Il sacrificio di mio padre, il maresciallo Berardi «burja» la vera russa

// sacrificio di mio padre, il maresciallo Ber ardi; «burja», la vera russa lettere AL GIORNALE // sacrificio di mio padre, il maresciallo Ber ardi; «burja», la vera russa «Nessun perdono per gli assassini» Chi vi scrive è Giovanni Berardi, figlio di Rosario Berardi, Maresciallo di PS. assassinato dalle Br il 10 marzo 1978 a Torino. Il motivo di questa mia è dato dall'articolo comparso lunedi sul vostro giornale dove sono riportate le dichiarazioni della vedova di Antonio Montinaro, agente di P.S. assassinato con il giudice Falcone e altri nella strage di Capaci. Già in passato ho avuto modo di esprimere la mia opinione rispetto al perdono e al fenomeno del pentitismo, ciononostante sento ancora il dovere di intervenire. Confesso che nutro pochissime speranze negli effetti che questi interventi possano ottenere, ma nonostante siano passati tanti anni le ferite bruciano ancora. Scrivo a voi con la speranza che almeno altn sappiano eli non essere soli in questa battaglia senza speranza, poiché reputo inutile scrivere eli nostri politici i quali in passato hanno sempre annuito con il capo alle nostre richieste di solidarietà e rispetto per le vittime del proprio dovere, facendo poi seguire il nulla nei migliori dei casi oppure come di recente portando in Parlamento le leggi a favore degli ex brigatisti e pentiti vari. Oggi come oggi mi sento di affermare che le vittime di tutti coloro che nelle diverse categorie di delinquenza hanno attaccato e saccheggiato la civile convivenza di questo nostro martoriato Paese, debbano solo tacere e vivere dimenticati e liquidati in tutti i sensi. Forse queste sono solo opinioni personali ma sfido chiunque a affermare che nel nostro Paese ci sia Giustizia «giusta» oppure concreta solidarietà, rispetto o persino assistenza per clù come mio padre ha dato la vita per difendere questo comunque amato nostro Paese. Comunque se qualcuno spera in una nostra resa o solo passività si sbaglia di grosso, poiché anche se dovremo subire ancora mille offese e ingiustizie mai chineremo il capo, non possiamo: il sacrificio dei nostri cari e un esempio molto, troppo forte per essere da noi dimenticato. Nella nostra città forse già quest'anno sarà intitolata una piazza in memoria di mio padre ed anch'io sono oggi nello stesso stato d'animo della signora Montinaro, anch'io mi chiedo come posso accettare queste cose; come posso ritenere onorata la memoria di mio padre se questo Stato stesso pennette di intitolare ippodromi a figli di mafiosi anche se pentiti di comodo, anche se ex terroristi sono amministratori nella stessa città in cui vivo e in cui è stato assassinato mio padre, come posso accettare tale onore ad esempio sapendo che una personalità come Patrizio Peci che fu tra gli assassini di mio padre vive da decine d'aiuù come un nababbo a spese dello Stato oppure come Renato Ciucio ormai imprenditore di grido e vedette televisiva gode di liberta illimitata. L'elenco potrebbe essere molto più lungo ma direi cose che tutti sanno; non mi rimane che riaffermare il nostro «NO» piii fermo per il perdono che reputo ancora e sempre di più un diritto ed una esclusività di chi ha subito l'offesa e di nessun altro, ivi compreso lo Stato. Chiedere a chi ha potere di riformare profondamente la legge sui pentiti che oggi come oggi nonostante i risultati è ancora fortemente offensiva nella maggior parte, soprattutto per le vittime e i loro familiari. Vi ringrazio infine per l'attenzione che vorrete dare a questa mia che, vi confesso, mi è costata tantissimo, e vi formulo gli auguri per un proficuo anno di benessere. Per gli altri che come me hanno sofferto e hanno pagato con il sangue il dovere di servire la nostra Patria, l'augurio che quest'almo sia finalmente quello dove potremo pronunciare la parola «Giustizia» senza arrossire. Giovanni Berardi, Torino Sul dizionario c'è r«erbaccia» Incuriosito dal termine russo «Durian», largamente usato in questo periodo dai mezzi di informazione per indicare «bufera di neve», ne ho controllato il significato sull'ultimo vocabolario russo-italiano, il Kovalèv. Quale studente per hobby di