Ultimo «banzai» nella giungla del Pacifico

Ultimo «banzai» nella giungla del Pacifico Ultimo «banzai» nella giungla del Pacifico «Eroe» o disertore, rintracciato dopo 54 anni un soldato giapponese trali da una squadra di veterani giapponesi. Secondo il «Manila Bulletin» si tratterebbe di un soldato dell'armata imperiale disperso dal '43, rimasto dunque per ben 54 anni nascosto presso una tribù di indigeni. Dallo scarno comunicato non si capisce però se si tratta davvero di un resistente a oltranza, o piuttosto di un disertore: letteralmente «imboscato» nella foresta come un raro caso di Dean Martin estremo-orientale. Da Manila si apprende che l'uomo è stato rintracciato sull'isola di Mindoro (fra l'altro, a 200 km appena dalla capitale), dove negli ultimi anni sono stati scoperti altri sette ex militari nipponici. Non se ne conoscono le generalità, ma la locale tribù mangyan lo chiama Sangrayban. Ha messo su famiglia: si è sposato con un'indigena che gli dato quattro figli. Nonostante l'età si mantiene in perfetta forma fisica grazie alla vita all'aria aperta e agli esercizi ginnici che compie ogni mattina. Quanto al cervello, è un po' meno in palla: «Sangrayban» farfuglia continuamente «strane parole» in simil-giapponese, lingua che ha quasi dimenticato visto che dopotutto non la pratica da oltre mezzo secolo (o forse fa semplicemente il furbo). L'isola di Mindoro è a poca distanza da quella di Lubang dove nel marzo del '74 si «arrese» il celebre tenente Hiroo Onoda: aveva passato nella giungla più di trent'anni, senza sapere che la seconda guerra mondiale era finita da un pezzo. Il suo maggiore lo aveva lasciato lì con altri 5 o 6 soldati, ordinando loro di continuare a combattere «qualunque cosa succeda». Nel corso degli anni, lui e gli altri avevano ignorato i vo¬ lantini lanciati sull'isola con l'esortazione ad arrendersi e l'annuncio della sconfitta del Giappone: ovviamente, uno sporco trucco del nemico per farli uscire allo scoperto. L'ultimo commilitone di Onoda era stato ucciso nel '72 attaccando un villaggio. Per convincere il tenente a gettare le armi, lo stesso maggiore dovette tornare da Tokyo nelle Filippine a revocare l'ordine. In patria, Onoda chiese «scusa all'imperatore Hiro Ito di essere rimasto vivo» anziché morire da eroe per il Giappone. Al contrario di quanto di solito si crede, i casi di Hiroo Onoda (che poi si è rifatto una vita in Brasile), di Shoici Yokoi (che dopo 28 anni nascosto a Guam recuperò il tempo perduto sposando una giapponese che lo riteneva un eroe) o dei due nipponici scoperti nell'86 in Thailandia, «Non voglio andare in guerra! Fra dieci anni saremo di nuovo pappa e ciccia coi giapponesi e allora sai come sembreranno fessi quelli che oggi partono volontari per il Pacifico, tutti infuriati, a vendicare Pearl Harbour», profetizzava Dean Martin in un film in bianco e nero di tanti anni fa (ma alla fine la fidanzata lo convinceva a fare il suo dovere). Tormenti e parole concepibili da un americano, non dai figli del Sol Levante che dal '41 al '45 si batterono con ardore fanatico contro i Marines. Tanto fanatico che qualcuno di loro salta fuori ancora adesso dalle giungle ad apprendere con incredulità e rincrescimento che la guerra è finita e il suo Paese è stato sconfitto. L'ultimo caso (ma sarà l'ultimo?) riguarda un nipponico di 85 anni ritrovato qualche giorno fa in un'area impervia delle Filippine cen¬

Persone citate: Dean Martin, Hiroo, Hiroo Onoda

Luoghi citati: Brasile, Filippine, Giappone, Manila, Thailandia, Tokyo