Bufera sulla paga del pentito

In aula confessa: «Mi bastano appena per non morire di fame». Fini: «E' uno scandalo» In aula confessa: «Mi bastano appena per non morire di fame». Fini: «E' uno scandalo» Bufferà sulla paga del pentito Cancemi: prendo 2 milioni e 800 mila al mese ROMA. Dopo la vedova di mafia, ecco il pentito che - protetto da un paravento - parla del suo stipendio e offre nuovi argomenti o pretesti per le polemiche. Nell'aulabunker alla periferia di Perugia dove si celebra il processo per l'omicidio Pecorelli, è di scena Salvatore Cancemi, uno dei «collaboratori di giustizia» chiamati a sostenere l'accusa contro Giulio Andreotti, Claudio Vitalone, boss maliosi e criminali comuni. L'avvocato eli Pippo Calò, Corrado Oliviero, chiede: quanto prende dallo Stato? cQuello che basta per non morire di fame», risponde il pentito, che sostituì proprio Calò alla guida del «mandamento» di Porta Nuova, a Palermo. L'avvocato insiste e vuole le cifre. «Ho cominciato con cinquecentomila lire al mese - dice Cancemi -, poi settecento, un milione e duecento, fino a due milioni e sette, due milioni e otto. Lo stipendio è aumentato gradualmente, durante la collaborazione, ma non ho mai chiesto più di questo». L'avvocato Oliviero, che mira a distruggere la credibilità del pentito, non è soddisfatto e chiede a Cancemi se lo Stato gli ha restituito dei beni. E lui ribatte: «Non beni, ma una villa che avevo fatto con cose lecite. Invece ho consegnato io stesso allo Stato dei terreni, società, e anche 5-6 miliardi che avevo nascosto in Svizzera, in un bidone, di cui solo io conoscevo l'esistenza». A collogarsi alle polemiche degli ultimi giorni, a questo punto, è proprio il legale che commenta: «Certamente quel denaro non è stato sequestrato a favore della vedova Montinaro», provocando l'immediata reazione del pm Fausto Cardella: «E' un'osservazione completamente estranea al processo». Ma intanto un nuovo sasso è stato lanciato in piccionaia, e poco dopo il presidente di An Gianfranco Fini dice al Tg2: «E' una vergogna che un agente di polizia guadagni un milione e mezzo, un milione e sei al mese e un pentito abbia dallo Stato due milioni di indennità al mese più vitto e alloggio. E' veramente una cosa scandalosa». Il sindacato autonomo di polizia si scaglia contro «il vitalizio di Stato ai pentiti», mentre l'Osservatore romano se la prende con il «perdonismo di Stato». Il giornale vaticano ricorda il mezzo miliardo a Balduccio Di Maggio e la protesta della vedova dell'agente Montinaro, e commenta: «Ci si chiede se esista o meno un concetto di equità, in quello più ampio di giustizia, capace davvero di dare conto di questo. E se sia sufficiente a spiegare certe cose ai figli di quanti, in nome di quella stessa giustizia, hanno pagato con la loro stessa vita». Sul «perdonismo» interviene pure il segretario edu Buttiglione, per il quale «dobbiamo rifiutare un inammissibile capovolgimento eh valori, per cui la vittima che rifiuta il perdono è presentata come una persona dura eh cuore, mentre l'assassino che afferma un certo pentimento diventa quasi un esempio di mitezza e di umanità)'. Ma l'avvocato di molti pentiti (non Di Maggio e nemmeno Cancemi), Luigi Li Gotti, mette in guardia: «Non è sull'onda dei sen- timenti che si può giudicare la legge sui collaboratori. La vera questione morale in uno Stato di diritto è quella di rispettare le leggi che il Parlamento ha votato, salva la possibilità di modificarle o abolirle». Di modifiche a quelle nonne oggi parlano tutti, lo stesso Li Gotti dice che sono necessarie, «ma la struttura - aggiunge - deve restare identica, a meno che il Parlamento non decida che per lo Stato lo strumento del pentitismo non è più utile e decida quindi di abrogarlo». Più o meno è quello che sembra volere Tiziana Maiolo, di Forza Italia, che in una lettera aperta ad Andreotti e agli ex ministri della Giustizia e dell'Interno Martelli e Scotti scrive: «Tocca a voi, che oggi non governate più questo Paese, e che di quelle sciagurate norme portate personalmente le ferite, spiegare ai vostri successori perché avete preso una colossale cantonata... Voi siete stati gli artefici di questa mostruosità, avete creato le condizioni per una colossale istigazione a delinquere...... La replica di Vincenzo Scotti arriva nel giro di mezz'ora: «Bisogna distinguere tra norme, regolamenti e applicazioni. Ho presente il modo in cui Falcone utilizzò la legge e insistette con me a lungo per un consolidamento di quelle norme. La legislazione richiede giudici e polizia giudiziaria all'altezza del compito: una pistola nelle mani di un poliziotto può essere usata per difendere i cittadini o per ammazzare, se si abusa del proprio potere». [gio. bia.] STIPENDI A CONFRONTO rg-i

Luoghi citati: Palermo, Perugia, Roma, Svizzera