ALFABETA, IL VANO SOGNO DI «FARE» GLI INTELLETUALI
ALFABETA, DI «FARE» ALFABETA, DI «FARE» IL VANO SOGNO GLI INTELLETTUALI venienti da ambiti e discipline diversi: scrittori come Porta, Leonetti, Spinella, Volponi, filosofi e filologi come Maria Corti e Rovatti, per non parlare di Eco capace di riassumere in sé un bel numero di ruoli. I guai giudiziari di Balestrini (coinvolto nell'inchiesta 7 aprile) gli impedirono di occuparsi a tempo pieno di quella che, almeno in parte, era una sua creatura. Ma la rivista si fece lo stesso, e proprio nella discussione sul garantismo e sulla valutazione delle forme più estreme di opposizione a quello che allora sembrava il «regime» democristiano trovò una delle sue principali regioni d'essere. L'altra era naturalmente letteraria - ma con attenzione costante ai modi nuovi del costume e ai fenomeni culturali emergenti - e tendeva a riaffermare la persistente validità di una linea di ricerca, anche nel superamento, inevitabile, della prospettiva avanguardistica da cui alcuni dei promotori di Alfabeta erano partiti. ALFABETA, 1979-1988 Antologia della rivista Bompiani pp. 580 L. 28.000 HI provasse oggi a fare una rivista come Alfabeta andrebbe incontro sicuramente a un fallimento. In primo luogo perché proprio quella esperienza segna, con ogni probabilità, la fine di una convinzione profondamente radicata nella cultura italiana: quella che ha considerato la rivista letteraria di gruppo, come ha scritto di recente A. Saccone, «una struttura di aggregazione e di orientamento del ceto intellettuale, un suo modo di essere e insieme di rapportarsi alla politica e alla società». E' un fatto, badate, tipicamente italiano. In Francia, proprio quest'anno due riviste come Crìtìque e Les Temps Modernes hanno festeggiato i cinquantanni, e sono ben lontane dal considerare esaurita la propria funzione. Da noi, salvo che sul versante politico, la rivista di cultura è considerata ormai pura archeologia, e ben Il risultato fu una rivista «irritata e irritante, caustica, indignata, cattiva, provocatoria fino alla petulanza», come scrive adesso Carlo Formenti. Non poco velleitaria, si può dire oggi, ma vitalissima e «necessaria» come poche altre, tanto da aver lasciato un vuoto che si è avvertito a lungo. Una rivista molto amata, ma anche molto odiata, soprattutto da chi, a distanza di tanti anni, ancora considerava un intollerabile affronto l'esperienza del Gruppo 63, che Alfabeta, ai loro occhi, perpetuava (e in gran parte non era vero). Chi vuol farsi un'idea meno approssimativa di che cosa sia stata la difficilmente si riuscirebbe a mettere insieme dieci persone, alcune delle quali molto autorevoli o «arrivate», come si dice, disposte a dedicare tempo ed energie a un progetto dall'esito e dir poco incerto. Nel '79 poteva ancora accadere. Stava per cominciare un decennio che, poi, sarebbe stato considerato esecrabile. C'era il terrorismo, al quale una parte dell'intellettualità di sinistra guardava con indulgenza se non con simpatia, e si andava esaurendo la spinta dei gruppi extraparlamentari. Ed ecco che un infaticabile tessitore di trame (culturali) come Nanni Balestrini riusciva a riunire intorno al progetto di una rivista intellettuali e scrittori pro¬
Persone citate: Balestrini, Carlo Formenti, Eco, Leonetti, Maria Corti, Nanni Balestrini, Rovatti, Spinella, Volponi
Luoghi citati: Francia
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