IN VESPA, ASPETTANDO HOLDEN di Mirella Serri
IN VESPA, ASPETTANDO HOLDEN IN VESPA, ASPETTANDO HOLDEN Storia del contraddittorio miracolo italiano: ambizioni e sconfitte , UANTE energie, nell'Italia postbellica. Motorette, automobili, espansione dei consumi: nel decennio cruciale tra il '56 e il '65, i «nuovi» italiani del dopoguerra imparano a spendere e a spandere, a far vacanze, a consumare e persino a produrre in maniera nuova. Gli scrittori scoprono le fabbriche, c'è chi le condanna e chi le esalta, ma tutti - da Volponi a Bianciardi a Ottieri a Mastronardi - descrivono lo sconvolgimento della mentalità, delle abitudini. Finalmente al passo con i tempi, nella Penisola ci si sente veramente moderni. E' proprio così? Lo storico Guido Crainz, nel bel saggio Storia del miracolo italiano, in uscita, ha ricostruito in dettaglio quegli anni baciati dal benessere. E ci rivela che, sotto lo scintillio del processo, si nascondeva un volto ben diverso del Paese. Questa faccia sotterranea lo storico l'ha rinvenuta, tra l'altro, negli archivi del Casellario Politico Centrale. La struttura di controllo, istituita da Crispi, crebbe nel periodo fascista (si passò da 40 mila fascicoli a 114 mila) e fu dichiarata in disuso con la caduta del regime. Ma surrettiziamente continuò a funzionare anche fin oltre gli Anni Sessanta e annoverava, nel 1961, 13.716 schedati. Tra questi molti erano gli insegnanti, gli ex partigiani, gli operai: più di 10 mila gli «estremisti di sinistra», come venivano definiti anche gli iscritti al pei, 626 gli «estremisti di destra» e 177 anarchici. Il rapporto con l'epoca fascista appare molto stretto. «Ci sono due Italie che convivono - spiega Crainz -. In questi anni le istituzioni hanno come protagonisti uomini e apparati formatisi durante la dittatura e la loro attività è di controllo e di sopraffazione anche dei diritti dei cittadini. In Friuli, nel 1952, si mette in moto, per esempio, un processo per stabilire se un maestro, accusato di essere comunista, ha fatto propaganda fra i suoi alunni. Vengono convocati i padri dei bambini che rispondono a un questionario. Poi si interrogano i colleghi, anche loro convinti a deporre per iscritto. Questo dimostra che era accettata come "normale" un'enorme limitazione della libertà». Libertà che però non viene negata a chi, invece, come risulta nei rapporti del ministero dell'Interno, è in odore di mafia: «A Tambroni che chiede informazioni sulle clientele elettorali di un esponente della democrazia cristiana - osserva lo storico - il prefetto di Enna risponde che i suoi legami "rientrano nei limiti della normalità". Proprio in questi anni di crescita industriale, di abbandono delle campagne, si impara che si può vivere senza regole anzi che è meglio violarle come fa la classe politica». Non è infatti solo l'apparato di polizia a resistere al cambiamento ma la magistratura (un giovane giudice di Cassino, Dante Troisi, che si lamenta in un suo libro della condizione della giustizia in Italia, viene sottoposto ad azione disciplinare «per offese al prestigio» delia sua categoria), la Chiesa (continui gli appelli a difendere «il buon costume»), la scuola. Il Paese del boom vive la sua doppia e dissociata vita. Ed è lì che drammaticamente - spiega lo studioso - nasce un modo di sentire e di pensare che arriva fino ai nostri giorni. Siamo negli anni in cui il portafoglio finalmente si riempie: il reddito nazionale netto passa dai 17 mila miliardi del '54 ai 30 mila del '64.1 simboli dell'americanizzazione, i juke-box, crescono in dieci anni da quattromila a 40 mila; i giovani in giubbotto, jeans, moto (da un milione nel '55 a quattro milioni nel '60), prendono il nome di teddy boys. Però nessun amarcord è permesso di quei tempi beati. Si procede, infatti, sulla strada della corruzione. Le elezioni si vincono anche a colpi di circolari. Tambroni chiede, in occasione delle elezioni del '57, ai prefetti di tutta Italia, con una lettera riservatissima, di indicargli «quali provvedimenti possono essere adottati per in- fluenzare positivamente il corpo elettorale». Il frigo troneggia nelle cucinette in formica e il tubo catodico in tinelli e salottini. James Dean spara tutte le sue provo¬ cazioni; «Il giovane Holden», libro cult di tante generazioni, sta per imporsi: ma i censori anche negli Anni Sessanta sono instancabili: un baffo nero cala suH'«Arialda» del cattolico Te- stori (rappresenta il «vizio omosessuale», viene detto), «La dolce vita» di Fellini (che descrive Roma come un «porcaio», sostiene l'«Avvenire») fa inorridire i benpensanti. Una lunga so¬ sta tra carte da bollo piene di divieti tocca a «L'accattone» di Pier Paolo Pasolini. Le ballerine in tivù portano i mutandoni e di Resistenza non si parla mai. L'italiano si sente opulento e ruggente mentre la speculazione edilizia avanza e quasi la metà dei 270 mila motociclisti torinesi lascia la città ogni fine settimana per il weekend. «Esisteva in quel periodo un'ansia di progettazione politica, culturale - commenta Crainz - che si concentra in pochissimi anni e che ha rappresentato un'enorme potenzialità perduta della nostra società. All'epoca del primo avvio del centrosinistra c'è un livello molto alto di dibattito politico, ma tutto si spegne e decade rapidamente». Ha origine proprio da quelle potenzialità sprecate un atteggiamento di sfiducia nella volontà riformatrice delle istituzioni. Questo doppio tratto dello Stato, la faccia scintillante e quella più subdola, meno apparente, dà origine a un intreccio di vecchio e nuovo che traj valica il Sessantotto, segna le ! psicologie, arriva fino ai nostri ! giorni. Siamo debitori all'epoca | del benessere e della Vespa, ma j anche di una mentalità che aci cetta il raggiro, la doppia verità, 'assenza di regole. Mirella Serri LA RICERCA Luci e ombre degli Anni Sessanta: non. solo benessere, ma anche censure, una mentalità che accetta raggiri e doppie verità STORIA DEL MIRACOLO ITALIANO Guido Crainz Donzelli pp. 230 L 48.000
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