«Uno sforzo per le riforme»

E' L'APPELLO DEL PREMIER «Uno sforzo per le riforme» Prodi: sarà una stagione di sfide E' ' REGGIO EMILIA il tempo delle riforme, e ora dev'essere davvero venuto quel tempo. Le grandi riforme dell'ordinamento, «della forma di Stato e di governo», ma anche dei servizi, degli apparati pubblici, e dello Stato sociale, e poi la riforma fiscale, in senso federalista, le riforme per entrare in Europa, le riforme della modernità. Le chiede Violante, presidente della Camera. E le chiede soprattutto Prodi. Ai cronisti che lo circondano, il capo del governo ripete che «è la Bicamerale la strada delle riforme». E' il giorno del tricolore, a Reggio Emilia fanfare e bandiere sotto la pioggia, memorie di duecento anni e un richiamo all'unità del Paese: «Il governo non tollererà mai la secessione». Il 7 gennaio del 1797 nasceva questa bandiera, bianca rossa e verde. Oggi, stanno in cinquemila assiepati nel palazzetto dello sport, davanti a quel drappo. Le scuole, i ragazzi, e tutta la gente, come si dice adesso. C'è pure il consigliere provinciale della Lega Paolo Roggero con il fazzoletto verde della Padania al collo, venuto qui per contestare il tricolore e il resto, e soprattutto le spese: «Sono stati stanziati 500 milioni solo per il concerto di Abbado, e cinque miliardi per quest'anno di celebrazioni. Per noi è uno spreco. Reggio Emilia ha appena subito un terremoto, non si dovevano buttare via i soldi così». E poi c'è Stella Borghi, consigliere dei radicali, che appena Prodi comincia a parlare si piazza in prima fila, per esibire meglio il suo cartello: «No al finanziamento dei partiti». Ma si tratta di proteste silenziose, comunque isolate, e solo alla sera, durante il concerto di Abbado, un grappolo di leghisti sventola le loro bandiere davanti al teatro Valli, e contesta Scalfaro e Prodi e urla «Roma ladrona», fra lazzi e fischi. Invece, nella mattina al Palasport, appena il presidente del Consiglio attacca il suo discorso, si leva forte un lungo applauso, che s'acquieta e poi si ripete quando Prodi sottolinea «il grande onore di prendere la parola come Presidente del Consi, glio nella mia città d'origine». E anche dentro, in teatro, e prima a Cavriago, per commemorare Dossetti, sono solo applausi e consensi. Nel giorno del tricolore, il presidente del Consiglio guarda all'unità del Paese e ancora oltre, verso l'Europa: «Tutti dobbiamo essere pronti a farci carico dei pesi e dei sacrifici necessari. Pensare che l'Italia possa rimanere fuori dall'Europa o che una parte soltanto del Paese possa entrarvi, significa pensare che il popolo italiano possa perdere non solo la propria unità, ma la propria stessa identità». E ancora: «Non vi può essere futuro per chi, singolo, gruppo, comunità, accetti di rinunciare alla propria storia e sia pronto persino a cambiare il proprio nome pur di non sostenere i sacrifici che il momento richiede. E il governo sa bene che gli italiani non sono disponibili a dividersi, perché non vogliono cambiare la loro identità, darsi un altro nome, accettare un'altra storia». E invece, dice Prodi, quella che arriva dovrà essere una stagione di grandi cambiamenti, proiettata verso l'obietti¬ vo della moneta unica, e da affrontare tutti insieme. In questo quadro, dice, è necessario giungere «a una compiuta democrazia dell'alternanza, nella stabilità e nell'equilibrio fra i diversi poteri». E allora, «aggiornare la Costituzione in rapporto alle trasformazioni che si sono avute nella storia italiana ed europea degli ultimi cinquantanni, significa rivitalizzare un patto costituzionale sul quale soltanto può poggiare lo sviluppo civile e futuro di una comunità». E' il tema delle riforme. La Costituzione, ma non solo. Il sistema fiscale: «deve distribuire con equità gli oneri fra i cittadini e garantire in modo più efficace che nessuno si sottragga al suo dovere di contribuente... Ed è ormai indispensabile che ogni comunità possa reperire autonomamente le risorse che le sono necessarie». I nostri apparati pubblici, «troppo spesso lontani dai livelli di efficienza dei nostri partners europei». I servizi, il welfare State. La forma dello Stato, che come è ora, «non consente in pieno l'esplicarsi di quelle differenze e vocazioni regionali e locali che costituiscono grande risorsa per il Paese». Tutto questo, in nome del Tricolore. «E' nostro dovere tenere sempre alta questa bandiera E' nostro dovere conservarla e custodirla». Sono applausi, lunghi applausi. Soltanto alla sera, stanno in 50, li davanti, ad aspettare e fare coro: «Chi non salta italiano è...» Sono gli slogan della secessione. Pierangelo Sapegno Una cinquantina di leghisti contesta il premier agitando le bandiere del Carroccio e lanciando slogan secessionisti: «Chi non salta italiano è...» III i SCALFARO: «Il segno dell'unità, J dell'indipendenza, della libertà e della giustizia di questo nostro pòpolo: questo rappresentava jeri e deve continuare a rappresentare oggi il tricolore». r MANCINO: «Sulla classe politica, sul Parlamento e sul governo incombe il dovere di scrivere le pagine rimaste bianche nella storia delle autonomie locali, di ammodernare quelle parti dell'edificio istituzionale non più in sintonia con i tumultuosi cambiamenti della società». VIOLANTE: «Se riuscissimo a rendere il nostro sistema politico tanto capace di decidere quanto la nostra società è capace di lottare, se riuscissimoa far prevalere sulle differenze particolari la nostra identità di italiani che hanno fiducia in se stessi e nel loro Paese, credo davvero che potremmo parlare di un terzo Risorgimento, dopo l'unità nazionale e la liberazione da! nazifascismo». | L'alza bandiera ieri a Reggio Emilia con due cadetti

Luoghi citati: Cavriago, Europa, Italia, Reggio Emilia, Roma