Ecco il computer con l'anima

Ecco il computer con l'animo Inventato al Mit: attraverso un monitor intuisce se l'uomo è stressato e infelice Ecco il computer con l'animo Piange e ride secondo Vumore di chi lo usa WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Stanchi di dialogare con un computer che non vi capisce, che reagisce con freddezza ai vostri comandi, che rimane estraneo ai vostri sentimenti? Niente paura: nei centri di ricerca americani stanno nascendo tecnologie che permetteranno ai computer di ridere e piangere con noi, di compatirci e sostenerci a seconda dei nostri stati d'animo. Insomma, di esserci amici. O giù di lì. Non è la prima volta che si parla di umanizzare i computer, di renderli più compatibili con le emozioni di chi li usa. Ma in realtà la rivoluzione cibernetica degli ultimi anni, che ci ha dato macchine e programmi sempre più sofisticati, non ha migliorato i rapporti «interpersonali» tra l'uomo e il suo personal. Ora, invece, il «New York Times» segnala che in vari centri di ricerca negli Stati Uniti si stanno facendo grandi passi avanti. Al Georgia Institute of Technology ad Atlanta, per esempio, i ricercatori hanno già messo a punto un sistema che cerca di capire come si sente l'utente studiando le sue espressioni facciali. Non è lontano il giorno in cui potremo accendere il computer e sentirci dire: «Brutta cera stamane!». Al Massachusetts Institute of Technology i computer stanno imparando a riconoscere gli umori dell'utente attraverso monitor attaccati in diversi punti del corpo. «Potranno capire dalla tensione dei muscoli, per esempio, oppure dal modo in cui cammini, se stai bene, se sei troppo stressato, e dirtelo», assicura il professor Roz Picard. Alla DePaul University di Chicago, il professor Clark Elliott lavora per realizzare il più classico dei sogni: trasformare il computer in una macchina parlante capace di dialogare in modo sostenuto con l'utente. Insomma, di chiacchierare. Un primo esempio? Ecco uno dei dialoghi ottenuti dal professore: Elliott: «Gli esami mi preoccupano». Computer: «Mi dispiace che tu sia preoccupato dagli esami. Sono imminenti?» E.: «Sì». C: «Sono importanti per te?». E.: «Sì». C: «E ci sono buone possibilità che vadano male?». E.: «Sì». C: «Mi dispiace sentirti così insoddisfatto. Devi essere molto preoccupato. Speriamo che i tuoi esami possano essere coronati dal successo». Tanta sollecitudine cambierà i rapporti tra utente e computer? E' presto per dirlo, ma nessuno pretende che questi progressi tecnologici permetteran- no davvero alle macchine di comprendere le emozioni umane. Si tratta per lo più di insegnare alle macchine a duplicare comportamenti umani. E molti si chiedono se valga la pena continuare lungo questa strada. «La gente non vuole un computer che li capisce, ma un computer che faciliti i suoi compiti», commenta scettico Pat Billingsley, esperto di rapporti uomo-macchina presso il Merritt Group a Williamsburg. la. d. r.] E a Chicago nasce il personal che dialoga con il proprietario Gli studi per rendere più «umani» il computer sono vicini a risultati straordinari sia in Virginia sia nel Massachusetts e nell'Illinois ma gli esperti sono scettici «Gli utenti non vogliono essere compresi ma solo lavorare meglio»

Persone citate: Clark Elliott, Merritt, Pat Billingsley, Picard

Luoghi citati: Atlanta, Chicago, Georgia, Illinois, Massachusetts, Stati Uniti, Washington