BRAHMS il genio frainteso

La leggenda e gli equivoci sul grande musicista morto un secolo fa. Con 50 orchestre la sua Amburgo si mobilita per celebrarlo La leggenda e gli equivoci sul grande musicista morto un secolo fa. Con 50 orchestre la sua Amburgo si mobilita per celebrarlo BRAHMS l Sil genio frainteso BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Centosettantacinque manifestazioni fra concerti, mostre, convegni. La partecipazione di cinquanta orchestre, dai «Wiener Philarmoniker» diretti da Simon Rattle, ai «Wiener Symphoniker» diretti da Georges Prètre, alla «London Symphony Orchestra» con Colin Davis. L'esibizione di solisti come Anne-Sophie Mutter, Martha Argerich e Dietrich Fischer-Dieskau. Ma soprattutto la «mobilitazione culturale di una città», come spiegano i responsabili di quello che impropriamente è stato definito un «festival», e che in realtà è «la celebrazione multimediale di un genio della musica», Johannes Brahms: il figlio più famoso di Amburgo, morto il 3 aprile di cent'anni fa nel1'«esilio volontario» della città che lo fece grande, Vienna. «L'anno di Bramhs» - organizzato dalla «Hamburgische Kulturstiftung» e dalla «Musikhalle» della città anseatica grazie all'aiuto decisivo di una schiera di mecenati piccoli e grandi, arrivati da tutta la Germania, che hanno ovviato alla mancanza di sovvenzioni pubbliche offrendo oltre un milione di marchi - si è aperto la scorsa settimana con una serata degli «Hamburger Symphoniker» diretti da Miguel Gomez-Martinez. L'udito e la vista il Concerto per violino opus 77 e la Serenata numero 1 hanno dato l'avvio all'esecuzione integrale del musicista tedesco: secondo il concetto-guida degli organizzatori, «recuperare tutta intera l'opera di Brahms, anche le pagine meno fortunate» e «dar conto di tutta intera la sua vita, di compositore, di cittadino, d'uomo». Perché «non bisogna credere che Brahms darà soltanto piacere all'udito. L'opera di Brahms risulterà piacevole anche alla vista», spiega il direttore del «Museum fùr Kunst und Gewerbe» Volker Hornbostel, che annuncia per il 5 settembre una grande mostra su «Brahms e i suoi tempi», con l'esposizione di «centinaia di documenti originali», molti dei quali appartenuti al —T] ROMA 4 BB1AMO buttato vent'an1 ni. Le novità del sistema ri politico italiano - alter* al nanza, bipolarismo, lo smembramento della de, la trasformazione del pei - sono nate vecchie, in ritardo, sono arrivate per l'esattezza Vent'anni dopo, come dice il titolo di un libro molto atteso di Giuseppe Vacca, che Einaudi metterà in circolazione il 23 gennaio, in tempo utile per il congresso del pds. Il sottotitolo mette a fuoco l'oggetto specifico dell'analisi: La sinistra tra mutamenti e revisioni. Otto capitoli, in cui s'intrecciano ricostruzione degli avvenimenti e polemiche interpretazioni delle scelte della sinistra. «Ma non è un pamphlet», dice musicista e usciti per la prima volta dagli archivi di Amburgo, di Vienna, di Lubecca. Dal 7 al 12 aprile, il mese nel quale si concentreranno i migliori concerti, Amburgo sarà sede inoltre di un simposio che riunirà musicologi di tutto il mondo, molti dei quali presenteranno studi originali. Per l'occasione la «Deutsche Grammophon» - marchio storico dell'industria discografica internazionale, con sede ad Amburgo - presenterà una nuova edizione dell'Opera omnia di Brahms, 46 dischi con interpretazioni di Claudio Abbado, Maurizio Pollini, Herbert von Karajan, AnneSophie Mutter, Daniel Barenboim, Karl Boehm e Mstislav Rostropovich. E intanto a Vienna Poco, in confronto, farà Vienna, la città nella quale Brahms visse per quasi 35 anni e fino alla morte, considerandola «patria d'adozione»: qualche concerto e una mostra. Ma a Vienna, i «cent'anni di Brahms» sono oscurati dai «duecento anni di Franz Schubert», che nella capitale austriaca nacque il 31 gennaio 1797. Anche la mostra sarà in comune: una parte dedicata al «tedesco», una parte al «viennese». Amburgo del resto - che con cent'anni di ritardo dedicherà una strada al suo unico genio musicale - ha di che farsi perdonare: Brahms, nato in un quartiere povero della città, vi aveva debuttato come pianista nel 1848, in un periodo nel quale ancora si guadagnava da vivere suonando in locali di terz'ordine frequentati da prostitute. Nonostante Schumann gli avesse dedicato un articolo entusiasta sulla rivista Neue Ba hnen («Questo giovane è destinato a sollevare un grandissimo movimento nel mondo musicale», scrisse), quando Brahms chiese la direzione musicale della «Filarmonia» di Amburgo, nel 1862, la risposta fu un rifiuto sbrigativo. Amareggiato, Brahms lasciò la città natale per Vienna. Soltanto dieci anni dopo Amburgo riconobbe l'errore e gli concesse la cittadinanza onoraria: Brahms si disse «commosso», ma non ritornò mai più. Emanuele Novazio al telefono Giuseppe Vacca. «E' una raccolta di saggi che documenta venticinque anni di lavoro». D'altronde ha scritto un unico pamphlet, Per una nuova costituente, uscito l'anno scorso (Bompiani). Barese, 57 anni, docente universitario, in pensione, di Storia delle dottrine politiche, direttore dal 1988 della Fondazione Gramsci, è autore di diversi saggi che privilegiano l'analisi scientifica sull'intervento d'occasione: da Scienza Stato e critica di classe (1969) a Gramsci e Togliatti (1991), due personaggi a cui ha dedicato gran parte delle sue ricerche. Non è un pamphlet, quello di Vacca, ma è sicuramente un libro scomodo. I vent'anni di ritardo sono un riferimento duplice. C'è un ritardo del 1989 rispetto al '68-'69 e c'è un ritardo del 1996 rispetto al 1976. Che cosa significa? «Significa che per capire l'Ottantanove devi partire dal Sessantotto - risponde l'autore -. E' allora che sono venuti alla luce gli sconvolgenti cambiamenti con cui facciamo i conti oggi. La con- Fsc AsnsclpegaeescldmtpnqndSedcrdcacpnsSc macinate nell'Europa socialdemocratica. La responsabilità pesa sulle due maggiori forze politiche: la de e il pei. «La de è stata un capolavoro storico-politico, che teneva insieme destra liberale e forze socialdemocratiche, grazie al fatto che all'opposizione c'era il pei, un partito non eh governo tcome Togliatti sapeva benissimo), e che erano disponibili le risorse del Weifare State e dell'economia mista. Quando le risorse si riducono e l'elettorato si volge ai comunisti, vale a dire fra il 1975 e il 1976, Enrico Berlinguer non riesce a vedere la decisiva differenza fra alternativa e alternanza. Respinge l'ipotesi di vivere in condizioni di alternanza politica. Dice che con il 51 per cento non si governa. C'è un rifiuto esplicito da parte del pei, dopo il 1978 e dopo la fine della solidarietà nazionale, a prendere in considerazione modelli che non siano quelli del consociazionismo». Da qui la scelta democristiana del patto di coalizione nel pentapartito. E, di conseguenza, un sistema pohtico ingessato, destina¬