IL GIUDICE PRINCIPATO
IL GIUDICE PRINCIPATO IL GIUDICE PRINCIPATO E' ROMA un argomento vecchio, spesso riproposto, anche se non nel caso della Montinaro, in maniera persino strumentale». Quello dei pentiti e della presunta «clandestinità d'oro»? «Ma certamente». Teresa Principato, pm della Procura antimafia, con la consueta concretezza, taglia corto: «E' un problema più volte affrontato e spiegato». Affrontato, ma forse mai risolto. 0 no? «Ma in che senso irrisolto? Qua siamo, al solito, su due piani. Che non vanno mescolati. Da una parte c'è la sfera affettiva di una vedova che logicamente non perdona e non può perdonare gli assassini di suo marito. Mi pare che su questo ci sia il massimo della comprensione umana. Una vedova che, peraltro, è stata assistita e non può lamentare nessuna carenza di attenzione da parte dello Stato. Non può dire: il pentito viene aiutato e noi vittime della mafia invece siamo lasciate in mezzo ad una strada». Per la verità, questo la vedova Montinaro non l'ha mai detto. «Appunto. Perché è una vedova che ha avuto risarcimento danni, che ha ottenuto un posto di lavoro e tutto ciò che è stato possibile darle». L'obiezione della signora, però, è di altro tenore. Dice che guadagna un milione e seicentomila lire al mese, i suoi figli non hanno più il padre, mentre i figli dei pentiti continuano ad avere i genitori... «Noi proveniamo da un'epoca in cui giustamente le vedove della mafia lamentavano solo una cosa e continuano a lamentare, vedi la vedova del procuratore Costa, e cioè la mancanza di impegno dello Stato nel gestire il problema mafia. Una incapacità tale che tutti i processi per gli omicidi compiuti da Cosa nostra sino a pochissimi anni addietro erano destinati a restare impuniti. Tutti noi abbiamo nelle orecchie il sacrosanto rimprovero di tante donne rimaste sole che ci ricordavano: "Non siete riusciti a trovare l'assassino di mio marito". Questa era, secondo me, un'accusa assai più grave a carico dello Stato». Lei vuol dire che queste inadempienze sono venute meno anche per merito dei pentiti? ((Anche grazie a loro, appunto. Lo Stato ha fatto allora un accordo. Considerata la struttura di Cosa nostra, purtroppo questo era l'unico modo per penetrarla. Questo si è rivelato il metodo più efficace? E allora lo Stato lo ha laicizzato, regolandolo. Al di là del pentimento, come prima veniva definito, si è arrivati a stabilire che attraverso un contratto tra lo Stato e il collaboratore, questi dice tutto quello che sa per sgominare una struttura e lo Stato riesce a trovare gli "assasini di". Ma qual è lo scandalo?». Lei crede che questa lucidità di analisi possa essere richiesta a chi ha ancora ferite profonde? «Queste persone devono capire - lo dico con il cuore in mano -, a queste persone si deve richiedere, al di là delle ragioni emotive, sentimentali, sulle quali nessuno può entrare, lo sforzo di capire che senza i pentiti forse nessuno avrebbe mai pagato per quello che è stato fatto alle loro famiglie. Così qualcuno paga». Non i collaboratori. «Pagano lo stesso. Voglio qui riaffermare che anche questa favoletta de), pentito febee non esiste». Allora va tutto bene? «Si sono cercate varie soluzioni. Questa legislazione ha subito man
Persone citate: Montinaro, Teresa Principato
Luoghi citati: Roma
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