Ma che orecchie grandi!

L'OTOCIONE, CANI DE AFRICANO L'OTOCIONE, CANI DE AFRICANO Ma che orecchie grandi! Un carnivoro che si nutre d'insetti LO chiamano «bat-eared fox», cioè «volpe dalle orecchie di pipistrello». Perché, fatte le debite proporzioni, le sue orecchie non hanno nulla da invidiare a quelle dell'orecchione, il pipistrello diffuso in tutta Europa e anche dalle nostre parti. Parlo dell'otocione, il bel canide africano dalla pelliccia fulva o grigio argentata e dal musetto birichino in cui spiccano i grandi occhi dalla pupilla tonda e dall'espressione maliziosa. Che abbia un udito sopraffino non fa meraviglia con quel po' po' di orecchie che si ritrova. Orecchie che servono a sentire il brusìo degli insetti che vivono sottoterra. Quando gli viene fame e va a caccia di prede, l'otocione ha un sistema brevettato per scovarle. Si mette in una curiosissima posizione con la testa all'ingiù e le grandi sventole auditive poggiate al suolo. E ascolta. Non appena ha individuato esattamente il punto da cui proviene il rumore per noi assolutamente impercettibile - non perde tempo. Si mette immediatamente a scavare di buona lena con gli unghioni delle zampe anteriori. E in men che non si dica raggiunge l'obiettivo. Che, il più delle volte, consiste in larve di insetti o in termiti della specie Hodotermes mossambicus, quelle di cui è più ghiotto. Non c'è che dire. Si tratta di una vera e propria anomalia. Quando mai un carnivoro che si rispetti si nutre di insetti? Si direbbe che l'otocione venga meno alla tradizione. E' vero che carne, sia pure in pillole, è anche quella degli insetti, ma l'otocione fa parte della famiglia dei canidi e tutti quanti i canidi, dai lupi ai licaoni, dai coyote ai dinghi, esigono prede ben più consistenti. Gli insetti non li degnano nemmeno di uno sguardo! Come va questa faccenda? L'ha chiarito il biologo Reay H. N. Smithers dell'Università di Pretoria che si è preso la briga di analizzare il contenuto gastrico degli otocioni durante un anno intero. E che cosa ha scoperto? Che nella stagione delle piogge, la calda stagione umida che in quel Paese australe dura da ottobre a febbraio, allorché avviene una vera e propria esplosione d'insetti, gli otocioni non si lasciano scappare l'occasione e attingono a piene mani a questa sovrabbondante fonte di cibo. Ma quando subentra la stagione fredda e secca che raggiunge il suo culmine in maggio e gli insetti scarseggiano, allora l'otocione ripiega su lucertole o piccoli roditori e non disdegna nemmeno vegetali come bacche o frutti. Fatto davvero insolito per un carnivoro. La predilezione dell'otocione per gli insetti comporta un tipo di dentatura diversa da quella degli altri carnivori. Niente più canini sviluppatissimi che si conficcano come pugnali nelle carni delle vittime. Per sgranocchiare la dura corazza chitinosa dei coleotteri, delle cavallette o delle termiti, di denti ce ne vogliono parecchi. E infatti l'otocione ne possiede da quarantotto a cinquanta, anziché quaranta¬ due, come la maggior parte dei canidi. L'habitat ideale per questo carnivoro sui generis? Le regioni semiaride, ricoperte da vegetazione erbacea non troppo alta, le più adatte allo scavo. Perché gli otocioni non scavano soltanto per snidare gli insetti. Lo fanno anche per fabbricarsi una tana sotterranea lunga più di tre metri e profonda un metro circa. Ha un ingresso principale e uno o più ingressi secondari, che funzionano anche come uscite d'emergenza. Con tanti predatori in giro la prudenza non è mai troppa. Una tana cosiffatta può ospitare anche una decina di individui. Gli occupanti sono igienisti ad oltranza. Si guardano bene dall'insudiciare la casa comune con i loro escrementi. Vanno a depositarli in una località esterna che serve da toilette collettiva. I maschi contrassegnano i confini del loro territorio. Le femmine fanno altrettanto solo quando sono in estro. Il loro è un chiaro messaggio rivolto ai maschi: «Sono( pronta alle nozze. Fatevi avanti». In questo modo l'incontro tra i sessi risulta facilitato. Un otocione maschio ospite dello zoo di Utica (Usa) è stato visto accoppiarsi dieci volte al giorno per una settùnana di fila. Non si sa se in natura il temperamento amoroso di questo mammifero sia altrettanto focoso. Sta di fatto però che il legame di coppia può protrarsi per tutta la vita. I piccoli vengono al mondo in concomitanza con la stagione delle piogge, quando terra e aria pullulano d'insetti. Ne nascono da quattro a sei, ma quando la madre si accorge di averne partorito uno o due di troppo (ne può tirar su felicemente quattro al massimo), risolve il problema mangiandosi l'eccedenza. Sorvolando su questo comportamento cannibale, per altro motivato, bisogna dire che il compito degli otocioni genitori è davvero impegnativo. I piccoli nascono con gli occhi chiusi. Sono affarmi minuscoli che dipendono in tutto e per tutto dalle loro cure. Quando fanno le prime timide uscite, padre e madre si piazzano all'imbocco della tana per sorvegliarli meglio. E se qualcuno compie un gesto avventato, .lanciano immediatamente un richiamo