Così il duce riscrisse le leggi antisemite

Così il duce riscrisse le leggi antisemite Così il duce riscrisse le leggi antisemite Un testo pseudoscientifico diventò atroce arma politica spettando che il «Manifesto» incriminato fosse in realtà opera dei loro assistenti, pretesero sia di dissociare pubblicamente i loro nomi da quelli degli altri firmatari, sia una nuova dichiarazione sulla razza (ma Mussolini rifiutò e Pende ricevette dal ministro della Cultura popolare, Alfieri, un perentoriu telegramma che diceva: «Per superiore incarico vi comunico che non si ritiene opportuna per ora nota dichiarazione»). Ricci rivela a Panorama anche quello che avvenne nell'incontro fra docenti e assistenti, da una parte, e il rninistro Alfieri dall'altra, convocati d'urgenza a Roma nel luglio 1938: «Siamo stati che se lo erano annotato nei diari, aveva detto di averlo «praticamente redatto» lui) fino a farlo diventare il «suo» decalogo e il prologo alle leggi razziali e poi che il «Manifesto» nella versione manipolata da Mussolini fu una scelta del Duce nel quadro della politica interna e internazionale del fascismo. Gli estensori del documento originale, incentrato invece sull'ideologia di un nazional-razzismo propugnata da Pende e dal tisiologo Sabato Visco, furono colti di sorpresa da quello che venne definito «un vero e proprio falso». Ne nacque uno scontro polemico nel quale i due scienziati, forse so- Ben'rto Mussolini

Persone citate: Alfieri, Duce, Mussolini, Pende, Ricci, Visco

Luoghi citati: Roma