MARE E TERRA NON PER TURISMO

MARE E TERRA NON PER TURISMO MARE E TERRA NON PER TURISMO PER MARE E PER TERRA EricJ. Leed il Mulino pp. 347 L. 38.000 na. Lo dimostra il fresco volume Per mare e per terra, ricapitolazione il più possibile oggettiva del fenomeno migratorio dalle radici bibliche («Quando Mose conùnciò a viaggiare e quali le motivazioni?») al giro del mondo dei nostri giorni. Tema assiduo nell'opera di Leed: l'involontarietà, l'assenza di libertà nel singolo e nel tessuto comunitario che caratterizzano in larga parte il viaggio arcaico, il viaggio preindustriale, sinonimo assai spesso di spedizione armata, di incursione più o meno sacralizzata, di violenza. Popoh interi che lasciano un paesaggio familiare per penetrare in territori sconosciuti, che stuprano, sac¬ cheggiano, uccidono e determinano luttuose disgregazioni e unificazioni in ogni regione dell'Africa, dell'Asia, dell'Occidente. Ostaggi, donne, bambini e schiavi trascinati in luoghi remoti, in condizioni ambientali talvolta proibitive, che si guadagnano la sopravvivenza in veste di portatori, di concubine, spie, interpreti e che loro malgrado si trasformano in veicolo privilegiato di miscele etniche. Lo stereotipo dei movimenti di massa non prevede esoneri. Ittiti e israehti, persiani, greci e romani, unni e mongoli obbediscono al medesimo impulso di fuoriuscire, inseguire un miraggio, tentare l'ignoto, inventarsi un nemico. E per la qualità e la quantità delle avventure consumate non c'è che da scegliere tra un faraone della quarta dinastia e Gilgamesh, Alessandro e Ciro, tra le razzie musulmane e le crociate, tra i vessilliferi colombiani e le «bandeiras» dei paulisti... Minuziose indagini Eric J. Leed riserva alle missioni cristiane, alle «spedizioni» dei gesuiti, alle «spedizioni» dei protestanti; ma le pagine di maggior pregio sono forse altrove: nella rappresentazione del viaggio sciamanico, nelle osservazioni sul viaggio «di ritrovamento» che s'innesta al motivo di Telemaco alla ricerca di Odisseo, sul viaggio scientifico (il botanico, il naturalista, l'etnologo, l'astronomo, che integrano le quattro categorie elencate con un filo di disprezzo da Rousseau: marinai, mercanti, soldati, missionari), sul viaggio turistico organizzato, con le primizie di Thomas Cook e le ironie di Mark Twain sparse in Innocents Abroad; o ancora l'attenzione che rivolge ai magmatici rapporti tra conquistatori e con¬ senso delle cose. Essi sono ciò che colpisce, attira lo scardo, provoca l'ammirazione, la meraviglia che può essere ribrezzo o paura, ma che è sempre magnifica inquietudine perché sono «un avvertimento degli dei». Dice S. Agostino, nel De ordine, che il nostro sguardo non è capace di abbracciare la totalità della creazione; che gli uomini senza cultura non potendo comprendere il concerto degli esseri dell'universo, essi immaginano, quando qualcosa li turba, che regni un odioso disordine nella natura. E aggiunge, nel De civitate, che Dio sa in quale momento, nel creare un essere, non deve raggiungere il proprio fine prefisso, perché egli sa bene da quale parte, simile o differente, tessere la bellezza dell'universo. E conclude col dire che chi non può comprendere il tutto è scioccato da ciò che gli sembra la diversità di una parte, dal momento ch'egli ignora a quale essa si raccordi. Ora, un trattato come questo, se preso dal verso giusto, e riferito non solo al corpo difforme ma anche all'anima diversa, riesce a soccorrere la nostra sete d'intelligenza in tanto analfabetismo morale, facendoci scoprire che un mostro, o semplicemente una persona differente dagli altri nel proprio comportamento (ancora così spesso perseguitata dall'etica conformista) evidenzia un ordine sovrannaturale, che agli stupidi potrà sembrare un accidens, un'incrinatura nella regola dell'armonia naturale, un insulto al volere di Dio (e beati loro, che sanno cosa vuole Dio!), ordine che invece è nella realtà il segno insolito di una verità superiore. Anche i mostri possono essere una lezione, per farci ricuperare attraverso l'orrore il rispetto perduto. Gian Piero Bona quistati (rapporti di sopraffazione, devozione, perversione! che dal Seicento in poi alimenta un sottogenere letterario: «Viaggio e prigionia». Infine, il ritratto di alcune figure femminili: Lady Jane, per citarne una, moglie del disperso esploratore John Franklin, che lega il suo nome alle popolari imprese del secolo scorso nei ghiacci artici e suffraga presso milioni di lettori e lettrici l'immagine di «Penelope inglese» diffusa dal Daily Telegraph, mentre il New York 'Limes del 2 ottobre 1851 ne perfeziona le virtù: «Nel folto, luminoso catalogo delle eroine sarebbe difficile rinvenire un esempio migliore di fede, costanza e sopportazione. Le sue sofferenze hanno suscitato la solidarietà di tutti gli spiriti magnanimi». Oppure, più indietro nel tempo, la straordinaria donna Marina, l'indiana battezzata ricevuta in dono da Cortes dopo la battaglia vinta sul fiume Tobasco. Donna Marina, bella e intelligente, impara prestissimo lo spagnolo, diventa tramite insostituibile nei colloqui con Montezuma, prezioso filtro di culture avverse, e sopravanza lo stesso Cortes nell'esercizio del potere; al punto che viene chiamato dagli americani Malinche, abbreviazione di «capitano di Marina». E dunque un personaggio epico che spinge Eric J. Leed a studiare più da presso il destino di creature tradizionalmente indifese allorché compiono il loro tragitto da oggetti di scambio a soggetti dirompenti nel cupo universo delle tirannie; e lo induce a formulare una domanda «retorica» con la quale chiude, senza risposta, l'appassionante capitolo: «Perché fi corpo e la voce femminili hanno mostrato tanta potenza nel nutrire la storia che ci riguarda e sono stati così impotenti a modificarne il corso cieco e distruttivo?». Giuseppe Cassieri

Luoghi citati: Africa, Asia