che nella lingua degli otocioni significa «torna subito a casa». Se il piccolo non ubbidisce, il padre, più spesso che la madre, parte in quarta, lo raggiunge, lo prende delicatamente per la collottola e lo riporta nella tana. Dal canto suo, il piccolo che si crede abbandonato lancia un gridolino di disperazione che sembra il cinguettìo di un uccellino e la madre gli risponde in tono rassicurante. I cuccioli sono un po' figli dell'intera comunità. Quando nel branco vi sono almeno due femmine adulte, i piccoli succhiano il latte indifferentemente dall'una o dal¬ ( l'altra. Per difendersi dai predatori, gli otocioni fanno fronte comune e sferrano un attacco collettivo contro il nemico. Una strategia che però è destinata a fallire se il predatore è l'uomo, che dà la caccia al canide africano perché giudica molto appetitosa la sua carne. Particolarmente ambita è la coda. Non serve da cibo. Se ne adornano con civetteria le donne indigene sposate per distinguersi a colpo d'occhio dalle zitelle. ANNO per anno, la storia del computer nel più completo quadro dell'evoluzione informatica oggi disponibile in volume. Massimo Bozzo parte dai 30.000 avanti Cristo, epoca alla quale risale un osso che reca incise 55 tacche con divisioni di 5 in 5, forse la prima calcolatrice dell'umanità, e arriva a! 2 agosto del 1996, quando Usa e Giappone siglano uno storico accordo che liberalizza il ccmmerrio dei semiconduttori. Sono 850 le notizie e 400 le illustrazioni contenute in questa utilissima cronologia informatica. Brevi testi di raccordo illuminano i periodi che scandiscono la storia di quella che è certo la più rivoluzionaria tecnologia della seconda metà del nostro secolo. Massimo Bozzo: «La grande storta del computer», Dedalo, 288 pagine, 58 mila lire Il primo sbarco dell'uomo sulla Luna, avvenuto il 21 luglio 1969, ha rubato la scena alle sei missioni successive. Eppure, senza nulla togliere ad Armstrong, Aldrin e Collins, i protagonisti della prima escursione su un altro corpo celeste, le missioni che seguirono non furono da meno, né per la loro spettacolarità né per messe di dati scientifici. Con puntigliosa precisione, Lo Campo ci dà ora il resoconto del viaggio dell'Apollo 14, che nel febbraio '71 vide scendere nella regione lunare di Fra Mauro Shepard e Mitchell, mentre Roosa rimaneva in orbita ad attenderli. E' una storia avvincente, soprattutto per la vicenda umana di Shepard, colpito in precedenza da una malattia dell'udito; e per la stravaganza di Mitchell, che tentò di propria iniziativa improbabili esperimenti di telepatia con un medium di Chicago. Da segnalare l'ultimo capitolo, sulle prossime missioni lunari. La presentazione è dell'astronauta Umberto Guidoni. Antonio Lo Campo: «Il ritorno sulla Luna», Ed. Chiaramonte (Collegno) 173 pp, 55 mila lire Aldo Carotenuto, psicoanalista, docente di psicologia della personalità all'Università di Roma, autore di 23 libri tradotti in molte lingue, uno dei maggiori studiosi dell'opera di Jung, ci presenta ora la propria autobiografia: che però indulge poco agli aspetti esteriori e invece insiste molto su quelli culturali e professionali. Non c'è da stupirsi, del resto, se uno junghiano come Carotenuto vede la propria vita essenzialmente come un lento, difficile, talvolta doloroso progredire nella conoscenza di sé e, attraverso le sedute analitiche, nella conoscenza degli altri: due aspetti inestricabilmente connessi. La sua vita, insomma, non è costituita da «fatti» ma da eventi interiori. Che diventano, per il lettore interessato alla psicoanalisi, una lezione magistrale di professionalità. Aldo Carotenuto: «La mia vita per l'Inconscio», Di Renzo Editore, 86 pagine, 12 mila lire L'acquacoltura è oggi un settore importante dell'economia, e in forte espansione. Il volume di Amerio ed Elli è una buona introduzione generale. Più specifici, pubblicati dallo stesso editore, «L'allevamento della trota» di Sedgwick e «Il gambero di acquadolce e il suo allevamento» di Arrignon. Amerio-EIII: «Parliamo di acquacoltura e pesca», Edagrlcole, 176 pagine, 30 mila lire Sociologia e telecomunicazioni celebrano il loro matrimonio nei sondaggi telefonici, uno strumento oggi usatissimo nel marketing, in politica, nel giornalismo. Ma fino a che punto è attendibile il campione degli abbonati al telefono? Quali sono le tecniche che garantiscono i risultati migliori? In questo studio accurato e di facile lettura nonostante la specializzazione del tema, Marina Chiaro, responsabile del Servizio Opinioni della Telecom, ci introduce ai segreti di una tecnica di indagine dalla quale dipendono oggi molte decisioni che riguardano la vita e gli interessi di tutti i cittadini. Da segnalare i capitoli sui sondaggi condotti da aziende in Italia, Francia, Inghilterra e Norvegia e sulle esperienze dell'Istat. Marina Chiaro: «I sondaggi telefonici», Ed. CI SU, 104 pagine, s.l.p. In basso il disegno di un Otocione con le bizzarre grandi orecchie A destra lo stesso animale fotografato nella savana

Luoghi citati: Chicago, Collegno, Europa, Francia, Giappone, Inghilterra, Italia, Norvegia, Usa