«I pentiti sono senza futuro» di Luigi La Spina

E il Cocer: «Offensivo per le forze dell'ordine definire da fame lo stipendio dato a Cancemi» E il Cocer: «Offensivo per le forze dell'ordine definire da fame lo stipendio dato a Cancemi» «I pentiti sono senza futuro» Lo sfogo di Marchese: non voglio soldi IUME Aperto a Roma Ambulatorio per le vìttime dell'usura ROMA. «Non ho avuto niente dallo Stato, ricevo un compenso che è solo quanto basta per tirare avanti. Però adesso la mia vita è distrutta: ho perso la mia famiglia, che è la cosa più cara; ho perso mia sorella Vincenza, mio padre. Passo il tempo in casa a fare dei modellini. Il pentito non ha più un futuro, non può andare a lavorare, deve stare attento alle persone che gli stanno vicino, non può rcmserirsi nella società. Di fronte alle polemiche di questi giorni io stesso mi sento schifato». Giuseppe Marchese, 34 anni, mafioso «fin da bambino» ed oggi pentito, ha risposto così all'avvocato Alfredo Galasso, legale di parte civile nel processo per l'omicidio Pecorelli, che gli chiedeva quali fossero le sue entrate economiche. La deposizione di Marchese è stata una accalorata difesa del collaboratore di giustizia, sotto accusa dopo le dichiarazioni di Tina Montinaro, vedova di uno degli agenti uccisi nella strage di Capaci. «Io mi trovo agli arresti domiciliari - ha detto Marchese - e sto scontando per quello che ho fatto. Lo Stato non mi ha dato niente e io niente chiedo allo Stato: non voglio soldi, voglio solo uscire da Cosa nostra, che mi ha distrutto; voglio farmi una vita pulita». Le dichiarazioni della vedova Montinaro hanno suscitato la replica anche delle mogli di due pentiti, Isabella Ganci e Concetta Ferrante. Dicono di «comprendere il suo dolore», ma le ricordano che la vita dei pentiti, delle loro mogli, dei figli non è facile, a partire dalla permanente insicurezza, dalla paura di essere individuati e uccisi per vendetta. «Mio marito ha ucciso mio padre e io l'ho perdonato per quello che mi ha fatto, lo amo e l'ho seguito quando ha deciso di pentirsi - ha detto Isabella Ganci, il cui marito ha confessato un centinaio di delitti - e dunque comprendo 0 dolore delle vittime, ma questo dolore spero sia servito a far capire, anche a mio marito e a tutti gli altri, quello che hanno fatto». Anche la moglie di Ferrante sostiene che è giusto dare una risposta al «dramma vissuto dalla vedova Montmaro» ma ritiene anche che la «gente debba conoscere i drammi che la collaborazione comporta. Siamo mogli che non hanno scelto di vivere con degli assassini ed i nostri figli si ribellano a padri che non hanno chiesto loro il permesso, né quando hanno stipulato il patto scellerato con Cosa nostra, né quando hanno deciso di collaborare con lo Stato». Solidarietà alla vedova Montinaro anche dal Cocer carabinieri, che ha dichiarato: «E' semplicemente offensivo nei riguardi di tutti e in particolare delle forze dell'ordine (i cui caduti per mano mafiosa e terroristica si contano a decine) apprendere che viene definito "stipendio da fame" quello corrisposto al collaboratore Cancemi. Come dovrebbero essere definiti quelli solitamente percepiti dalle forze di polizia e dai parenti dei caduti?». Ieri intanto si è riunito il gruppo di lavoro interministeriale della commissione pentiti per le modifiche da apportare alla legge sui collaboratori. Alla riunione hanno partecipato i sottosegretari all'Interno Smisi e alla Giustizia Ayala, il coordùiatore del gruppo di lavoro Inter- no-Giustizia D'Ambrosio e il procuratore nazionale antimafia Piero Luigi Vigna. Le proposte del gruppo di lavoro saranno formulate entro un mese, e le modifiche alla legge sui pentiti seguiranno le linee della relazione trasmessa ai ministri Flick e Napolitano lo scorso dicembre. Nella relazione trasmessa ai due ministri, si prevedeva, tra l'altro, il restringimento ai soli reati di mafia e terrorismo quelli per i quali sia possibile prevedere la collaborazione con la giustizia e qnindi misure premiali e di protezione. Gli sconti di pena dovrebbero essere svincolati dalle eventuali misure di protezione e dovrebbero essere decisi dal giudice di merito o dal magistrato IUME E UOMINI 34 TOTALE Fra i possibili «correttivi» da introdurre nella normativa, Vigna fa riferimento fra l'altro alla necessità di fare una selezione fra i pentiti ed i familiari da proteggere, tenuto conto che settemila fra collaboratori e loro parenti «in effetti sono tanti». Inoltre si dovrà studiare la possibilità di mandare i pentiti anche in altri Paesi. Polemico invece Mario Borghezio, deputato leghista, che si dice contrario a «trapiantare i pentiti in Padania, cioè nelle regioni che hanno massicciamente votato per l'abrogazione del soggiorno cautelare e dove già lo Stato, col soggiorno obbligato, aveva fatto radicare i primi cespugli di presenza mafiosa», [a. r.] di sorveglianza. Per la protezione, riservata oltre che al pentito ai soli familiari conviventi, la nuova legge ipotizzerebbe tre diversi gradi. Solo per il terzo, riservato a chi dia un contributo «non solo attendibile ma anche indispensabile» e «di eccezionale rilevanza», si prevede un programma di protezione vero e proprio, con cambio di identità, casa e stipendio. Il procuratore Vigna ha dichiarato (al settimanale Panorama) che i pentiti e i loro famigliari «a un certo punto, vanno reinseriti in una normale vita di lavoro. Altrimenti c'è il pericolo che si crei una sacca di persone mantenute per sempre per il semplice motivo che non possono essere abbandonate a se stesse». 780 LIBERI CON MISURE ALT UBERI ARRESTI DETENUTI FUORI DAL CARCERE FAMILIARI Entro trenta giorni le modifiche alla legge Vigna: per gli ex boss un futuro all'estero Un'immagine della strage di Capaci e sotto il procuratore antimafia Piero Luigi Vigna 12S1 DI CUI: 248 106 ERNATIVE AL ALL'ESTERO 65 DOMICILIARI 8 5747 DONNE 35 RECLUSI Oppure si può ancora ricorrere al vecchio trasformismo, tra l'altro di origine più laica che cattolica? Se non ci sono gli interessi ad unire la lobby cattolica, ci sono «i valori», certo. Ma siamo proprio sicuri che la libertà della persona umana, il rispetto per la vita e per la morte, per la privacy dell'individuo, per la sua dignità, per la difesa dei più deboli, per il lavoro e per la cultura siano oggi valori tali da essere patrimonio di una lobby, laica o cattolica che sia? Anche sui «valori» è possibile oggi una divisione, vera e non solo funzionale a pregiudizi o a operazioni di potere, tra i cosiddetti laici e i cosiddetti cattolici? Non è meglio allora che i cattolici, nel loro stesso interesse, si impegnino in politica solo come cittadini desiderosi di un fisco più equo, di una giustizia più rapida e certa, di un lavoro dignitoso per tutti, di uno Stato sociale che tuteli davvero i più deboli e non i più garantiti? Che si dividano anche loro per interessi o per ideologie e che lascino le lobby ai troppi fondamentalisti del pianeta, compresi quelli domestico-leghisti di casa nostra. Luigi La Spina

Luoghi citati: Capaci, Roma