«Silvio, non abbandonarci» di Guido Tiberga

«Silvio, non abbandonarci» «Silvio, non abbandonarci» L'appello dei Cobac: non fidarti dell'Ulivo Il leader dei Cobac Mario Segni sono stato grato perché in quel modo non chiudeva la via alle riforme. Ma adesso troppe cose sono cambiate: ora è chiaro che con la Bicamerale non avremo mai né il presidenzialismo né il federalismo. C'è ancora una possibilità: chi vuole una riforma liberaldemocratica dello Stato può anche essere minoranza nel Parlamento, ma di sicuro è maggioranza nel Paese. E allora Berlusconi deve convincersi a lasciar decidere la gente, a dire sì alla proposta Cossiga per un referendum sulla Bicamerale...». All'una passata, quando già qualcuno dei Cobac milanesi ha lasciato la sala per andarsene a pranzo, il microfono passa a Cossiga. L'ex Presidente parla a braccio, cattura l'attenzione dei rimasti con battute da attore consumato: «Gerardo Bianco dice che sto spingendo il Paese verso la deriva plebiscitaria - ammicca - solo perché voglio far votare i cittadini sulle riforme. Proprio lui, che ha un giornale che si chiama il Popolo. Lo Christian De Sica. dui Cavaliere: la decisione la prenderanno i parlamentari dei Polo, tutti insieme, martedì. Ma, precisa Berlusconi, «un accordo parlamentare è ancora possibile»: è un «no» senza appello alla proposta di Cossiga, un «no» cui Cossiga non replica. Anche perché la risposta se l'era già data in anticipo, dal palco del cinema Excelsior: «Gli uomini del Polo che pensano di condizionare la Bicamerale sono degli ingenui. Non riusciranno a farlo, perché la maggioranza del governo rimarrà la maggioranza anche nella Commissione. D'Alema è l'uomo che ha portato la sinistra al governo. Come possiamo chiedergli di distruggere tutto per fare un favore a Berlusconi?». Segni: troppe cose sono cambiate ora è chiaro che la Bicamerale non porterà mai né il federalismo né il presidenzialismo Sul palco, accanto a Cossiga che entrerà in scena per ultimo, come si conviene alle star, sono in molti. C'è Segni, che tirerà la volata all'ex Presidente. C'è Ignazio La Russa, la testa e il telefonino collegati in diretta con la direzione romana di An. Ci sono Carlo Scognamiglio e Roberto Formigoni. C'è soprattutto l'ombra scomoda di Berlusconi, che per quasi due ore nessuno osa neppure nominare: può darsi che sia soltanto una coincidenza, ma forse è già la consapevolezza di giocare una partita persa. Certo è che di tanto in tanto affiorano i segni del pessimismo: tutti ripetono che non si fermeranno «comunque andrà a finire», Formigoni arriva addirittura a «offrire a Cossiga la presidenza di quella Bicamerale che sarebbe meglio non fare». E' Mario Segni a citare il Cavaliere per primo: «A Berlusconi voglio lanciare un appello - dice il leader del Patto -. Due mesi fa ha votato per la Bicamerale, e io gli chiami il Vertice, prima di accusare me...». Cossiga alterna lo spirito alle parole pesanti. Prima fa arrossire Formigoni rispedendo al mittente l'offerta di presiedere il bersaglio su cui si vorrebbe sparare: «Capisco il tuo affetto, ma mi sembrerebbe - come dire? - una contraddizione. E poi, scusami, ma non è neppure il caso di rinunciare ufficialmente a una proposta che finora mi hai fatto soltanto tu...». Poi, quando ripete il suo invito al leader di Forza Italia, l'ex Capo dello Stato ritorna serio: «Non ho l'auto¬ rità per chiedere a Silvio Berlusconi di fare uno, due, tre passi indietro - dice - però è arrivato il momento di tirare fuori il coraggio: il Cavaliere ricordi che in politica gli avversari blandiscono i deboli, ma li disprezzano. Attaccano i coraggiosi, ma li rispettano. Ora Berlusconi deve scegliere: è in gioco la sua credibilità come guida dell'area liberale, laica, cattolica e nazionale. E' arrivato il momento delle decisioni - insiste Cossiga - se non le prenderà Berlusconi, qualcun altro le prenderà per lui...». Poche ore, e arriva la risposta Guido Tiberga