lingua russa, vi informo che il termine sopracitato non esiste affatto: se traslitterata correttamente, la parola in questione (bur'jan) infatti significa «erbaccia, malerba» (Kovalév, pag. 54). In realtà, il termine che in russo indica «tempesta di neve, bufera, si dice buràn, o in maniera più vaga ed imprecisa, «burja» che indica solamente la «tempesta», da cui discende l'aggettivo «bùrnyj», tempestoso, burrascoso. Andrea Zavattaro Moncalieri Perù, il terrorismo se ne va con la miseria Il Perù sta scrivendo oggi una nuova drammatica pagina della sua storia millenaria. Si tratta di un Paese, proverbialmente ricco in tempi lontani, il cui popolo, mite per natura, ha conosciuto la dittatura incaica, la pesante op¬ pressione della conquista spagnola e che, dopo la proclamazione della indipendenza nel 1821, malgrado la sua progressiva evoluzione, continua a vivere in un divario tra ricchezza da un lato ed estrema povertà dall'altro. Il Papa, il quale a suo tempo ha chiesto il perdono per le sofferenze ingiustamente subite dalle popolazioni dei Paesi colonizzati, definisce oggi, giustamente, quella dei Tupac Amaru «un'azione crudele e immorale». Deplorando i metodi «crudeli ed immorali» di lotta di cui sono stati protagonisti i terroristi di Sendero Luminoso e dei Tupac Amaru peruviani, non si può però, a mio avviso, non riflettere sul fatto che si tratti di un grido disperato e sino ad ora inascoltato contro la ingiustizia sociale, della miseria contro la ricchezza ed il suo strapotere, che finisce per esprimersi con azioni delinquenziali sovente a danno di vittime innocenti. Un esperto ha scritto alcuni giorni fa su codesto quotidiano che il presidente peruviano Fujimori non può cedere alle richieste dei Tupac Amaru perché, dopo aver ufficialmente dichiarato che il terrorismo è stato debellato dal suo governo, perderebbe la faccia di fronte all'opinione pubblica del Paese, come il suo prestigio scadrebbe di fronte alla comunità internazionale se la vicenda si concludesse tragicamente con delle vittime tra gli ostaggi. L'esperto scrive che il presidente Fujimori è un abile tecnico in politica economica, il quale ha risollevato con il suo governo le sorti del Paese nel corso degli ultimi anni. Ma la miseria non è scomparsa. Difficile la sua posizione, difficili le sue scelte e le sue decisioni nell'attuale drammatica vicenda; ma il presidente Fujimori dovrebbe tenere ben presente che nel Paese da lui governato il terrorismo si può soffocare, ma non debellare, se non si è debellata la miseria di una buona parte della sua popolazione, il cui grido di¬ sperato non può non esplodere pericolosamente. Olga Cuomo, Torino Fra Trieste e Torino c'è la mafia nigeriana Faccio la pendolare da anni e credo che sopprimendo il vecchio treno Trieste-Torino il problema di ordine pubblico sia rimasto il treno 2004 in partenza alle ore 5,20 da Milano: è oramai in mano alla mafia nigeriana, la polizia oramai non fa più controlli, si viaggia nell'insicurezza. E lo Stato dov'è? La mafia nigeriana dimostra di essere pericolosa al pari della nostra catanese che in Torino già conosciamo, ma mentre per i primi si fa molto, si pennette altro sangue, altra violenza. Sul treno 2004 cercare la polizia è un assurdo. Tale treno rappresenta la vergogna e la latitanza delle istituzioni che da una parte sembrano accollare a Andreotti tutte le malefatte, forse anche del complotto contro Nerone si dirà, dall'altra vi è la totale mancanza dello Stato nel fronteggiare tale crimine. Una proposta provocatoria: perché non mettere un IC al posto dell'IR delle ore 5,20 che verrebbe limitato a Casale Monferrato? Antonietta Beaumont Dronero (Cuneo) Associati, destino ingiusto o sanguinario Tra i disegni di legge in discussione al Senato figura quello sul riordino della docenza universitaria. La nuova legge prevede due sole fasce di docenti, gli ordinari ed i ricercatori. Gli associati non sono nominati una sola volta. Delle due soluzioni, l'una: o li facciamo tutti ordinari ope legis, oppure li sopprimiamo. La prima soluzione non mi sembra giusta; la seconda mi sembra francamente mi po' sanguinaria. Giorgio Mangiaro tti, Torino Ordinano di Biologia Molecolare