Una sacra processione contro Milosevic

Il capo dell'esercito assicura agli studenti: non interverremo per reprimere le manifestazioni Il capo dell'esercito assicura agli studenti: non interverremo per reprimere le manifestazioni Una sacra processione contro Milosevic In corteo alla Messa di mezzanotte per il Natale ortodosso BELGRADO DAL NOSTRO INVIATO Leva alto il braccio, il Patriarca Pavle, per benedire il popolo in processione. E' il Natale degli ortodossi, in base al calendario giuliano Cristo nasce nella notte fra il 6 ed il 7 gennaio. E proprio questa notte, l'aver mantenuto quest'antica scansione del tempo rivela un senso particolare, posto che sulla Serbia che protesta le benedizioni del mondo scendono come manna. Benedice, il Patriarca, spandendo santità sulla processione che si snoda monumentale dalla cattedrale del Santo Sava al centro. Questo corteo però è monopolizzato da «Zajedno», il cartello delle opposizioni, e da studenti per una volta meno graffiami nei cartelli e negli slogan. Dire «la grazia scenda fra voi tutti», è come trasferire sui leader della protesta il crisma dell'approvazione divina. Una processione senza incidenti. Anche se a poca distanza esplodeva una bomba di piccola potenza nelle vicinanze della sede della coalizione Sinistra Unita Jugoslava (Jul), capeggiata da Mirjana Markovic, moglie di Milosevic. Qualche danno, ma nessuna vittima per un attentato non rivendicato. Altre approvazioni alla protesta dell'opposizione sono intanto calate, se non dall'alto, almeno da molto lontano. Se l'annuncio di «Zajedno» non è solo una mossa propagandistica, il 20 gennaio prossimo i suoi tre massimi esponenti potrebbero sedere alla Casa Bianca accanto ai potenti del mondo. L'annuncio viene dal partito, la Casa Bianca prudentemente fa sapere che quel giorno a Washington si riuniranno gli ambasciatori accreditati. In ogni caso, l'opposizione tiene a far sapere che il rude Vuk Draskovic, Dijndijc l'astuto e la limpida Vesna Pesic parteciperanno alla cerimonia d'insediamento della nuova presidenza americana. Se dovesse accadere, si tratterebbe di un nuovo capolavoro nella politica d'immagine. Coi tre dovrebbe essere un giovanottone che per questo stesso invito riceve un'investitura non ancora ottenuta fra i colleghi di Belgrado. Dusan Vasiljevic viene candidato ad un viaggio a Washington come rappresentante degli studenti, ruolo che il movimento dell'università non gli ha ancora riconosciuto. Il mistero pare consista tutto nel «gap» linguistico fra l'incaricato d'affari americano e i rappresentanti di un'opposizione che lo visitano quotidianamente. In attesa che la cosa si chiarisca, l'idea di gente che cinquanta giorni fa lanciava uova marce e fra poco potrebbe trovarsi accanto a Clinton è di quelle che affascinano. Slobodan Milosevic può anche continuare a far finta di nulla (anche se tutto lascia credere che non succederà), ma nel frattempo, in una cerimonia che pretende d'inaugurare un'era, facce di una Jugoslavia che s'immagina nuova saranno forse quelle ignorate per mesi dalle tv di Stato, e in teoria ancora ignote alla Serbia più profonda. Su questo gruppo, investito di un ruolo più grande delle sue stesse aspettative, nella più for¬ tunata vigilia che la Serbia ricordi si è posata anche una terza mano. Questa volta non proprio per una benedizione, ma certo per un riconoscimento di grande significato. Se due settimane fa dall'esercito giungevano segnali d'inquietudine, mes¬ saggi che se non appoggiavano «Zajedno» almeno criticavano il regime, adesso il più alto rappresentante della «Jugoslovenska Voijska» riceve gli studenti e mostra di approvare il loro operato. Momcilo Perisic, capo di stato maggiore dell'esercito, è un generale che non può certo essere sospettato di disfattismo. Comandava l'armata allora jugoslava (più nota come «Jna») quando si trattava di tenere assieme i pezzi della confederazione senza prendersela troppo coi civili. A Zara, nel '90, più o meno ci riuscì bombardando con una certa accortezza monumenti già distrutti durante la Seconda guerra mondiale e sterminando il meno possibile. A Mostar andò giù un po' più duro, e per questo è oggi accusato I tre leader dell'opposizione: siamo stati invitati alla cerimonia di insediamento di Clinton. Dalla Casa Bianca soltanto una mezza smentita ■■\ ::.■■/..:.: Un prete benedice la folla durante la celebrazione di ieri sera del Natale ortodosso. Nella foto piccola, il patriarca della Chiesa serba, Pavle

Luoghi citati: Belgrado, Jugoslavia, Serbia, Washington, Zara