Sul «Botticelli», nella curva della morte
11 LA STAMPA' ROMA. Polemiche e un generale eli ma di confusione a due giorni dal disastro del Pendolino, mentre la magistratura di Piacenza prosegue la sua inchiesta, coperta dal più rigido segreto istruttorio, e le parti in causa dicono la loro. LE FERROVÌE. Di fronte al Parlamento, Giancarlo Cimoli, amministratore delegato delle Ferrovie, ha portato la versione dei fatti della società. Cimoli ha difeso sia il binario su cui si è consumata la tragedia, sia il treno, definendoli entrambi «regolari». Ha anche affermato che non si è potuto ancora sapere a quale velocità l'Etr 460 «Botticelli» percorresse la curva prima dell'ingresso in stazione, perché la cosiddetta «scatola nera», con la registrazione dell'intero percorso e della velocità del treno, e ancora sotto sequestro della magistratura. Parlando alla commissione Trasporti della Camera, Cimoli ha affermato che il binario, sul quale correva il treno, è stato ritrovato con caratteristiche entro i limiti di tolleranza. Anche il treno, ad una prima analisi, risulta sostanzialmente integro nel sottocassa, con le trasmissioni intatte e senza rotture nei carrelli. Per il sistema frenante nel sottocassa non sarebbero infine stati riscontrati, hn detto, «danni evidenti», mentre per quanto riguarda i controlli l'atti alla partenza, il sistema oscillante del Pendolino risultava funzionante. Anche per quanto riguarda lo IN VIAGGIO DUE GIORNI DOPO Il Pendolino «Botticelli» passa accanto al gemello coinvolto nel disastro di domenica a Piacenza SUL PENDOLINO DAL NOSTRO INVIATO «E' in partenza l'Etr 460 per Roma». Sono le 12,55. Il macchinista Roberto Grasso si volta. «Oh, manca il blocco porte». Quando Cari Lewis perse le Olimpiadi del '92 disse: «Oggi ho visto passare un treno». Li vinse Lindford Christie, quei cento metri. Gli chiesero: che cos'è un treno per te? «La velocità», rispose. Marco Crociati, l'altro macchinista, si affaccia fuori. «Ma come, sono chiuse le porte!». No, manca il blocco, ripete Grasso. Sono passate le 12,55 e il Pendolino è ancora qui. In Italia, anche la velocità è in ritardo. L'ultimo Pendolino che avevamo visto a Piacenza era tutto torto sui binari, accasciato su se stesso. Era fermo come questo. Ma questo è diritto, maestoso. La (Moria si ferma sul predellino, girata indietro con una torsione, dai che parte, dai, il controllore con il suo vestito stirato, e Mimmo che guarda dal finestrino. Dai che parte. Sono tutti piccoli passi quelli che facciamo. «E' diverso, ma è molto bello qua fuori», disse Neil Armstrong, sbarcando sulla Luna. E beh, c'è qualcosa di affascinante anche qui dentro. Carrozze bianche, belle lunghe, corno gambe che cantano, quasi un jumbo senza ali, e sono passate le 12,55, è passata l'ora giusta. Posti prenotati 93, su 500. Non è molto, ma è la media, dice il controllore. E poi magari ci sarà un po' di effetto, dopo la tragedia di domenica. Ci viene in mente quel Pendolino, morto nella nebbia, il controllore che raccontava di essersi trovato con un bambino in braccio. Ero rotolato, diceva. «Mi ero capovolto e c'era un gran trambusto attorno a me, tanti rumori». Questo Etr 460 deve frusciare sui binari. Oh, se si decidesse la Gloria a entrare. E' un treno che non parte. Riparte. Ritorna. E' il Pendolino, Milano-Roma, gemello di quello impazzito a Piacenza. Le poltroncine di quell'azzurro da treni, che dà sul grigio, con la banda bianca, i corridoi larghi, e la Gloria che si lascia affondare vicino al finestrino. Quelle poltroncine, questi colori li avevamo visti nella carrozza squartata, davanti a noi, abbagliata dai lampeggianti, ancora fumigante nella nebbia. 11 ni ir r ni ir la poledacati. le Ferrono a fardella chiama«La riumanoto dellata polele indani prepfatti e lità. Ledi soffedell'errconsidepetuti gprecedlini», 1 dEccdev Sul «Botticelli», nella curva della morte Quattro fischi quando il treno passa a Piacenza COSSIGA Ai trenta all'ora nel tratto della tragedia Un passeggero: ci guardano perché siamo coraggiosi
Persone citate: Botticelli, Cimoli, Giancarlo Cimoli, Grasso, Neil Armstrong, Roberto Grasso
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