con gli occhi fissi a quelle finestre su in alto. Lassù ci sono dei ragazzi accisati di omicidio, quaggiù uomini e donne, ragazzi, famiglie con i bambini, che aspettano dalle 10 del mattino, da sei ore, qualcuno da !0 ore, di vederli in faccia. «Ecco, io vorrei vederli in faccia, passare qui davanti a me. Sputargli in faccia, che se lo ricordino il nostro disprezzo». E gira la testa, sputa davvero per terra, su un mucchio di neve vecchia, la signora con il giaccone di montone e le orecchie rosse di freddo, «Mi chiamo Antonella, del cognome le dico che comincia per S. perché qui in paese tutti mi conoscono». Monica l'ha saputo dall'autista della corriera, e lui l'aveva sentito alla radio, dei fermi. Antonella l'ha sentito in farmacia, la farmacista l'aveva sentito in tv. E sono arriva¬ * te qui «per curiosità», «per vedere le facce». Ma che faccia hanno, questi killer dei sassi? «Lui, il Paolo, è uno un po' come me, nel senso che, non so come dirti, ma ha una faccia tipo la mia». Cioè? «Cioè normale, no? Ha la mia stessa età, 25 anni, e qui a Tortona più o meno ci si conosce tutti». Andrea fa il meccanico, e Paolo se lo ricorda per la macchina, una Y10 rossa «con i led che si accendono davanti», e perché abita vicino alla fidanzata, «Lui arrivava, strombazzava un po' e lei scendeva. Li vedevo andare per i portici». Ma che tipo era? «un tipo normale, non saprei dirti la faccia. Normale, normale». Luana ha due anni, il cappottino rosso a montgomery, pesta la neve, è contenta, anche se la mamma la tiene qui da tre ore. Ma che cosa aspettate, di morire di freddo? «Aspetto che escano, usciranno, no?». E chi può dirlo? E' buio, fa freddo, nessuno sa niente, ma la gente si parla, «Sono i fratelli Furlan». «Sono veneti?». «Bho. Di sicu¬ ro non erano parlati bene», e questo, a Tortona, vuol dire gente che viene da fuori, straniera e con qualche disgrazia sulle spalle. Roberto invece il cognome lo dà: Righini. «No, non erano parlati bene, i Furlan. Comunque io spero che abbiano capito il male che hanno fatto». E Francesco Cirillo: «Mi han detto che un po' di tempo fa li avevano denunciati, si parlava di sassi contro un treno». Fa freddo, «Però io sto qui, anche se ho 70 anni i reuma. Per me ci vuole la forza, io me li ricordo i partigiani impiccati in piazza, e mi ricordo anche i repubblichini impiccati. Questi giovani non si rendono conto di che cosa è la morte. Io l'ho vista, so che è brutta. Ma adesso gliela auguro anche a loro. Se la meritano, non crede?». Lei si chiama...? «Lasci perdere, le dico solo che ho negozio qui dietro». Chiara, impiegata, e il marito Giuseppe, operaio, due bambini (7 e 13 anni) che dicono «ma quando andiamo a casa?». «Io penso alle loro madri.

Persone citate: Aldo Cuva, Francesco Cirillo, Furlan, Righini, Un'attesa D'ira

Luoghi citati: Tortona