«Giudici, dovete darci l'ultimo diritto: morire»

La Corte Suprema discute il problema di autorizzare l'eutanasia tra dispute etiche e cortei La Corte Suprema discute il problema di autorizzare l'eutanasia tra dispute etiche e cortei «Giudici, dovete darci l'ultimo diritto: morire» L'ENIGMA DELLA DOLCE MORTE WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Esiste il diritto alla morte? E' giusto che un malato terminale possa ottenere l'aiuto di un medico per mettere fine alla propria agonia? Timothy Quill, un internista presso un ospedale di Rochester (New York), è convinto di sì. E già nel 1992, quando il tema dell'eutanasia non era ancora alla ribalta, ammise nel New England Journal of Medicine di aver aiutato una paziente a morire. A cinque anni di distanza la discussione su questo tema ai confini dell'etica sociale infuria nel Paese. E il caso Quill contro Stato di New York approda alla Corte Suprema. I nove «sacerdoti» della giustizia Usa si sono riuniti ieri mattina in pubblica sessione per ascoltare gli argomenti delle due parti (nella stessa seduta hanno esaminato un secondo caso relativo a eutanasia nello Stato di Washington. Nei due casi il verdetto è previsto a fine giugno). All'interno, nel grande palazzo bianco in stile neo-classico dove siede la Corte, l'atmosfera era quella delle grandi occasioni: medici, avvocati, politici, giornalisti venuti da tutto il Paese ad ascoltare un dibattimento che per intensità emotiva ricorda quello sull'aborto del 1973. Ma era soprattutto fuori che si misurava la forza dello scontro in atto. Sulla grande spianata davanti alla Corte, accecante nel suo biancore e spazzata da un vento freddo che gelava le ossa, un migliaio di malati con assistenti e familiari, divisi tra favorevoli e contrari, incitavano la Corte. C'erano non-vedenti con i loro cani, invalidi in sedie a rotelle, malati terminali in barella, uomini e donne che gemevono ma che nonostante il dolore (e il freddo pungente) erano venuti ad urlare la loro voglia di vivere o di morire. Dentro, dietro mura di marmo spessissimo, le grida, i canti, il suono dei megafoni di quella nobile e straziante «corte dei miracoli» si percepiva appena. In assoluto silenzio, il pubblico assisteva ad uno spettacolo che per intelligenza e profondità faceva pensare ad una dotta lezione sul metodo socratico nell'antica Atene. Una sessione della Corte Suprema non somiglia in nulla ad una normale sessione in tribunale. Le parti hanno mezz'ora per illustrare le proprie ragioni, ma i nove sacerdoti non stanno semplicemente lì ad ascoltare. Anzi, interrompono gli avvocati, sollevano dubbi, chiedono consiglio, sottolineano contraddizioni, passi falsi. Ci sono momenti drammatici, ma anche di grande ilarità. II ministro di Giustizia dello Stato di New York ha esortato la Corte a tener ben presente la differenza fondamentale che passa tra lo staccare la spina e l'assistere un paziente nel sui- cidio: «Un conto è lasciare morire, un altro conto è uccidere. E se questa seconda ipotesi dovesse malauguratamente diventare un diritto costituzionale di sicuro vedremmo i casi di eutanasia moltiplicarsi. Non foss'altro che per una questione economica: organismi sanitari potrebbero incoraggiare i suicidi per risparmiare». La posizione del dottor Quill, il medico di Rochester che ha confessato di aver praticato l'eutanasia, è stata difesa da Laurence Tribe, noto professore della Harvard Law School: «Sono preoccupato anch'io da un possibile abuso di suicidi assistiti. Non voglio che il diritto di morire si trasformi in un dovere. Ma non possiamo continuare a fare gli struzzi. Solo stabilendo un limitato diritto costituzionale al suicidio per malati davvero terminali cominceremo a mettere ordine in una zona grigia in mano a improbabili "angeli della morte"». Come Jack Kevorkian, il pa- tologo che ha dominato l'attenzione dei media in questi anni e che ha aiutato almeno 45 pazienti a morire fornendo loro artigianali marchingegni. Ma anche medici più seri e discreti, come appunto il dottor Quill, sono al lavoro e vogliono poter operare alla luce del sole. Si calcola che almeno un medico su cinque abbia assistito un suo paziente nel suicidio. Anche per questo - per gettare luce su una zona d'ombra che sempre di più si tinge di macabro - la Corte ha deciso di cimentarsi su una questione così delicata, che vede il Paese spaccato. L'amministrazione Clinton è contraria alla legalizzazione dell'eutanasia, così come la Chiesa cattolica e la potente American Medicai Association. Favorevoli, invece, associazioni libertarie, organizzazioni forensi e i medici più giovani, oltre alle lobbies fonnate da malati terminali e dai loro familiari. I giudici ieri si sono limitati a sentire le ragioni delle due parti. Ma è comunque difficile, dicono gli analisti, che proprio questa corte conservatrice stabilisca per la prima volta il diritto costituzionale all'eutanasia. II dottor Quill, continua a sperare: «La cosa più importante rimane l'individuo: dobbiamo poterlo ascoltare e aiutare nelle sue scelte». Ma fuori, tra la folla che aspetta, c'è un vecchio signore imbacuccato sulla sedia a rotelle. Si chiama Evan Kemp, ed è uno dei leader del fronte anti-eutanasia. Sibila: «Sono uno di quegli "individui" di cui parla Quill. Quando avevo dodici anni mi dissero che ne avevo ancora due da vivere. Ne sono passati 47 ed eccomi qui. Chi è malato e vuole finirla può sempre saltare da un ponte in carrozzella». Poi alza il suo cartello: «Hitler sarebbe fiero di voi». Andrea dì Robilant Il ministro della Giustizia dello Stato di New York: attenti dilagheranno i suicidi Un vecchio su una sedia a rotelle «Hitler sarebbe fiero di voi» IGddUs«fn Jack Kevorkian il «Dottor Morte». Sotto il lettino dove avvengono le iniezioni letali

Luoghi citati: Atene, New York, Rochester, Usa, Washington