I predatori del Sol Levante di Fernando Mezzetti

I predatori del Sol levante I predatori del Sol levante La strategia delle multinazionali di Seul I SEGRETI DELLE TIGRI interessi spaziano dalle automobili alle lavastoviglie, ha fatto la sola offerta per la privatizzazione di un ramo del colosso pubblico Thomson, peraltro respinta al mittente da Alain Juppé. E ancora, è stata la Lg a comprare per 350 miliardi di dollari la maggioranza della Zenith, l'ultimo produttore di televisori americano. In Polonia, invece, la Daewoo ha aquistato per 280 milioni di dollari il 40% della fabbrica di automobili Fso. Ma quando è il caso i sucoreani non disdegnano nemmeno l'investimento diretto: ha fatto scalpore, sei mesi fa, la decisione della Lg di investire oltre 4 mila miliardi di lire in Galles - un record assoluto - per creare una fabbrica di semiconduttori e una di apparecchi televisivi, che daranno lavoro a 6000 persone. CHI ha fatto l'unica offerta per rilevare l'inguaiatissimo produttore aeronautico Fokker dalle mani della Daimler Benz? Chi ha tentato di acquistare il gruppo elettronico Thomson Multimedia, ma è stato respinto da Parigi? Chi ha comprato il 46% del gruppo informatico americano Ast sborsando poco meno di mezzo miliardo di dollari? La risposta esatta, in tutti e tre i casi, è una sola: una società sudcoreana. Ormai lontani dall'immagine di semplici esportatori di elettronica a buon prezzo, i grandi gruppi di Seul, come Samsung, Daewoo, Hyundai, Lucky Goldstar (o Lg), occupano posti di tutto rispetto nella classifica mondiale delle maggiori società e si sono trasformati all'inizio degli Anni 90 in veri e propri «colonizzatori», battendo la strada già tracciata dai giapponesi. Gli «chaebol», le conglomerate sudcoreane a controllo strettamente familiare e con interessi diffusissimi (dalla cantieristica all'elettronica, dalle telecomunicazioni agli elettrodomestici), si spingono fuori dai loro confini e ingoiano pezzi sempre più grandi delle singole economie nazionali. La loro strategia, negli ultimi anni, è stata proprio quella di acquisire a ritmo intensissimo aziende straniere, spesso anche in cattive condizioni di salute, ricorrendo in misura minore agli investimenti diretti all'estero, come invece hanno sempre preferito fare i giapponesi. Così la Samsung, la cui attività copre le assicurazioni come l'aeronautica, è stata tentata dalla Fokker, anche se alla fine ha deciso di non acquistarla, e la Daewoo, i cui E poco prima, sempre attratta dalle grandi agevolazioni fiscali britanniche e dal basso costo del lavoro, la Samsung ha investito 700 milioni di dollari in Gran Bretagna per mia fàbbrica di elettronica che impiegherà tremila dipendenti, ed ha deciso di spostare il suo quartier generale europeo a Londra. In Italia lo sbarco dei «chaebol» è relativamente recente e per ora, forse anche a causa di condizioni poco propizie agli investimenti, la presenza sudcoreana è di tipo commerciale più che produttivo. La filiale italiana della Samsung Electronics ha concluso il '95 con un fatturato di 171 miliardi, vendendo fax, televisori, telefoni cellulari e videoregistratori. Daewoo, sbarcata in Italia nel 1991, ha chiuso il primo semestre del '96 con 65 miliardi di fattu¬ rato, sempre nell'elettronica di consumo, e una crescita del 97% sullo stesso periodo dell'anno precedente. La Hyundai, presente solo con un importatore del suo marchio automobilistico, ha venduto nel nostra Paese poco più di 8000 vetture nel '96. Piccoli numeri per ora, ma se l'esperienza etuopea insegna presto le bandiere di Seul potrebbero sventolare alte anche in Italia. Sempre sperando che le cose non finiscano come alla Goldstar di Pastorano Maggiore, vicino a Capua, dove nell'agosto scorso i 200 dipendenti che producevano frigoriferi hanno trovato la fabbrica chiusa al ritorno dalle ferie. Il modello sudcoreano aveva deciso di scegliere lidi più accoglienti. Fernando Mezzetti

Persone citate: Alain Juppé, Lucky Goldstar, Thomson, Zenith

Luoghi citati: Capua, Galles, Gran Bretagna, Italia, Londra, Parigi, Polonia