L'«Anonimo» Napolitano
L'«Anonimo» Napolitano L'«Anonimo» Napolitano 77 ministro forse autore di poesie re, siamo al miracolo». E' poi riuscito a intervistare «Pignatelli» (che gli ha inviato anche l'inedito che pubblichiamo qui accanto), che però non ha voluto svelare la sua identità: «Col mio nome - ha spiegato a Poesia - avrebbero dedicato al libro recensioni, servizi e dato premi, e senza il mio nome invece il libro sta vivendo la sua vera vita, fatta di sensi, di entusiasmi, di interesse vero. Anche se devo dire sinceramente che aspettavo un interesse maggiore: vorrei che il nome contasse poco e contasse invece la poesia». Certo la figura del Napolitano poeta non stona: gentiluomo partenopeo, soprannominato dai compagni di partito Lord Carrington, il ministro non ha mai fatto nessuna concessione alla politica spettacolo e pure ha un animo di artista: da giovane, a Napoli, ha fatto l'attore teatrale con molta serietà. «Misurato e forbito» lo ricorda al Mercadante Massimo Capraia nel «Viaggio a Cardiff» di Yeats. E fu del tutto efficace in una commedia in dialetto di Di Giacomo. Perché il dia¬ letto, per le poesie? «Anche in politica - dice l'autore a Colasanti ogni volta che ho preso una decisione importante, non l'ho fatto mai disgiungendo il mio mondo partenopeo così ricco di umanità. Se tutti fossimo un po' napoletani, vivremmo in un mondo migliore». Ma che politico è, questo poeta? ((Antonello Trombadori diceva che le mie poesie erano le più anticomuniste - prosegue l'Anonimo che avesse mai letto, Natalia Ginzburg invece le adorava. Io credo in una poesia impersonale, come le idee che si sfarinano e si incarnano in chi verrà dopo di noi. E' il senso della poesia ma anche della politica». E cosa chiede, il politico al poeta? «La purezza, lo sguardo limpido, il senso di una realtà suprema. Il politico è chiuso ermeticamente dentro certi confini, non può essere utopico. Il poeta sì. L'utopia in poesia si veste di una voce autentica che sfuma non appena si incontra con la politica. Per questo c'è bisogno di poeti, quando la società entra in una crisi profonda: come, praticamente, non so, ma TUPPET1AVANO A Tuppetiavano desederavano sfesaffuffà issi stessi se 'ncucciati sul ma 'a stracanata è sanguétta ave le vìscete a pònta della peste lo spazio è più capiènte 'e cbillo ca penzammo stennecchiati abbasta pe tutti accunzentimo la trupéa tenìmmece 'o passo. Bussavano ad ogni porta Buno scrutare a fondo vederci chiaro / grante // ma la stanchezza è usuraia // lo spazio è più di quel che credevcondiamo / la bufera teniamoci al p . ' . ■ ■ porterei molti poeti in Parlamento e gli affiderei non il ministero della Cultura, ma i più importanti: il Bilancio, l'Estero, la Sanità. La poesia non è un perditempo, può recuperare valori etici attraverso il lin¬ TUTT' E PORTE sfessechià 'nfunno vede ianco sul fatto ssavano ad ogni porta / voleva arrestare se stessi se colti in fla / ha le mollicce spire della peste amo / stesi ce n'è per tutti asseosso. guaggio. Anche se, come diceva Lenin, "è certo molto più facile gridare, ingiuriare, strillare, che tentare di esporre, spiegare, ricordare"». Raffaella S
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