Un bonzo nella protesta sudcoreana
Dagli scioperi all'urto con la polizia: un operaio si dà fuoco, ordine d'arresto per 7 sindacalisti Dagli scioperi all'urto con la polizia: un operaio si dà fuoco, ordine d'arresto per 7 sindacalisti Un bonzo nella protesta sudcoreana La Hyundai proclama la serrata SEUL. C'è una prima vittima nella grande lotta sindacale che sconvolge la Corea del Sud: per protesta contro la nuova legge sui licenziamenti, ieri un operaio si è dato fuoco durante scontri tra polizia e operai avvenuti a Ulsan, nel Sud-Est del Paese, sede del grande gruppo Hyundai, la maggiore casa automobilistica sudcoreana, che per reazione ha proclamato una serrata a tempo indeterminato. Nonostante gli appelli dei sindacati europei e italiani e della chiesa cattolica coreana, il tribunale di Seul ha inoltre emesso sette mandati di cattura nei confronti di leader sindacalisti, che per sfuggire all'arresto si sono rifugiati nel giardino della cattedrale di Myonydong. Segnali di apertura vengono invece da una inaspettata visita del capo del partito governativo della Nuova Corea, Lee Hong-Koo, alla sede della federazione dei sindacati coreani, sindacato moderato che conta oltre un milione di iscritti e che finora non ha partecipato agli scioperi. Jung Jae-Sung, l'operaio di 33 anni che si è cosparso di solvente dandosi fuoco, è stato trasportato in ospedale in gravi condizioni. I medici gli hanno riscontrato ustioni sul 90 per cento del corpo. Altre tre persone sono rimaste ferite negli scon¬ tri, il primo serio incidente avvenuto dall'inizio degli scioperi, lo scorso 26 dicembre. In risposta al disperato gesto dell'operaio, i 32 mila dipendenti della Hyundai hanno manifestato provocando la reazione dell'azienda, che ha proclamato la serrata degli impianti (che negli ultimi giorni già avevano avuto problemi di funzionamento per gli scioperi). Ieri le proteste erano state scatenate dalla decisione del tribunale di Seul di spiccare mandati d'arresto contro i sette leader sindacali che guidano da giorni la protesta sociale contro la nuova legge sul lavoro, giudicata lesiva degli interessi dei lavoratori. I sindacalisti, che si sono rifugiati nei giardini della cattedrale cattolica di Myonydong, protetti da decine di sostenitori, hanno dichiarato che non si lasceranno arrestare. «Il nostro sciopero non è illegale», ha dichiarato uno dei leader sindacali, Hwang Myung-Jin. II giudice che ha deciso il provvedimento ha detto che «i mandati sono stati emessi perché lo sciopero è una cosa grave e perché i sindacalisti non hanno ragioni serie per non rispondere alle convocazioni». Il magistrato ha aggiunto che la misura è stata adottata per impedire ai sette di fuggire dal Paese. Ieri mattina i sindacalisti avevano respinto una convocazione del tribunale sostenendo che la nuova legge sul lavoro era stata approvata illegalmente il 26 dicembre scorso perché in assenza dell'opposizione. L'influente Chiesa cattolica sudcoreana ha chiesto ieri alle parti di riaprire i negoziati e porre fine agli scioperi. L'appello però è caduto nel vuoto. Solidarietà ai lavoratori sudcoreani è venuta oggi anche dall'Italia e dall'Europa. I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil hanno rivolto un appello al governo italiano affinché intervenga presso il presidente della Repubblica della Corea del Sud Kim Young Sam affinché sia modificata «profondamente» la nuova legge sul lavoro, per ristabilire «un clima di confronto sociale-democratico» e impedire «qualsiasi iniziativa di repressione». A Bruxelles un centinaio di sindacalisti ha manifestato davanti all'ambasciata della Corea del Sud per esprimere «preoccupazione» per la situazione. L'iniziativa è stata promossa dalla Confederazione internazionale dei sindacati liberi. [Ansa-Afp-Reuter] A destra l'operaio che si è dato fuoco a Ulsan e (sotto) i primi soccorsi dei suoi compagni (FOTO ANSAJ
Persone citate: Hwang Myung-jin, Jung, Kim Young Sam
Luoghi citati: Bruxelles, Corea, Corea Del Sud, Europa, Italia, Lee Hong-koo
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