Scalfaro: basta parole, passiamo ai fatti di Renato Rizzo

I vertici dello Stato alla festa del tricolore. Mancino: ammodernare l'edifìcio costituzionale I vertici dello Stato alla festa del tricolore. Mancino: ammodernare l'edifìcio costituzionale Scalfaro: basta parole, passiamo ai fatti E Violante rilancia: è l'ora del terzo Risorgimento REGGIO EMILIA DAL NOSTRO INVIATO Duecento anni: il tricolore festeggia un'esistenza che, come recita con disincanto il poeta Mario Luzi chiamato a celebrare l'evento, ha avuto momenti ora fieri, ora desolati. Ma Oscar Luigi Scalfaro in questa giornata in cui, attorno al nostro vessillo si avviluppa il calore delle memorie, guarda più al presente che al tempo lontano: «E' il momento di passare dalle parole ai fatti» dice, voce forte nel coro che, qui a Reggio, è composto dalle più importanti cariche dello Stato: i presidenti di Camera e Senato Luciano Violante e Nicola Mancino, il capo del governo Romano Prodi, il massimo responsabile della Corte Costituzionale Balestra. E a una settimana dal voto definitivo per la Bicamerale, l'invito assume un vigore che, moltiplicato per cinque dalla eco istituzionale, diventa perentorio: anche se nessuno pronuncia la parola fatidica e sofferta che battezza questa Commissione parlamentare alla quale spetta il compito di disegnare le nuove regole; anche se l'ombra di questo termine affiora soltanto in vaghi accenni, in obliqui riferimenti. E', questa, la decisione assunta da un summit che, fatto singolare nella recente storia italiana, ha riunito i vertici della Repubblica per un colloquio di prima mattina e per un pranzo di lavoro. E che si è imposto un imperativo: tenersi sotto traccia. Per questo motivo Nicola Mancino è costretto a cancellare dal suo discorso, nella sala del Tricolore, un esplicito riferimento a quella «Commissione bicamerale che dovrà affrontare, secondo uno schema innovatore ed in linea d'assoluto equnxDrio, i problemi connessi alla revi ne del nostro ordinamento». Meglio glissare. D'altronde le stesso Scalfaro, parlando poco dopo nell'atmosfera magica di un palazzetto dello sport pieno di giovani e di un palpabile senso di festa, elogia il significato d 'understatement: chi crede in certi valori e in certi ideali, «non fa baccano, opera». Passa, appunto, «dalle parole ai fatti» ed è «questo il momento per farlo». La voglia di rinascita, il desiderio di attingere quel possibile «terzo Risorgimento» in cui crede, ad esempio, Luciano Violante, ha ancora oggi un simbolo che non invecchia e che sventola anche sopra la retorica: pioprio quel tricolore che sa parlare di indipendenza e, soprattutto di unità: «Il presidente 'q1 Consiglio - dice Scalfaro s," •» dendo una aggettivazione cne suona quasi incongrua - ha detto parole sacre su questo concetto fondamentale». Poi s'ad- dentra in una vibrante esegesi del termine «unità»: «Non si tratta solo di unità territoriale, importante, certo, ma di unità morale di un popolo, di unità civile, culturale, di solidarietà». Le parole, sostiene il Capo dello Stato, sono sempre le stesse «socialità, fraternità»: rischiano di essere banali. Per di¬ ventare pietre è necessario che mostrino il prezzo da pagare a quanti «ancora hanno bisogno, a quanti ancora sono emarginati». Ed ecco che la bandiera mostra un'altra faccia della sua metafora, quella di una giustizia inseguita e non ancora totalmente raggiunta. In questa mattinata che ruota sui mezzi toni, un lamento che sembra straripare nell'attualità sociale e riferirsi alla vertenza ancora aperta sul contratto dei metalmeccanici: «Quanta gente, ancora oggi, non ha giustizia. Quanta gente, ancora oggi, non ha riconosciuto il diritto al lavoro o attende di vedere riconosciuto un equilibrio nei tratta¬ menti economici». Guarda i nidi di bandiere che punteggiano il palasport, Scalfaro. E ammette che il nostro vessillo non ha percorso i suoi due secoli sempre a petto in fuori. Fa sue le espressioni con le quali, in questa giornata di ricordi e di pi omesse, Mario Luzi disegna il profilo della bandiera d'Italia. «Ha fatto un buon e un tristo lavoro, il tricolore» sospira il vecchio poeta che guarda «al difficile equilibrio tra passato da riconoscere e miraggio che si propone e si ripropone». Sì, conviene il Capo dello Stato, «questa bandiera ha sventolato non solo sulla giustizia e sulla libertà: chi si appella a lei non sempre si riconosce in quei valori». Ma quanti morti, in duecento anni, per questo drappo, quanti morti «nelle vittorie e nelle sconfitte», quanti sacrifici: «Su questi prezzi pagati il tricolore fonda la sua forza, il suo senso di unione». E, allora, l'invito si ripete: «E' il momento di operare». L'esortazione riecheggia quel «dovere» che, poche ore prima, Mancino aveva giudicato «incombente sul Parlamento: scrivere le pagine rimaste bianche nella storia delle autonomie locali e ammodernare quelle parti dell'edificio costituzionale non più in sintonia con i tumultuosi cambiamenti della società... allargando il respiro della democrazia nel nostro Paese». Un compito arduo, in cui c'è il rischio di smarrirsi se, come ha sostenuto Luciano Violante, «i partiti non riescono a condividere alcuni valori comuni». Non si insegue nessuna confusione di identità, nessuna Babele ideologica: «Solo la necessità di una etica pubblica» che si basi su tre fiducie: quella nella memoria incarnata dalla nostra storia, quella nel Parlamento e quella nella «straordinaria specificità italiana impersonate dai Comuni i quali, dopo la riforma elettorale, hanno coniugato rappresentanza e decisione aprendo una nuova fase nella nostra storia politica ed istituzionale». Renato Rizzo Da destra Napolitano Prodi, Mancino, Scalfaro e Luciano Violante

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